Indosserò domani 7 luglio la
maglietta rossa d’ordinanza, contro razzismo, sciovinismo, e salvinismo, ma mi
si lasci dire che non ne posso più.
Non ne posso più della nostra impotenza.
Mi sono stufato, per esprimere la nostra opposizione
(politica, sociale, culturale, etica) a magliette, scarpe, bandiere; mi sono
stufato di assistere – inizialmente perplesso, poi attonito, infine sgomento –,
alla trasformazione della lotta politica in mera simbologia, che sembra
rinviare più alla moda che alla critica, frutto di passività e inerzia, più che
segno di volontà di riscossa.
Mi sono stufato di imbattermi nella parola “populismo”,
chiave di volta universale che ormai non apre più nessuna porta, concetto che
non spiega nulla, così come viene declinato. Renzi era (è) meno populista di
Salvini e Di Maio? Per non parlare di Berlusconi…
Mi sono stufato di sentirmi dire che i leghisti sono
fascisti, ma senza mai che nessuno mi spieghi perché non soltanto il vituperato
sottoproletariato e l’odiosa “vecchia piccola borghesia”, ma la stessa classe
operaia li votino.
Mi sono stufato della ripetizione del grido “Razzisti!”
rivolto agli stessi, ma poi nessuno mi fa capire perché al Sud ricoperto di
ingiurie e minacce dagli stessi leghisti nel corso degli anni, proprio gli
uomini e le donne di quel partito, vengano votati.
Mi sono stufato persino di vedere insulto Salvini (che fa
schifo al punto che dovremmo smettere di dedicargli battute e disegni, che
servono a noi da sfogatoio, mentre lui si compiace della popolarità che i
social, oltre ai media, gli hanno costruito), quasi che la sua politica in
fatto di migrazioni sia molto diversa da quella di Minniti, lessico, volgarità
e sgangheratezze a parte.
Mi sono stufato di coloro che rispondono all’accusa
stolta e meschina di “buonismo” (parola che nulla spiega e nulla dice)
rivendicarla con orgoglio, invece di urlare che si tratta di una assoluta
cretinata, degna della signora Santanché, e miserabili sodali.
Mi sono stufato di vedere rivendicare come repertorio
politico la serie di parole consunte quali accoglienza, solidarietà, umanità
eccetera: nella nostra bocca non suonano meno scontate e stonate che sulla
bocca degli avversari; e soprattutto non ci fanno fare un passo avanti nella
costruzione dell’alternativa radicale alla linea che ci ha condotto all’attuale
Caporetto.
Mi sono stufato di legge che l’1,1% della lista “Potere
al Popolo” il 4 marzo 2018 è stato un successo.
Non ne posso più di coloro che a sinistra spiegano la
sconfitta con la cattiveria altrui, non ne posso più della rinuncia
programmatica all’autocritica, non ne posso più di sentir dire che è colpa
degli altri quando perdiamo.
Non ne posso più del silenzio sulla sconfitta epocale che
la sinistra ha vissuto e sta vivendo da troppi anni.
Mi sono stufato della mancanza di analisi sulle cause
interne di quella sconfitta, sui nostri deficit e sui nostri errori.
Mi sono stufato della faciloneria con cui vengono
liquidati i vincitori di oggi (leghisti e cinquestelle), rinunciando persino a
guardare da vicino i due movimenti, per la paura di sporcarsi le mani,
rifiutandosi di distinguere, ma accontentandosi di condannare, in modo
semplicistico, e alla fin fine, cretino
Mi sono stufato di leggere (e, ahimè, temo anche
scrivere) testi nei quali si percepisce rabbia, sdegno, ribrezzo, persino,
invece che analisi concrete e proposte realistiche; mi sono stufato delle
ripetizioni pappagallesche e autoconsolatorie che nulla ci dicono del successo
M5S e Lega, e della sconfitta di PaP, e di come uscire dal pelago in cui siamo
finiti, e con noi l’Italia.
Mi sono stufato anche di vignette e barzellette. Sono il
segno di una impotenza da cui non solo non sappiamo ma chissà, neppure vogliamo
uscire. Sono il nostro “ius murmurandi”. In fondo questa impotenza è comoda e
protettiva, e ci ritroviamo, sempre meno, ma persuasi che siamo i migliori, i
più belli, i più intelligenti mentre gli altri, i nostri avversari, sono brutti
sporchi e cattivi. E se vincono è colpa del popolo che nulla capisce, alla fin
fine. Ma a quello stesso popolo noi ci appelliamo, e crediamo persino di
conoscerlo meglio di coloro che fanno il pieno nelle piazze e nelle urne.
Indosserò la mia maglietta rossa d’ordinanza domani. Ma
non ne posso più della nostra impotenza. Essa non è soltanto frutto del
destino, ma innanzi tutto dei nostri errori.
Grazie, Slec.
RispondiEliminaUn grande, il prof. d'Orsi.
scrive sempre cose interessanti e necessarie, meno male per noi
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