Il Senato “violato” e l’ottusa sordità dei palazzi del potere – Pino Corrias
I ragazzi di Ultima Generazione? Vandali!”,
“Violenti”, “Oscurateli”, “Arrestateli”. E dunque: “Il Senato della Repubblica
si costituirà parte civile poiché le istituzioni vanno rispettate”. “Da 1 a 5
anni di galera, ecco la pena!”. Pomposi. Severi. Pieni d’aria fritta, ridicoli
come le ridicole trombette del nostro inno di Italietta in guerra, i funzionari
del Potere Offeso, e gli addetti alla sua manutenzione, s’indignano per la
vernice che indirettamente li ha imbrattati.
“Tutti confederati nel cosmo”, scrisse tanti anni fa
Elsa Morante nel suo capolavoro Il mondo salvato dai ragazzini,
dove gli IF, gli Infelici Molti, si ribellano a ogni ribellione. Specialmente
se allegra. Innocua nel gesto, spiazzante nel significato. Come i ragazzi e le
ragazze che a Teheran fanno volare via, con uno schiaffo in corsa, il turbante
dalla testa degli ayatollah, denudandoli d’ogni potere per un istante. Come gli
studenti cinesi che impugnano i fogli bianchi contro le prescrizioni
d’inchiostro nero del Comitato Centrale. Come l’ostensione degli ombrelli a
Hong Kong che non riparano dalla tirannide dei manganelli, ma la denunciano al
mondo.
Per gli infelici molti della incarognita Nazione
Italia, il nostro permanente imbrattamento di aria, mari e suoli, può aspettare
la calendarizzazione all’anno del poi, se ne discuterà in apposita Commissione,
vedremo. Ma la violazione della facciata del Senato della Repubblica – tra i
quotidiani accumuli di spazzatura organica e inorganica proprio lungo gli
asfalti che fanno corona al palazzo dei senatori, guardato a vista da due
carabinieri, come Pinocchio, e nottetempo dai cinghiali – è bestemmia sociale,
violenza politica, idiozia del gesto, scandalo da oscurare: “Spegnete le
telecamere per il bene del popolo. Non raccontate nulla per il bene
dell’informazione!”. È un attentato al santo conformismo da ripulire
immediatamente. Entro le 24 ore, con il solvente chimico e insieme politico
delle squadre di pronto intervento morale. Ma è evidente il contrario: è
proprio quel gesto urticante, quella provocazione, a essere un lampo di luce
nel nostro buio. Che mostra – in quegli istanti trascorsi a ricolorare con
vernice lavabile il muro invalicabile dei muri – l’ottusa sordità di tutti i
palazzi del potere, e dimostrare, vista l’isteria delle reazioni, quanto sia
efficace imbrattare lo schermo del nostro vivere sociale, per farli reagire
nella sostanza.
Quella vernice è un programma politico portatile.
Semplice, semplificato. Ma che intanto indica la priorità più ovvia e più
osteggiata dagli ingranaggi dell’economia, della politica e della ipocrisia
mondiale, quella di difendere la vita nell’unico Pianeta disponibile che ci
ospita. E dirci che l’intero sviluppo va ripensato, va armonizzato, prima che
pietrifichi i calendari del mondo affinché le prossime generazioni non siano
(per l’appunto) l’Ultima Generazione.
Trasformare quel gesto pacifico e insieme conturbante
in una offesa di massima rilevanza penale è l’antica ricetta del “sopire e
troncare”, del “sorvegliare e punire”, destinata alla dieta quotidiana delle
molte maggioranze silenziose in cui ci siamo ridotti, tutti educati a vivere
entro i binari concessi dalla benevolenza delle istituzioni, dal gioco ipnotico
dei social, dal permanente altrove dei politici e della politica. Il messaggio è:
lavorate, divertitevi, lasciate scorrere la vita così com’è e guai a chi
sgarra.
Gli autoritari della Destra che quando si parla di
società e cultura, estraggono dalla fondina l’immancabile Marinetti, avranno di
che grattarsi la testa ora che il gesto della vernice bussa alle loro meningi
futuriste. E lo steso dovrà fare la Sinistra se mai vorrà salvarsi, insieme con
il mondo dei ragazzini. Ci penserà appena dopo le primarie, si capisce, dopo il
congresso. Magari un po’ prima dell’Apocalisse.
scrive Ultima Generazione:
“Atto ingiustificabile.”
“Sì alle motivazioni, no ai modi.”
“Attivismo performativo.”
“Attivismo acchiappa click.”
Perché è ingiustificabile?
Per quale motivo imbrattare con della vernice lavabile uno dei palazzi del
potere, uno dei simboli di un Paese che non fa altro che investire sul fossile
giustificandosi via media tramite frasi accondiscendenti, sarebbe
ingiustificabile?
