A te, che
sei sempre alla ricerca di un leader che venga dal popolo ma
che in realtà, anche se non hai il coraggio di ammetterlo, speri di trovare
molto banalmente qualcuno che ti assomigli: sceglieresti un idraulico perché
come te è intollerante al glutine? Ti faresti progettare la casa da un
architetto scelto solo perché tifa per la tua stessa squadra? Faresti operare tuo
figlio in gravi condizioni da un medico scelto perché come te odia gli zingari,
anche se non ha studiato medicina? E, se il giochetto è quello della vicinanza e
della famigliarità, perché non vi fate aggiustare l’auto
guasta direttamente dalla nonna o perché non fate leggere i risultati dei
vostri esami del sangue dallo zio che amate tantissimo perché è un ragioniere
come voi?
Il feticcio
dell’uomo che è uno di noi è una cretinata pazzesca. È il
naturale risultato del continuo abbassamento del dibattito (e anche delle
speranze e delle aspettative, purtroppo) per cui ci si sente rassicurati solo
da qualcuno che non intacchi la nostra invidia: se ha più soldi di noi
(indipendentemente dal fatto che i successi siano stati ottenuti con
merito) o se ha più talento di noi o se semplicemente è più bravo
di noi a fare qualcosa allora diventa un nemico da abbattere, un
raccomandato, un disonesto, un antipatico.
Così, a
forza di cercare rassicurazioni alle incertezze, finiamo ogni volta per avere
una classe dirigente solitamente composta da qualche leader empatico (come
quelli che si fanno un curare da un medico che fa tanto ridere,
appunto) e la sua corte di vassalli. E invece noi siamo un Paese (a proposito
di nazionalismi che vanno così tanto di moda) che ha delle eccellenze
meravigliose, persone smisuratamente più capaci, preparati e geniali nei loro
campi. Io vorrei essere governato da quelli, per dire. Io non vorrei mai avere
me come ministro dell’Economia, che di economia non ci capisco un’acca, e pur
volendo bene a mia mamma non credo che sarebbe una buona idea nominarla
presidente del consiglio.
Ma come
siamo arrivati qui? Perché è questo, il punto: rovinati da decenni di élite che
hanno governato la politica siamo caduti nel tranello di
volere uno di noi perché male che vada non può fare peggio degli altri?
Davvero? Se troviamo un piastrellista che ci fa un pessimo lavoro chiameremmo
un veterinario per la prossima posa tanto non può fare di peggio? A
me, non so voi, questa cosa fa esplodere il cervello.
Combattere
la povertà accettando incapaci purché siano poveri, fronteggiare la
disperazione facendosi guidare da chi ci indica i disperati messi peggio di
noi, ascoltare nullafacenti cronici strapagati dalla politica che discettano
degli orologi o degli attici degli altri che hanno invece un mestiere, puntare
all’uguaglianza intesa come la medesima insoddisfazione per tutti è la via più
breve verso il baratro. A tutta forza.
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