martedì 24 luglio 2018

Cile: i mapuche beffano la nipote di Pinochet - David Lifodi



Succede, talvolta, che anche i mapuche ottengano un po’ di giustizia. Nel Cile delle enormi disuguaglianze sociali, dove in gran parte dei casi nelle aule dei tribunali è stata ribadita la persecuzione contro quel popolo oppresso sia all’epoca della dittatura militare sia ai tempi della Concertación, fino alle ultime presidenze di Michelle Bachelet (che per loro non ha fatto molto), la Corte suprema del paese ha imposto alla nipote di Augusto Pinochet, Francisca Ponce, di restituire ai mapuche delle terre situate nella comuna di Puyehue di cui si era impadronita illegalmente nel 2014.
Il terreno su cui aveva messo gli occhi Francisca Ponce apparteneva infatti ai mapuche a seguito del matrimonio tra Anatolio Guerrero e Juana Llanquileo, nipoti dei proprietari originari di quelle terre, come del resto era già stato stabilito dalla Corte di appello di Valdivia ancora prima della conferma della Corte suprema. Francisca Ponce Pinochet si era impossessata del Fundo El Pafú nel maggio 2014, grazie ad un verdetto favorevole in prima istanza, approfittando anche del suo potere di influenzare i giudici. La nipote di Pinochet è infatti figlia di Julio Ponce Lerou, amministratore principale di Sqm, una delle maggiori imprese produttrici di litio che peraltro, negli ultimi anni, è stata al centro di un’indagine per fatture false e finanziamenti illeciti ai partiti, soprattutto all’Unión Demócrata Independiente, ancora oggi fedele agli ideali del pinochettismo.
È stato il consigliere della comuna di Puyehue, dove si trova il Fundo El Pafú, a spiegare che quel territorio spettava ai mapuche in quanto frutto del matrimonio Guerrero-Llanquileo, preso in eredità in quanto di proprietà dei loro avi e, per questo motivo, Francisca Ponce Pinochet non poteva esercitare alcuna potestà su quella terra. Già nel 2016, la Corte di appello di Valdivia, a cui si era rivolta la nipote di Pinochet, aveva rigettato il ricorso presentato contro la comunità Llanquileo poiché Francisca Ponce non era stata in grado di presentare alcun documento che certificasse la sua piena titolarità sul Fundo El Pafú. La Corte di appello di Valdivia revocò così il precedente ordine di sgombero dei mapuche, sollecitato dallo stesso Julio Ponce Lerou e accolto inizialmente dal Primer Juzgado de letras de Osorno.
La contrapposizione tra Julio Ponce Lerou e i mapuche era iniziata addirittura nel 1990, quando il titolare di Sqm sostenne di avere tra le mani la documentazione che gli garantiva il diritto ad essere proprietario del Fundo El Pafú, un’area situata a pochi chilometri da Laguna Espejo e abitata dai comuneros fin dall’inizio del Novecento. Secondo la cosmologia mapuche la presenza di erbe medicinali con funzioni curative e quella di una collina dove alberga lo spirito protettore della comunità hanno conferito all’intero territorio un carattere di sacralità. Lo sgombero invocato da Francisca Ponce Pinochet, che poi aveva seguito la causa chiedendo più volte la cacciata dei mapuche, avvenne nel 1999.
La comunità Llanquileo tornò ad abitare nel Fundo El Pafú nel 2014, dopo anni trascorsi vivendo per le strade di Puyehue. “Siamo nati qui e cresceremo i nostri figli in questo luogo”, dissero le 21 famiglie che si ripresero la loro terra, facendosi portavoce delle molteplici battaglie di altre comunità con le quali lo Stato cileno ha un debito mai saldato perché si rifiuta di  riconoscere i mapuche come un popolo ancestrale. I governi succedutisi alla guida del paese hanno sempre taciuto di fronte alle ingiustizie perpetrate ai danni dei mapuche e non hanno mai preso in considerazione la Ley Indígena, che all’articolo 1 stabilisce: “Lo Stato riconosce che gli indigeni del Cile sono discendenti di coloro che abitavano in quel territorio fin dall’era precolombiana e che hanno nella terra il fondamento principale della loro esistenza e della loro cultura”.
La terra riconquistata dai mapuche rappresenta un piccolo, ma significativo passo in avanti per i “kurdi dell’America latina” ed un pugno nello stomaco a quella parte di Cile razzista che ancora si identifica nel fascismo pinochettista.
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