Un fatto gravissimo e deplorevole 11\07\2018
Alle sette del mattino le forze
dell’ordine hanno sgomberato il «Centro Studi Autogestito Casteddu» su richiesta
della rettrice.
E’ un fatto estremamente grave ciò
che è successo oggi all’Università di Cagliari. La richiesta da parte della
rettrice di mobilitare le forze dell’ordine, la polizia e i carabinieri per
attuare lo sgombero è un qualcosa che non si vedeva da molte decadi
nell’Università della città.
Il locale veniva utilizzato da tempo
come deposito e i ragazzi del Cua Casteddu nel mese di aprile, hanno deciso di occuparlo, ripulirlo e
renderlo nuovamente fruibile a tutti gli studenti dell’Ateneo Cagliaritano. In
questi mesi il Centro Studi Autogestito Casteddu è stata una fucina di buone
pratiche all’interno di un’Università sempre più tesa a rendere lo studente un
mero consumatore di servizi e non più luogo di crescita, studio e confronto. Il
valore dello spazio può essere riassunto in tutti quei momenti come dibattiti,
seminari, tavole rotonde, cineforum e anche solo le ore di studio all’interno
di uno spazio che è stato reso libero e fruibile.
Ma ancora una volta chi cerca di
auto-organizzarsi viene privato della libertà di manifestare un modello
alternativo e viene costretto, “nel rispetto delle regole”, ad essere rinchiuso
in un contesto burocratico di mero controllo e appiattimento della libera
espressione. Chi cerca di rivendicare spazi di autonomia, chi cerca di
estranearsi dal binomio studente/consumatore, chi cerca di formarsi nello
studio e nella pratiche ad un sapere libero e critico viene costretto a
“rientrare nei ranghi”, che sono stati predisposti dalle politiche dei governi
che si sono susseguiti in questi anni.
La critica verso l’operato della
rettrice – dagli accordi con il Technion fino alle collaborazioni con i
militari – del Collettivo Autonomo Casteddu ha avuto una sua risposta
quest’oggi con l’ingresso delle forze dell’ordine all’interno del Polo
Universitario, fatto di per sè deplorevole.
Non sapevamo che la Rettrice potesse disporre delle forze dell’ordine a suo piacere. Pensavamo invece che un’ordinanza di sgombero fosse di competenza esclusiva del giudice. In tal caso ci troveremmo davanti ad un abuso di potere, una violazione di quello stato di diritto che la rettrice dovrebbe conoscere bene.
Vogliamo sottolineare il nostro dissenso verso un atto politico che ha voluto chiudere le porte ad ogni forma di dialogo e mediazione preferendo uno scontro contro chi coltiva un pensiero critico e di dissenso.
Non sapevamo che la Rettrice potesse disporre delle forze dell’ordine a suo piacere. Pensavamo invece che un’ordinanza di sgombero fosse di competenza esclusiva del giudice. In tal caso ci troveremmo davanti ad un abuso di potere, una violazione di quello stato di diritto che la rettrice dovrebbe conoscere bene.
Vogliamo sottolineare il nostro dissenso verso un atto politico che ha voluto chiudere le porte ad ogni forma di dialogo e mediazione preferendo uno scontro contro chi coltiva un pensiero critico e di dissenso.
Esprimiamo tutta la nostra
solidarietà come Asce (Associazione Sarda Contro l’Emarginazione) al Centro Studi Autogestito Casteddu sapendo che il progetto non è legato ad uno spazio
fisico ma alla volontà di studentesse e studenti che hanno deciso di creare un
modello alternativo di sapere. La ricerca di auto-organizzazione non può essere
sgomberata e recintata.
Lunga vita al Centro Studi
Autogestito!
La cultura può salvarci ancora
RispondiElimina16 luglio 2018
[Aldo Lotta]
“La cultura è … organizzazione, disciplina del proprio io interiore, è presa di possesso della propria personalità, è conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri”. Gramsci
ll 17 Maggio di quest’anno ho potuto assistere, a Cagliari, alla visione di un bellissimo documentario, con immagini di estrema rilevanza storica, sull’evolvere nel corso di 70 anni, della protesta e della resistenza dei Palestinesi nei confronti dell’occupazione israeliana. Il documentario, inserito nel programma culturale dell’Israeli Apartheid Week, veniva proiettato presso uno spazio pubblico, il Centro Studi Autogestito Casteddu, aperto dagli studenti nel piano terra del corpo di Psicologia del complesso universitario di Sa Duchessa. Spazi esigui, ma molto ospitanti; riflettevano il clima di serenità ed entusiasmo del gruppo di studenti che mi accoglievano. Le pareti occupate da scaffali pieni di libri: filosofia letteratura, storia e politica sarda; molti i libri di e su Gramsci. Non mi era difficile riscontrare in quel luogo quanto dichiarato nello spazio face book del gruppo: il genuino bisogno di “formazione e di produzione di sapere e cultura attraverso uno studio critico e orizzontale”. Scoprii in seguito che quei locali, ora così ordinati e pieni di fascino, erano stati, nella loro precedente vita, un magazzino, sporco e abbandonato e immaginai la gioia delle persone che erano riuscite a ricavare da spazi tristi e privi di un minimo orizzonte di vita un piccolo crogiolo di cultura e sana allegria. Fantasticai anche su quanto questa iniziativa sarebbe piaciuta al “nostro” Gramsci, così apprezzato negli ambiti accademici di tutte le latitudini, che insisteva sull’importanza vitale della cultura per i giovani e per la salvaguardia dell’umanità. Scoprii anche che nell’ex sgabuzzino, si succedevano avvenimenti che celebravano il sapere, come proiezioni di film e seminari e incontri su Leopardi e il pensiero complesso, su Musica e Identità, su Sessualità e Liberazione, su Africa e migrazione…
Oggi, da alcuni giorni, questa nuova vita del nostro sgabuzzino non c’è più, in quanto l’istituzione ha ritenuto, evidentemente, che il suo protrarsi fosse illegale e dannoso. Sono stati scacciati gli occupanti, sistemati nuove adeguati sistemi di chiusura alla porta e poste a custodia dello sgabuzzino delle guardie giurate.
Ho percepito allora la vicenda di quel luogo pubblico, un tempo “inutile e dimenticato”, situato in un recesso quasi nascosto del corpo accademico, come l’accendersi, pur per pochi attimi, all’interno di un organismo stanco e sofferente, di un’autocoscienza vitale, di un sussulto di dignità. E so per certo che ciò che è accaduto, per merito di un gruppo di persone aperte e consapevoli, è destinato ad andare avanti, a crescere, con il coinvolgimento di chi crede che la conoscenza libera ci possa salvare. E so anche per certo che quel piccolo spazio, pubblico ma chiuso, terrà viva la memoria del proprio momento di rivincita.
http://www.manifestosardo.org/la-cultura-puo-salvarci-ancora/