venerdì 6 luglio 2018

Medio Oriente. La Palestina violata - Moni Ovadia



L’interminabile tragedia del popolo palestinese è tale e non ha pari non solo perché subisce l’ultracinquantennale occupazione e colonizzazione delle proprie legittime terre da parte di Israele, dopo avere patito il processo di violenta pulizia etnica chiamata Nakba. Non solo per l’apartheid a cui è sottoposta la sua gente e per lo stillicidio di assassinii, vessazioni, furti, arbitrii, spoliazioni segnati da un sadismo gratuito che non risparmia i più deboli, le donne, i vecchi e soprattutto i bambini. Ma in primo luogo per lo statuto di impunità garantito al suo oppressore, il governo e l’esercito israeliano, in modo pressoché unanime da tutta la cosiddetta comunità internazionale, vile e ipocrita, che contempla imbelle e senza colpo ferire la sistematica violazione della sua strombazzata legalità.
L’establishment ultrareazionario a orientamento fascista di Israele gode di questa attribuzione di impunità costruita in modo capzioso con una propaganda tanto ridicola quanto efficace.
I governanti israeliani vendono come oro fino il loro prodotto vergognosamente scadente, ossia la merce fradicia che Israele è comunque e sempre una povera piccola vittima.
Analizziamo, prendendo a prestito una felice espressione del grande scrittore David Grossman («volevamo costruire una casa per gli ebrei dispersi, invece abbiamo edificato una fortezza»), la condizione millantata da Bibi Netanyahu e dalla sua Banda Bassotti. Israele è dotato del più potente esercito di tutto il Medio Oriente, uno dei più efficienti di tutta la Terra. Esso è armato con un notevole numero di testate nucleari – i dirigenti israeliani non confermano ma non smentiscono, giocano sprezzantemente su questo segreto di Pulcinella, ottenendo, unico Paese della comunità nucleare, l’esenzione dai controlli dell’agenzia preposta – oltre che con le armi moderne più sofisticate fabbricate in proprio o fornite dal loro fedelissimo e inamovibile alleato, gli Stati Uniti, il più potente Paese dell’intero pianeta. Russia e Cina sono del tutto indifferenti al destino dei palestinesi. Come se non bastasse, Israele, da alcuni anni, è stretto alleato di Egitto e Giordania e ha stipulato una forte alleanza de facto con l’Arabia Saudita che, se la mia memoria non falla, finanzia da sempre il terrorismo jihadista (ma che importa? la retorica si sposta a seconda delle convenienze…).
La dirigenza israeliana ha capito che l’uso strumentale della Shoà funziona da deterrente nei confronti di chiunque voglia criticare la sua politica colonialista. L’Europa e l’Occidente possono dare agli israeliani quello che vogliono per placare il supposto complesso di colpa nei confronti dello sterminio degli ebrei. Ma non possono vendergli la pelle, la dignità, i diritti e il futuro del popolo palestinese, su cui non hanno nessun titolo. Probabilmente il complesso di colpa è solo la foglia di fico che cerca di coprire una verità più semplice e ignobile. Israele fa parte del club dei potenti e quel club fa comunella con lui per affermare il diritto del più forte a fare strame di ogni principio etico e giuridico.
Il nodo gordiano di questa inestricabile situazione non può essere sciolto con parodie diplomatiche. Deve essere rescisso. E la lama che lo può fare è il sostegno al BDS, il movimento pacifico di boicottaggio economico finanziario nei confronti di Israele, che promana dalla società civile con lo stesso impegno che fu profuso contro l’apartheid in Sudafrica. Il suo scopo? Far cessare una intollerabile violenza contro i princìpi più elementari della giustizia e del diritto.  

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