Davos, la vergogna dei più ricchi e incapaci del pianeta - Ennio Remondino
Un pianeta di sempre più ricchi e di sempre più poveri, e anche se sei un
relativamente povero tra i ricchi ma se sei ancora una persona per bene, la
cosa un po’ ti indigna. Almeno il tempo di quello che a catechismo ci avevano
insegnato come ‘esame di coscienza’. Ma a Davos, World Economic Forum, l’esame
di coscienza non è in programma, e la diseguaglianza sempre meglio organizzata
non conosce crisi.
Il nuovo rapporto di Oxfam all’apertura del World Economic Forum a Davos.
Sempre più ricchi e sempre più, molto più poveri
La pandemia,
i cambiamenti climatici, il caro energia e l’inflazione hanno reso pochi grandi
ricchi e sempre più ricchi ma senza esagerare, e molti poveri, e i molto poveri
e sempre più poveri. È quanto emerge dal rapporto Oxfam «La diseguaglianza
non conosce crisi», pubblicato – come di consueto – all’apertura del World
Economic Forum (Wef), a Davos, sulle Alpi svizzere, che già la località
prescelta la dice lunga, che Cortenina D’Amepzzo passa per località di turismo
popolare.
‘Cooperazione’
dove ognuno corre per se
Oltre 2700 i
partecipanti, tanti economisti che le crisi spesso le causano e poi le
analizzano, una cinquantina di Capi di Stato, ma quasi nessuno tra quelli che
veramente contano e poi deludono, e poi la ‘fuffa’. Ah, scusate, dimenticavamo
il presidente ucraino Zelenzky in video, che non può mancare a nessun meeting,
visto che trova persino il tempo di invocare soluidarietà e armi anche a Porta
a porta.
Colpevoli e
anche pessimisti
Ad eccezione
del Cancelliere tedesco Olaf Scholz, non sarà presente nessun leader del G7,
visto ched di Grandi s’è persa la misura politica e visto che le aspettative
sono basse, anche brutte, quasi pessime, e non fa bene mostrarsi al proprio
elettorale dove si parla di «recessione globale, mentre l’economia
continuerà ad essere segnata dalle tensioni geopolitiche».
Per fortuna
i ‘super-ricchi’ –informa Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam– hanno superato
ogni record nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo
definire i «ruggenti anni ’20’ del nuovo millennio». E noi siamo felici.
Globalizzazione
in crisi?
Un mondo
frammentato da guerra, nazionalismi e tensioni geopolitiche crescenti, e ora i
protagonisti di gran parte di questa disgrazie provano a dirci come forse ne
usciremo, dopo aver tutti noi pagato un prezzo molto salato salato. E visto che
le disgrazie non vengono mai sole, il World Economic Forum ci avverte che
dobbiamo prepararci, oltre che alla recessione globale nel 2023, anche a un
‘dis-ordine mondiale’ sta trasformando la globalizzazione come l’avevamo
conosciuta finora.
La colpa fu
del rosso fiorellin…
Non solo
colpa della guerra che la Russia -oggi assente per castigo- e neppure le
barriere commerciali fra Stati Uniti e Cina e la gara perversa tra Bruxelles e
Washington si scontrano su chi sussidia di più la propria industria, peccato
mortale con assoluzione presidenziale. Colpa di chi manca? Sarà per questo che
al vertice di quest’anno nelle Alpi svizzere fanno più rumore gli assenti dei
presenti:
mancano gli
oligarchi russi, il presidente americano Joe Biden e il cinese Xi Jinping, come
pure il francese Emmanuel Macron, il premier britannico Rishi Sunak, il
canadese Justin Trudeau e il rieletto leader brasiliano Luiz Inácio Lula da
Silva.
Per fortuna
gli amati miliardari
In compenso,
sulla lista degli invitati ci sono oltre 100 miliardari, rappresentanti sauditi
e degli Emirati Arabi, innumerevoli Ceo e operatori finanziari di Wall Street.
Con la politica che decide veramente, quasi assente. Sospetto di codardia, il nostro,
condiviso da chi, anche in Osfam, ritiene che la loro assenza è una
dimostrazione di come l’economia globale non sia più materia su cui i capi di
stato hanno controllo, esercitato piuttosto da un ristretto manipolo di
privati.
Disuguaglianze
favorite dal fisco?
I numeri
parlano chiari. Dal 2020 l’1% dei più ricchi si è accaparrato quasi il doppio
dell’incremento della ricchezza netta globale, rispetto al restante 99% della
popolazione mondiale. Le fortune dei miliardari crescono alla velocità di 2,7 miliardi
di dollari al giorno, mentre almeno 1 miliardo e 700 milioni di lavoratori
vivono in paesi in cui l’inflazione supera l’incremento medio dei salari.
