qui ci sono due storie che si alternano, ciascuna vale un libro intero, e Juan José Saer è un grande scrittore.
(per l'ordine di lettura leggete qui, ma con juicio).
godetene tutti.
…Saer è un grande scrittore con uno stile
musicale e ossessivo, dice che la sua prosa ha un ritmo ipnotico, piena di
evoluzioni sintattiche, «parte da un punto, da un immagine, un dettaglio, un
pensiero, e inizia ad accrescerlo con strati di altre immagini, pensieri e
dettagli, snoda la prosa in una direzione, la biforca e sono due serpenti di
parole che procedono, uno si biforca ancora, l’altro di avvinghia su se stesso,
le spire ritornano alla radice e sgusciano ancora tra le pagine» diceva così,
sembrava quasi che delirasse, forse è malato, deve avere qualche sindrome,
com'è quella di Stendhal? Forse ha proprio quella; diceva che per seguire la
meravigliosa prosa di Saer bisogna farsi sommergere da quella corrente di parole,
farsi trascinare. «Questo vale per tutti i grandi sudamericani!» ha gridato a
un certo punto, «e invece… invece cos’ha fatto quella?»«Sorda! Ha trascritto
come una stenografa e si è pure inciampata più di una volta!… Niente, ha
spianato tutto, tutto… tabula rasa, un temino farfugliante!»…
… Saer ci narra il tutto con maestria, con un rotolare di
parole che a volte sembrano fini a se stesse ma che compongono un quadro
completo come se si fosse accanto ai personaggi, facendoci vedere ciò che essi
vedono. Descrizioni non fini a se stesse e scritte per riempire le pagine e
allungare il testo come spesso accade, ma descrizioni funzionali alla totale
immersione del lettore nella trama e nell'atmosfera, la cena di fine estate
argentina è veramente notevole. Un lavoro di introspezione che ci rende
partecipi dei meccanismi mentali dei personaggi e dei i loro atteggiamenti esteriori…
Nessun commento:
Posta un commento