Nave dopo
nave, disperati dopo disperati. Dalla fortezza Europa non si passa. Ancora
ostaggi in mare, del ministro Salvini e dell’Unione europea che soccorre ma
solo «su base volontaria»: sequestrati in mare dal ministro degli interni per
aprire una trattativa. Nella fortezza Bastiani del romanzo Il deserto
dei Tartari di Dino Buzzati, ogni gesto, ogni ritualità, ogni parola degli
umani lì in distaccamento militare a presidiare come avamposto i margini di un
deserto, è regolamentata dalla ideologia dell’attesa dell’invasione che deve
arrivare. La necessità di quella fortezza è data da questa attesa. Non altro.
La metafora
letteraria rispecchia le ore che stiamo vivendo, o meglio quelle che vivono gli
esseri umani sequestrati sulle navi. E insieme l’Europa reale, insidiata dai
nazionalismi, e l’Italia del governo del «contratto» che sempre più si
appalesa, nella sua duplice versione – «sociale» e d’ordine – come
consociativismo corporativo. Dove, per ribadire l’esistenza dello Stato di
diritto deve intervenire la «pacata» figura del presidente della repubblica.
A quale
ideologia appartenga questa ossessione del chiudere i porti e non accogliere è
presto detto: al «coas di Innsbruck», dal nome della cittadina dove pochi
giorni fa i governi, nella loro rappresentanza dei ministri degli interni, si
sono riuniti, anticipati da un vertice, fallito ma rivelatore, dei soli ministri
degli interni di Germania, Austria e Italia, Seehofer, Kickl e Salvini.
Singolare la conclusione del loro pre-vertice: nessuno dei tre è riuscito a
convincere l’altro, con Salvini che non ha convinto l’Austria a non chiudere i
confini al Brennero perché in un anno sono passati poco più di 200 migranti, né
Seehofer ha convinto Salvini a riprendersi i migranti che sono passati per
l’Italia; poi hanno acquisito che si possono accogliere solo i profughi che
vengono da guerre; e da ultimo, surreale, che l’Ue deve dichiarare i porti
libici “porti sicuri” dove poter ricacciare i profughi.
Non sanno
quello che vogliono e non conoscono la realtà ma vogliono governarla.
Perchè la
realtà è quella di un Continente africano dilaniato da almeno trenta conflitti
aperti o di bassa intensità, dove continuiamo a vendere armi perché si espanda
il proficuo mercato della guerra; la realtà è che la Libia (la chiave del
problema) è stata devastata 7 anni fa dalla guerra della Nato a guida francese,
con partecipazione italiana; e che in Siria lo stesso tentativo invece non è
andato in porto, ma il Paese è in macerie e milioni di persone sono profughe.
Allora se fuggono da queste guerre possono essere accolti o no? Difficile
negare l’accoglienza a chi fugge da guerre da noi provocate; ma la verifica,
dicono gli «statisti», va fatta fuori dall’Europa: insomma teniamoli ben
lontani. Dove ricacciarli allora? Ma nei porti della Libia che l’Ue deve
dichiarare sicuri.
E qui, non
solo Salvini, ma tutta la compagine politica continua a recitare il teatrino
dell’«autorità libica». Per un Paese dilaniato ancora dalla guerra, diviso in
almeno tre autorità politiche, qual è e dove stà l’«autorità», a Tripoli e
nella Tripolitania in mano a centinaia di milizie armate, a Bengasi da Haftar,
nei terminali petroliferi delle multinazionali, nel rinascente ruolo di Seif Al
Islam, il figlio di Gheddafi, o tra le milizie del Fezzan. Eppure Salvini,
Tajani, Moaevero sono andati in crociera dall’«autorità libica». Così fan
tutti, il viatico certo l’ha iniziato Minniti (idolatrato dagli editoriali di
Travaglio sul Fatto), ma ora ci andrà forse anche Di Maio e di certo il
presidente del Consiglio desaparesido, Giuseppe Conte. Tutti a Tripoli
dall’inesistente al-Sarraj a santificare la guardia costiera libica che cambia
casacca ogni dì, da trafficante a miliziano a jihadista, a torturatore a
carceriere, a guardia costiera… Mentre tutte le «Libie» esistenti fanno saper
che non vogliono né hot spot né ingerenza italiana. E l’Italia ora andrà a
presidiare il Niger, su 5mila km di frontiera per contenderlo all’influenza
francese: é quello «il confine d’Europa».
Le
conclusioni. Il sovranismo dei confini non si internazionalizza, i Paesi
europei si blindano e si fronteggiano ostili, perdipiù nell’epoca dei nuovi,
scatenati dazi. L’esercizio del potere di governo diventa scontro istituzionale
se come fa Salvini si privatizzano ad personam gli organi dello Stato, dalla
magistratura alla polizia. La fortezza Europa , la fortezza Bastiani, mentre
l’invasione non c’è e nascondiamo nei deserti la disperazione di centinaia di
migliaia di persone in fuga dall’Africa, comincia ad avvistare il nemico
«vero», il migrante «economico» – una invenzione lessicale vergognosa se solo
pensiamo agli interessi di rapina che rubano le risorse della ricca Africa:
così li «aiutiamo» a casa loro. Intanto i porti italiani si chiudono perfino
alle navi militari italiane che soccorrono i profughi. Intanto i porti e le
frontiere restano sempre aperti alle ricche merci che ci arrivano dal
Continente africano, petrolio, gas, oro, coltan, uranio,minerali preziosi.
Se esistesse
una vera, morale e politica, autorità africana dovrebbe chiudere i porti
commerciali agli interessi dei Paesi che respingono i migranti. Addio allora
alla fortezza Bastiani. Ma è una ipotetica dell’impossibilità: i leader
africani degni di questo nome o sono morti o li abbiamo ammazzati o corrotti
noi.
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