È giustificabile allora siglare un “accordo d’emergenza” che finanzia le
industrie del fossile per una durata di 20 anni? Ed è giustificabile scrivere
articoli su testate estremamente seguite e demonizzare chi è arrivato alla
disperazione pur di tentare di farsi ascoltare?
Siamo noi gli acchiappa click o voi, che sfruttate timori di pancia, li
giustificate con motivazioni sterili e non fate nulla per schierarvi contro chi
continua ad agire anche contro la vostra di vita?
Mi raccomando, ricordate di postare anche gli articoli con le immagini
delle alluvioni, con scene di cagnolini che piangono i loro padroni rimasti
intrappolati sotto colate di fango e detriti, e di mettere in prima pagina le
immagini satellitari dell’Europa con i dati sulle temperature.
Agiamo, facciamo qualcosa. Gridiamo, ribelliamoci!
Siamo all’interno di una pentola piena d’acqua che sta arrivando sempre di
più a bollore, e invece di fare qualcosa continuiamo ad ascoltare chi guadagna
sul gas del fornello.
I mezzi e il fine. La disobbedienza civile tra le mani che imbrattano e
l’allarme che lanciano - Pasquale Pugliese
Prima premessa: la dichiarazione di Ultima Generazione, l’organizzazione che ha
pittato l’ingresso di Palazzo Madama il 2 gennaio scorso è del tutto
condivisibile tanto nelle motivazioni del gesto e quanto nella scelta di fondo
della “disobbedienza civile nonviolenta”, dentro alla quale s’inquadra l’azione
specifica: “Alla base del gesto, la disperazione che deriva dal susseguirsi di
statistiche e dati sempre più allarmanti sul collasso eco-climatico, ormai già
iniziato, e il disinteresse del mondo politico di fronte a quello che si
prospetta come il più grande genocidio della storia dell’umanità.” Sulla
loro pagina web il comunicato continua con la
dichiarazione di un’attivista: “Ho scelto e continuerò a scegliere di compiere
azioni di disobbedienza civile nonviolenta perché sono disperata. Ovunque
guardi vedo dissociazione, negazione, alienazione rispetto alla crisi
climatica. (…) Non possiamo illuderci che fare la raccolta differenziata e
partecipare a cortei organizzati sia sufficiente. È, di conseguenza, proprio al
governo e alle istituzioni che rivolgiamo la nostra rabbia di protesta…”.
Seconda premessa: la “disobbedienza civile nonviolenta” alla quale fa
esplicitamente riferimento il movimento ha una lunga e importante storia nelle
democrazie occidentali di avanzamento dei diritti e dei metodi di lotta. Basti
pensare, per esempio, alla teoria ed alla pratica di Henry David Thoureau,
Hannah Arendt, Martin Luther King, Gene Sharp, Judith Butler in area
statunitense; a Danilo Dolci, Aldo Capitini, Pietro Pinna, Marco Pannella, per
citare i più noti, in area italiana. “La disobbedienza civile insorge” – scrive
Hannah Arendt nel saggio La disobbedienza civile, con parole tanto chiare
quanto definitive – “quando un numero significativo di cittadini si convince
che i canali consueti del cambiamento non funzionano più, che non viene dato
ascolto né seguito alle loro rimostranze” oppure che il governo sia “ormai
avviato verso una condotta dubbia in termini di costituzionalità e legalità.
(…) In altre parole la disobbedienza civile può essere posta a servizio di un
cambiamento auspicabile e necessario o di un altrettanto auspicabile
mantenimento e ripristino dello status quo. (…) In nessuno dei due casi la
disobbedienza civile può essere equiparata alla disobbedienza criminale”.
Date queste premesse, dal mio punto di vista, non è in discussione se
siano giuste le motivazioni delle loro azioni né se sia opportuna la scelta
esplicita della disobbedienza civile come forma di lotta, che esclude l’uso
della violenza, ma se le specifiche azioni realizzate, le tecniche adottate,
siano funzionali o meno allo scopo da raggiungere. Il principio fondamentale
della lotta nonviolenta – e quindi anche della disobbedienza civile che ne è
una delle principali forme di azione collettiva – è la coerenza dei mezzi
utilizzati con il fine da raggiungere (“il mezzo sta al fine come il seme sta
all’albero” era la formula ripetuta da Gandhi). Una delle dinamiche strategiche
è quella di essere comunicativa, ossia svolgere delle azioni capaci di
suscitare simpatia nelle cosiddette “terze parti”, in coloro che assistono
indifferenti, in specie attraverso i media, invece di coinvolgersi nella lotta
in corso: la simpatia (= disposizione d’animo favorevole, sentimento istintivo
di attrazione; affinità, sintonia) dell’opinione pubblica, affinché solidarizzi
con il gruppo che conduce la lotta e contribuisca, con lo schierarsi dalla loro
parte, al successo del movimento di protesta e proposta.