Quando il
povero non servirà più neppure come forza lavoro
Intanto i
governi delle regioni più povere spendono oggi quattro volte di più per
rimborsare i debiti rispetto a quanto destinano per la spesa pubblica in
sanità. Col risultato che ogni quattro secondi una persona muore per mancanza
di accesso alle cure, per gli impatti della crisi climatica, per fame, per
violenza di genere. Ovviamente, ‘Ça va sans dire’, il debito degli
ultra poveri e con gli ultra ricchi.
Sempre meno
tasse per i ricchi
Come il
malvagio delle favole, anche quello vero ama esagerare. E dopo decenni di tagli
alle tasse sui più ricchi, una tendenza che si traduce in povertà, migrazioni,
conflitto sociale e crisi delle democrazie, basterebbe un’imposta del 5% sui
grandi patrimoni «potrebbe generare per la lotta alla povertà
affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di persone». Ma noi
siamo adulti e non crediamo più alle favole.
World
Economic Forum, massoneria per ricchi
«La
percezione popolare è che il WEF sia un’organizzazione segreta e sinistra
simile a qualcosa uscito da un romanzo di James Bond». Si lascia scappare Larry Elliott
sul Guardian. A Davos solo passerella, dove non c’è nessuno tra quelli che alla
fine decidono, salvo quei 100 miliardari di cui abbiamo detto.
Mentre qualcuno opportunamente ricorda che la prima Grande Guerra in Europa
viene combattuta a poco più di duemila chilometri dalle piste innevate di
Davos.
Oxfam: la diseguaglianza
cresce favorita dal fisco - Paolo Andruccioli
La pandemia ha aumentato le distanze sociali. Anche in Italia, mentre i
salari crollano, la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani. I dati
del Rapporto Oxfam 2023: aumentano le iniquità generazionali e le differenze di
genere. Solo i grandi patrimoni hanno avuto benefici fiscali.
In Italia i
super ricchi con patrimoni superiori ai 5 milioni di dollari (0,134% degli
italiani) erano titolari, a fine 2021, di un ammontare di ricchezza equivalente
a quella posseduta dal 60% degli italiani più poveri. La pandemia ha
approfondito le distanze sociali e ha premiato una fascia ristrettissima di
popolazione. Lo sostiene il nuovo rapporto Oxfam diffuso oggi (16 gennaio) in
occasione dell’apertura del World Economic Forum di Davos. Già dal titolo è
chiaro il risultato della ricerca dell’Oxfam, che conduce la campagna mondiale
contro l’aumento della povertà (20 organizzazioni che lavorano in più di 90
paesi nel mondo a fianco delle comunità per garantire risorse, diritti e regole
più giuste): “La diseguaglianza non conosce crisi”. Nel biennio di maggiore diffusione
del virus del Covid 19 lo spicchio più ricco della popolazione (1%) ha visto
crescere il valore dei propri patrimoni di 26.000 miliardi di dollari, in
termini reali, accaparrandosi il 63% dell’incremento complessivo della
ricchezza netta globale (42.000 miliardi di dollari), quasi il doppio della
quota (37%) andata al 99% più povero della popolazione mondiale.
Battuti tutti i record
Con la
pandemia la diseguaglianza invece di ridursi fa un notevole passo avanti. Viene
infatti superato anche il record che si era registrato durante il decennio
2012-2021, in cui il top-1% aveva beneficiato di poco più della metà (il 54%)
dell’incremento della ricchezza planetaria. E quasi a dare ragione alle
previsioni più fosche di Carlo Marx, per la prima volta in 25 anni aumentano
simultaneamente estrema ricchezza ed estrema povertà. “Mentre la gente comune
fa fatica ad arrivare a fine mese, i super-ricchi hanno superato ogni record
nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo definire i
ruggenti anni ’20 del nuovo millennio – spiega Gabriela Bucher, direttrice
esecutiva di Oxfam International – Crisi dopo crisi i molteplici divari si sono
acuiti, rafforzando le iniquità generazionali, ampliando le disparità di genere
e gli squilibri territoriali. Pur a fronte di un 2022 nero sui mercati a non
restare scalfito è il destino di chi occupa posizioni sociali apicali, favoriti
anche da decenni di tagli alle tasse sui più ricchi, che ne hanno consolidato
le posizioni di privilegio”.
Tassare le grandi ricchezze
Diventa
fondamentale quindi ripensare dalle radici il sistema fiscale italiano. Ne è
convinta Gabriela Bucher: “Un sistema fiscale più equo, a partire da un
maggiore prelievo sugli individui più facoltosi, è uno degli strumenti di
contrasto alle disuguaglianze. Un’imposta del 5% sui grandi patrimoni potrebbe
generare per i Paesi riscossori risorse da riallocare per obiettivi di lotta
alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di
persone”.
