scrive Fabrizio Gatti:
…Basterebbe invece chiedere a
ciascun governo di rispondere a una sola domanda: perché povertà e conflitti
colpiscono soprattutto Paesi ricchi di risorse naturali utili alla nostra
società? La fuga di centinaia di migliaia di persone verso la Libia non è la
causa, ma la conseguenza della risposta a questa domanda. Della Francia abbiamo
già detto. Ma le responsabilità su cui suddividere gli oneri riguardano anche
l'Italia. Da inizio 2018 al 31 maggio sono sbarcati: 2.734 tunisini, 2.211
eritrei, 916 nigeriani. Sono le tre nazionalità in testa alla classifica. La
Tunisia è una democrazia di appena undici milioni di abitanti, poco più della
Lombardia. L'Eritrea è una ex colonia italiana di cinque milioni di abitanti,
tanti quanti la Sicilia. Queste sono le vere dimensioni della crisi migratoria.
Dal 2001 gli eritrei sono dominati da una feroce dittatura che costringe i
giovani a fuggire e che però imprenditori italiani, esponenti politici di
destra, di sinistra e del sindacato hanno continuato a sostenere.
La Nigeria è la potenza energetica
africana e lo Stato extraeuropeo dove l'italiana Eni ha più personale: 1.177
dipendenti. I vertici della società petrolifera con i colleghi dell'olandese
Shell, che comunque respingono le imputazioni, sono sotto processo a Milano per
corruzione internazionale con l'accusa aver autorizzato il pagamento di una
tangente di un miliardo e 92 milioni di dollari (936 milioni di euro) in cambio
di concessioni petrolifere: «Un fiume di soldi destinati in teoria allo Stato
nigeriano ma in realtà intascati interamente da ex ministri, politici e
faccendieri legati all’ex presidente Goodluck Jonathan», ha scritto Paolo Biondani
nella sua inchiesta.
Se spesi diversamente, quanti
posti lavoro si sarebbero potuti creare e quante persone si sarebbero potute
trattenere in Africa con un miliardo di dollari? Nel 2015 avevamo
provato a fare un calcolo, proprio dal Niger, Paese confinante
con la Nigeria, dove ora Salvini e Bruxelles vorrebbero costruire campi di
detenzione: con un investimento di venticinquemila euro si può avviare una
piccola impresa di venti dipendenti nel settore della trasformazione
alimentare. Ovviamente è un calcolo grossolano, ma rende l'idea dell'esproprio
di risorse: la presunta corruzione Eni-Shell equivale così a ben 748.800 posti
di lavoro. Moltiplicando per sette, che è la media di componenti di un nucleo
familiare, fa un totale di oltre cinque milioni e duecentoquarantamila persone:
quelle a cui la tangente ha letteralmente tolto il pane di bocca.
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