Gold aveva organizzato la sua visita in anticipo con
le autorità israeliane ma è stata ugualmente deportata. Avrebbe dovuto
partecipare a un corso di studi dell’università ebraica di Gerusalemme ma
all’aeroporto di Tel Aviv le hanno contestato l’intenzione di voler svolgere
attività a sostegno del Bds
Il movimento sionista e i fondatori di Israele hanno
ripetuto per decenni, e lo ripetono ancora, che lo Stato di Israele è sorto per
accogliere tutti gli ebrei di ogni parte del mondo. Tutti proprio no. Tutti ad
eccezione degli ebrei che non approvano le politiche nei confronti dei
palestinesi ed esprimono aperto dissenso in campo internazionale. E’ questo il caso di Ariel Gold, notissima attivista americana di Code Pink, alla quale ieri è stato impedito di entrare
nel paese ed è stata espulsa.
“Sono
all’aeroporto di Tel Aviv e mi stanno deportando. Avevo ottenuto un visto
(d’ingresso) in anticipo ma si rifiutano di onorarlo e mi stanno deportando”,
ha scritto questa mattina Gold su Facebook.
L’attivista
aveva organizzato la sua visita in anticipo con le autorità israeliane, ma è
stata comunque deportata. Avrebbe dovuto
partecipare ad un seminario e un corso di studi dell’università ebraica di
Gerusalemme ma all’aeroporto le hanno contestato l’intenzione di voler svolgere
attività a sostegno del Bds il movimento internazionale di boicottaggio di
Israele per le sue politiche verso i palestinesi sotto occupazione. Gold
era già venuta in passato in Israele e durante una visita a Hebron, nei
Territori palestinesi occupati, era stata duramente contestata dai coloni ebrei
insediati nella città e arrestata dai militari israeliani.
Code Pink è un’organizzazione di donne
statunitensi che si battono contro il militarismo, l’uso dei droni militari
contro i civili e per i diritti civili nel loro Paese. In Medio Oriente, Code Pink
appoggia la lotta dei palestinesi per la libertà e l’indipendenza e aderisce al
Bds. Per questa ragione nei mesi scorsi è stata inserita
nell’elenco di organizzazioni “ostili” colpilato dalle autorità israeliane.
Di seguito
pubblichiamo un articolo scritto da Michele Giorgio per il
quotidiano Il Manifesto all’inizio di quest’anno e
pubblicato anche da Nena News, sul rilascio da parte di Israele di una
lista nera di organizzazioni che sostengono il movimento Bds nella quale è stata
inserita anche Code Pink.
***
di Michele Giorgio – il Manifesto
Ha risposto
subito alla nostra mail Ariel Gold, direttrice di Code Pink, organizzazione
statunitense di donne che si batte contro la guerra e il militarismo americano.
Da anni Code Pink porta avanti una campagna incessante contro l’impiego dei
droni e di denuncia dell’uccisione di migliaia di civili in Asia e Medio
Oriente da parte degli Usa nella cosiddetta “guerra al terrorismo”. In Medio
oriente Code Pink chiede giustizia, libertà e diritti umani per i palestinesi
sotto occupazione israeliana.
«Siamo
sconvolti ma non sorpresi – scrive Ariel Gold al manifesto – del rilascio da
parte di Israele di una lista nera di organizzazioni che sostengono il
movimento Bds per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni in nome dei
diritti dei palestinesi». Gold è una ebrea e la sua famiglia vanta una storia
antica e importante – è una discendente del rabbino Joseph Karo autore nel XIV
secolo del “Shulchan Aruch” – ma è anche un’antisionista e oppositrice delle
«politiche repressive di Israele nei confronti dei palestinesi». Un anno fa,
racconta, mentre a Hebron denunciava la condizione di migliaia di palestinesi
nella zona H2 della città fu aggredita da alcuni coloni israeliani che le
urlarono di «andare ad Auschwitz».
Dal 1 marzo
Ariel Gold, le sue compagne di Code Pink e gli attivisti e membri di altre 19
organizzazioni e ong in tutto il mondo sostenitrici del Bds, non potranno più
entrare in Israele e nei Territori palestinesi occupati. Non avranno più modo
di farlo perché chiedono il boicottaggio internazionale di Israele sino a quando
i diritti politici e umani dei palestinesi non saranno osservati e realizzati.
Secondo il governo Netanyahu, e in particolare il ministro per gli affari
strategici Gilad Erdan, il Bds non contesterebbe le politiche di Israele ma
intenderebbe «delegittimarlo».
«Le
organizzazioni di boicottaggio hanno bisogno di sapere che Israele agirà contro
di loro e non permetterà loro di entrare nel suo territorio per danneggiare i
suoi cittadini. Siamo passati dalla difesa all’offesa» ha avvertito domenica
Erdan, al quale è stato assegnato un budget di 75 milioni di dollari per
combattere il Bds ovunque nel mondo. La lista nera rende ufficiale una politica
già in atto da tempo e che ha visto diversi esponenti del movimento Bds fermati
all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv ed espulsi nel giro di qualche ora. Tra
questi Isabel Phiri, esponente di spicco del World Council of Churches. Già
dallo scorso marzo una legge autorizza il blocco ai valichi di confine
dell’ingresso di persone favorevoli al boicottaggio di Israele.
Tra le
organizzazioni nella lista nera, assieme Bds Italia, figurano anche Jewish
Voice for Peace (70 filiali e 15mila membri) schierata contro il governo
Netanyahu, e persino Afsc (American Friends Service Committee) una società
religiosa di quaccheri che si batte per la giustizia sociale, la pace,
l’abolizione della pena di morte ed i diritti umani. Afsc nel 1947 ha ricevuto
il Premio Nobel per la Pace per il suo sostegno agli ebrei e a tutte le altre
vittime del nazismo. «Mettendo al bando venti organizzazioni per i diritti
umani, tra cui Code Pink – spiega Ariel Gold – Israele si sta isolando
ulteriormente come uno Stato di apartheid in cui un gruppo di persone gode di
diritti e privilegi superiori semplicemente a causa della propria religione».
Non usa
mezze parole la direttrice di Code Pink. Per lei l’attacco al Bds è parte di
una campagna del governo Netanyahu volta a far tacere tutti coloro che
denunciano le politiche di occupazione nei Territori e che colpisce il diritto
di espressione sulla questione palestinese. «Dai recenti arresti di attivisti
palestinesi nonviolenti – prosegue Gold – a questa lista nera di organizzazioni
per i diritti umani di tutto il mondo, è chiaro che Israele sta aumentando la
repressione di attivisti dei diritti umani e sta precipitando nel razzismo e
nell’estremismo di destra con l’appoggio dei suoi sostenitori
nell’amministrazione Trump».
Code Pink,
in linea con le altre organizzazioni americane e del resto del mondo inserite
nella lista nera, fa sapere che «rimarrà fedele al lavoro di sostegno della
libertà palestinese e per l’uguaglianza e la giustizia per tutti i popoli».
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