La morsa dell’inflazione
Ma nel
frattempo la pandemia e la crisi energetica con il relativo aumento dei prezzi
– con un tasso dell’inflazione mai così alto da oltre 35 anni con i nuovi venti
recessivi rischiano di esacerbare ulteriormente i divari. La quota detenuta dal
10% più ricco degli italiani (6 volte quanto posseduto alla metà più povera
della popolazione) è aumentata di 1,3 punti percentuali su base annua a fronte
di una sostanziale stabilità della quota del 20% più povero e di un calo delle
quote di ricchezza degli altri decili della popolazione. La ricchezza nelle
mani del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza
nazionale netta) a fine 2021 era superiore a quella detenuta dall’80% più
povero dei nostri connazionali (il 31,4%).
Ricchi e poveri
Nonostante
il calo del valore dei patrimoni finanziari dei miliardari italiani nel 2022,
dopo il picco registrato nel 2021, il valore delle fortune dei super-ricchi
italiani (14 in più rispetto alla fine del 2019) ha mostrato ancora un
incremento di quasi 13 miliardi di dollari (+8,8%), in termini reali, rispetto
al periodo pre-pandemico. Contemporaneamente cresce appunto la povertà sia
quella relativa, sia quella assoluta. Quest’ultima è risultata stabile nel 2021
dopo un balzo significativo nel 2020 e interessa il 7,5% delle famiglie (1
milione 960 mila in termini assoluti) e il 9,4% di individui (5,6 milioni di
persone). Un fenomeno, secondo Oxfam, molto allarmante perché ha visto
raddoppiare in 16 anni la quota di famiglie con un livello di spesa
insufficiente a garantirsi uno standard di vita minimamente accettabile e che
oggi vede quelle più povere maggiormente esposte all’aumento dei prezzi, in primis per beni alimentari ed energetici.
Scenari mondiali
Secondo i
dati contenuti nel Rapporto Oxfam, con riferimento alle posizioni al vertice
della piramide distributiva, dal 2020 ad oggi, un miliardario ha aumentato, in
media, il proprio patrimonio di circa 1,7 milioni di dollari per ogni dollaro
di incremento patrimoniale di una persona collocata nel 90% meno abbiente. Nel
corso dell’anno appena concluso, i big del cibo e dell’energia hanno
raddoppiato i profitti, ma l’84% è andato agli azionisti. Nel 2022 la ricchezza
dei miliardari nei settori energetico e agro-alimentare è aumentata in
concomitanza con la rapida crescita dei profitti delle imprese che controllano:
lo scorso anno, 95 aziende, tra i Big dell’energia e le multinazionali del
cibo, hanno più che raddoppiato i propri profitti rispetto alla media del
quadriennio 2018-2021, versando 257 miliardi di dollari (l’84% degli
extraprofitti realizzati) a ricchi azionisti. È il caso della dinastia Walton,
proprietaria di metà della Walmart, che ha ricevuto dividendi per 8,5 miliardi
di dollari nell’ultimo anno; o del miliardario indiano Gautam Adani, azionista
di riferimento in molte grandi compagnie energetiche, che in soli sette mesi ha
visto la propria ricchezza aumentare di 42 miliardi di dollari (+46%).
Profitti e prezzi
I curatori
del Rapporto spiegano anche i nessi tra crescita dei profitti e inflazione.
Come evidenziato da recenti analisi, gli esorbitanti profitti societari hanno
avuto un ruolo predominante nella crescita dell’inflazione in Australia, Stati
Uniti e Regno Unito. Per 1,7 miliardi di lavoratori l’inflazione supera l’aumento
dei salari. Allo stesso tempo, almeno 1,7 miliardi di lavoratori vivono in
Paesi in cui l’inflazione supera l’incremento medio dei salari e oltre 820
milioni di persone – circa 1 persona su 10 sulla Terra – soffrono la fame.
Secondo la Banca Mondiale, stiamo probabilmente assistendo al più grande
aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra. Interi
Paesi rischiano la bancarotta e quelli più poveri spendono oggi 4 volte di più
per rimborsare i debiti rispetto a quanto destinano per la spesa pubblica in
sanità. Tre quarti dei governi del mondo (148 Paesi) stanno inoltre
pianificando tagli alla spesa pubblica – anche per la sanità e l’istruzione –
per 7.800 miliardi di dollari nel quinquennio 2023-2027.
