martedì 31 luglio 2018

Il sogno degli eroi – Adolfo Bioy Casares

Emilio Gauna, il protagonista del romanzo, sembra uscito, come tutti i suoi amici, da I vitelloni.
la storia si trascina pigramente donne, gioco e bevute.
stranamente Gauna vince per due volte, a distanza di tre anni, e ogni volta vuole che lui e suoi amici spendano tutti i soldi in tre giorni pazzi.
come ne L'invenzione di Morel anche qui la ripetizione è protagonista della storia, ma la storia è un po' lunga e ripetitiva, e la fine è improvvisa.
non è il suo miglior libro, Morel e le storie con Borges sono di un altro livello.





Con Il sogno degli eroi (1954), il suo altro grande romanzo, la natura degli enigmi subisce un ribaltamento, posizionando l’esperienza dello straniamento nel cuore del quotidianità. Secondo Aira, «inaugura la sua modalità definitiva, una combinazione di genere fantastico e costumbrismo plebeo dominata dall’ironia paternalista e dallo sdegno». Ci sono ragioni precise alla base di questo ribaltamento. «I miei romanzi sono praticamente privi di digressioni, ed è attraverso le digressioni che la vita entra nei racconti», rifletteva Bioy, diagnosticando ciò che considerava un difetto dei suoi primi libri. La necessità di far entrare la vita nella narrazione motiva il cambio di scenari e di situazioni. Non ci sono più isole, macchine prodigiose né invenzioni pseudoscientifiche. Da questo momento in poi, la classe medio-bassa è protagonista di accadimenti straordinari avvenuti nei quartieri di Buenos Aires…

…Ma quali capolavori! E soprattutto quale letteratura fantastica! ma che sta addì?… come si esprimerebbe il mio caro amico arciprete cardinalizio monsignore di là dal Tevere col quale ce la spassiamo a scopone scientifico e vinello allegro… ma che sta addì Bompiani? Questo Il sogno degli eroi è letteratura fantastica come 2000battute è un barone siciliano disalaparuta notarbartolato o giù di là.
No, no, no… non diciamo corbezzolerie o capezzolerie, se posso osare un linguaggio porteño in onore all’autore; questo libro non ha né capo né coda, come i lombrichi, che infatti se con un morso li si spezza a metà, provate, provate… io lo faccio sempre per diletto puerile e spirito speculativo… le due metà se ne vanno lombricando ognuna per proprio conto, senza capo né coda, come volevasi dimostrare.
È una storia… come posso dire?… dove trovare i termini, le parole, la prosopopea adatta a definirla?… guardo la nuvolaglia di polvere negli angoli della camera, osservo le frasche stantie, le crepe nell’intonaco, i cadaveri di coleotteri sopra l’armadio, le ditate di unto sul vetro, le scaccolate nell’asciugamano, odoro dentro al cesto della biancheria sporca alla ricerca della luce opaca dell’ispirazione necessaria per declamare l’inconsistenza di questo libro…
Bioy adorato, perché hai scritto questo libercolo, perché? Dopo quelle meraviglie dei racconti di Un leone nel parco di Palermo e le sublimi burle architettate con Borges in Sei problemi per don Isidro Parodi e Cronache di Bustos Domecq
La caduta di un maestro, sì, un inciampo, anche i maestri inciampano talvolta, non ne facciamo una tragedia, vero che non la facciamo una tragedia? ma ora… ora? I miei libri dispersi? Cosa dico di questo [Libro disperso], come lo giustifico, come… no! no! e no!… non lo giustifico, è disperso, ben gli sta, come finiranno dispersi tanti altri nuovi e meno nuovi e ben gli starà anche a loro… però Bioy, mio adorato… Tu quoque?

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