L’interminabile tragedia del popolo
palestinese è tale e non ha pari non solo perché subisce l’ultracinquantennale
occupazione e colonizzazione delle proprie legittime terre da parte di Israele,
dopo avere patito il processo di violenta pulizia etnica chiamata Nakba.
Non solo per l’apartheid a cui è sottoposta la sua gente e per lo stillicidio
di assassinii, vessazioni, furti, arbitrii, spoliazioni segnati da un sadismo
gratuito che non risparmia i più deboli, le donne, i vecchi e soprattutto i
bambini. Ma in primo luogo per lo statuto di impunità garantito al suo
oppressore, il governo e l’esercito israeliano, in modo pressoché unanime da
tutta la cosiddetta comunità internazionale, vile e ipocrita, che contempla imbelle
e senza colpo ferire la sistematica violazione della sua strombazzata legalità.
L’establishment ultrareazionario a
orientamento fascista di Israele gode di questa attribuzione di impunità
costruita in modo capzioso con una propaganda tanto ridicola quanto efficace.
I governanti israeliani vendono come oro
fino il loro prodotto vergognosamente scadente, ossia la merce fradicia che
Israele è comunque e sempre una povera piccola vittima.
Analizziamo, prendendo a prestito una
felice espressione del grande scrittore David Grossman («volevamo costruire una
casa per gli ebrei dispersi, invece abbiamo edificato una fortezza»), la
condizione millantata da Bibi Netanyahu e dalla sua Banda Bassotti. Israele è
dotato del più potente esercito di tutto il Medio Oriente, uno dei più
efficienti di tutta la Terra. Esso è armato con un notevole numero di testate
nucleari – i dirigenti israeliani non confermano ma non smentiscono, giocano
sprezzantemente su questo segreto di Pulcinella, ottenendo, unico Paese della
comunità nucleare, l’esenzione dai controlli dell’agenzia preposta – oltre che
con le armi moderne più sofisticate fabbricate in proprio o fornite dal loro
fedelissimo e inamovibile alleato, gli Stati Uniti, il più potente Paese
dell’intero pianeta. Russia e Cina sono del tutto indifferenti al destino dei
palestinesi. Come se non bastasse, Israele, da alcuni anni, è stretto alleato
di Egitto e Giordania e ha stipulato una forte alleanza de facto con l’Arabia
Saudita che, se la mia memoria non falla, finanzia da sempre il terrorismo
jihadista (ma che importa? la retorica si sposta a seconda delle convenienze…).
La dirigenza israeliana ha capito che
l’uso strumentale della Shoà funziona da deterrente nei
confronti di chiunque voglia criticare la sua politica colonialista. L’Europa e
l’Occidente possono dare agli israeliani quello che vogliono per placare il
supposto complesso di colpa nei confronti dello sterminio degli ebrei. Ma non
possono vendergli la pelle, la dignità, i diritti e il futuro del popolo
palestinese, su cui non hanno nessun titolo. Probabilmente il complesso di
colpa è solo la foglia di fico che cerca di coprire una verità più semplice e
ignobile. Israele fa parte del club dei potenti e quel club fa comunella con
lui per affermare il diritto del più forte a fare strame di ogni principio
etico e giuridico.
Il nodo gordiano di questa inestricabile
situazione non può essere sciolto con parodie diplomatiche. Deve essere
rescisso. E la lama che lo può fare è il sostegno al BDS, il movimento pacifico
di boicottaggio economico finanziario nei confronti di Israele, che promana
dalla società civile con lo stesso impegno che fu profuso contro l’apartheid in
Sudafrica. Il suo scopo? Far cessare una intollerabile violenza contro i
princìpi più elementari della giustizia e del diritto.
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