Guerra e povertà
“L’aumento
dell’incidenza della povertà è stato attenuato, nell’emergenza, dagli
interventi pubblici di supporto alle famiglie, ma le prospettive di
arretramento sono forti alla luce dei fattori correnti di rischio per
l’economia italiana come gli impatti del conflitto russo-ucraino e la crescita
dell’inflazione”. Lo spiega Misha Maslennikov, policy
advisor su giustizia economica di Oxfam Italia,
secondo il quale le misure di sostegno alle famiglie devono proseguire ed
essere indirizzate meglio verso le famiglie in condizioni di maggior bisogno.
“È inoltre indispensabile abbandonare il regime transitorio del Reddito di
Cittadinanza per il 2023, riformando l’unica misura strutturale di contrasto
alla povertà di cui disponiamo; serve pure stimolare nuovi accordi tra le parti
sociali volti a ridefinire celermente sistemi più efficaci di indicizzazione
dei salari ai prezzi per fornire protezione adeguata ai gruppi sociali meno
abbienti e alle forme di lavoro meno tutelate in settori a bassa retribuzione”.
Nuovi accordi tra le parti sociali sono particolarmente necessari per i circa
6,3 milioni di dipendenti del settore privato (oltre la metà del totale dei
dipendenti privati) in attesa del rinnovo dei contratti nazionali alla fine del
mese di settembre 2022″ si legge nel Rapporto. “Lavoratori che rischiano, con
le regole di indicizzazione attuali, di vedere un adeguamento dei salari,
calati in termini reali del 6,6% nei primi nove mesi del 2022, insufficiente a
contrastare l’aumento dell’inflazione. Se il miglioramento del mercato del
lavoro italiano nel 2022 dovrà essere valutato alla luce dei rischi di una
nuova recessione, restano irrisolti i nodi strutturali della “crisi del lavoro”
nel nostro Paese: la ridotta partecipazione al mercato del lavoro della
componente giovanile e femminile, marcate e crescenti disuguaglianze
retributive, il crescente ricorso a forme di lavoro non standard e conseguente
diffusione del lavoro povero”.
Sbagliate le misure sul lavoro
“Se il
dilagare del lavoro povero rappresenta una caratteristica strutturale del
mercato italiano – è ancora Misha Maslennikov a parlare – destano
preoccupazione le iniziative già messe in campo e le intenzioni del nuovo
governo. Piuttosto che disincentivare il ricorso a forme di lavoro atipico che
intrappolano nella precarietà milioni di lavoratori, il governo allarga le
maglie per il lavoro discontinuo e invoca ulteriori interventi di
flessibilizzazione. La previsione di un salario minimo non è all’ordine del
giorno e gli incentivi all’occupazione – all’insegna del “più assumi, meno
paghi” – non sono valutati sotto la lente della qualità e sostenibilità
dell’occupazione promossa, lasciando il ruolo per lo sviluppo di una buona
occupazione alle convenienze economiche e fiscali delle imprese”.
Le proposte
Il Rapporto
non si limita quindi all’analisi. Si indicano anche delle possibili linee di
intervento. Per quanto riguarda il nostro Paese, Oxfam raccomanda per esempio
al governo di intervenire in alcuni ambiti prioritari. Contrasto al caro-vita e
alla povertà; abbandonare il regime transitorio del Reddito di Cittadinanza per
il 2023, garantendo l’erogazione di tutte le mensilità spettanti a tutti i
beneficiari, e riformare la misura per renderla più equa (per criteri di
accesso e entità del sussidio) ed efficiente; favorire accordi tra le parti
sociali per ridefinire una più efficace indicizzazione dei salari ai prezzi e
indicizzare all’inflazione il reddito soglia per l’accesso al reddito di
cittadinanza. Oxfam suggerisce anche di destinare maggiori risorse contro
il caro-energia, potenziare la tassa sugli extraprofitti a carico degli
operatori del comparto energetico fossile, aumentando l’aliquota dal 50%
all’80% ed estendendo la misura ai settori farmaceutico ed assicurativo.
Rafforzare la funzione redistributiva della leva fiscale, aumentando la
contribuzione a carico dei più ricchi; favorire la ricomposizione del prelievo
spostando la tassazione dal lavoro a rendite, profitti e interessi; abbandonare
il ricorso a trattamenti fiscali differenziati tra contribuenti in condizioni
economiche affini. Tra gli interventi anche quello dell’introduzione di un
salario minimo legale. Inoltre, per contribuire alla riduzione delle
disuguaglianze tra i Paesi, si chiede al governo italiano di agire
sullo scacchiere internazionale per riallocare, a favore dei Paesi vulnerabili,
una generosa quota dei diritti speciali di prelievo (DSP), emessi dall’FMI
nell’agosto 2021.
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