Ecco, temo che la troppa distanza tra i mezzi usati (prima
della vernice lavabile sulla porta del Senato, la stessa sorte era stata
riservata alle teche di famosi quadri di alcuni musei) e il fine da raggiungere
– l’interesse e l’azione della politica e dell’opinione pubblica sulla crisi
climatica (che è parte di una più ampia crisi sistemica globale) – e la
specificità delle azioni, che attirano antipatia anziché simpatia, perché al
limite dell’atto vandalico su beni pubblici (le opere d’arte, il Senato della
Repubblica), siano contro-produttivi rispetto agli obbiettivi da realizzare.
Credo che questo tipo di azioni – che portano l’attenzione di tutti sulle mani
che imbrattano anziché sull’allarme che lanciano – danneggino l’obiettivo di sensibilizzare
gli indifferenti e la politica sull’emergenza climatica, anziché supportarlo e
fare pressione. Anzi forniscano al potere un alibi per indicare negli attivisti
i nemici, anziché i difensori, del bene comune, criminalizzandoli. Come sta
puntualmente avvenendo.
Non mi pare un caso che l’organizzazione britannica Extinction Rebellion – che fin dal 2018
aveva dato il via ad azioni di disobbedienza civile di massa, con occupazione
dell’area intorno al parlamento di Londra, poi sviluppatesi in altri Paesi –
proprio lo scorso 31 dicembre ha comunicato l’allontanamento
dalle azioni di occupazione e interruzione dei pubblici servizi, come tattica
primaria della disobbedienza civile che non ha dato i risultati sperati e ha
visto, anzi, la criminalizzazione delle proteste, per procedere alla
costruzione di ponti di comunicazione con tutti i cittadini, collegandosi agli
altri movimenti che si battono per la giustizia sociale (e suggerirei anche per
la pace, vista la stretta connessione di temi). Mi pare un segno di
lungimiranza. Del resto, “la nonviolenza è affidata ad un metodo che è aperto e
sperimentale” scriveva Aldo Capitini ne Le tecniche della nonviolenza: si
tratta di sperimentare ancora, imparando dagli errori, come accade in ogni
serio e necessario esperimento. Oggi più che mai.
Io, sorvegliato speciale - Leonardo Animali
“Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. Non è un caso se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani” (Sergio Mattarella, 31.12.2022)
Martedì 10 gennaio, Simone Ficicchia, vent’anni, di Voghera, è convocato
alle 10 in Tribunale a Milano. È un attivista di Ultima Generazione, e ha partecipato a
diverse azioni di disobbedienza civile non violenta negli ultimi mesi (ma non a
quella davanti al Senato del 2 gennaio). La Procura di Pavia, ha chiesto per
lui un anno di sorveglianza speciale.
La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione regolata
dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 e successive modifiche. Sia in
Italia che in Europa si è più volte discusso della sua legittimità costituzionale
e della conformità ai principi contenuti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, in quanto può essere applicata anche
solo sulla base di indizi e senza nessuna prova di commissione di illeciti.
Consiste nell’obbligo di evitare che determinati soggetti, sospettati di avere
contatti con la criminalità organizzata o, comunque, di essere frequentatori
abituali di persone o ambienti dove si è soliti delinquere, abbiano contatti
con altri pregiudicati oppure frequentino tali locali, nella presunzione che
tale situazione possa ledere all’ordine pubblico.
Il 3 gennaio, Simone era Roma, invitato a intervenire alla trasmissione
Agorà Extra di Rai Tre. Di buon mattino è stato prelevato dalle forze
dell’ordine dall’albergo in cui dormiva, ed è stato forzosamente rimesso su un
treno, per impedirgli così di poter partecipare al programma (ne ha dato subito
notizia la stessa redazione televisiva). Un fatto, questo, che a chi ha qualche
anno di più di Simone, riporta alla memoria l’Argentina di Jorge Videla.
Da molte parti, ed ancor più dopo l’azione di imbrattamento dell’ingresso
del Senato della Repubblica del 2 gennaio, quello che si vorrebbe è una
“punizione esemplare” per gli attivisti di Ultima Generazione (ma non solo
loro), da poter essere brandita in maniera tale da scoraggiare e intimidire
tutti gli altri. Un clima e un metodo, che ci riportano molto indietro nella
Storia, al tempo della dinastia Han, che governò la Cina tra il 206 a.C. ed il
220 d.C.: “Unum castigabis, centum emendabis” (Ne castigherai
uno, ne correggerai cento).
Un metodo che, in epoca Contemporanea, ha poco a che vedere con le
democrazie. Lo praticò la Cina di Mao Tse-tung, e oggi l’attuale teocrazia
iraniana (lo scorso 23 dicembre Majidreza Rahnavard, ventitré anni,
reo di aver partecipato a un blocco stradale per protestare contro il governo,
è stato impiccato dopo un “processo lampo”, giudicato colpevole di “aver
dichiarato guerra a Dio”).
“Castigarne uno”, in questa stagione italiana, è la manifestazione, ancor
prima che di un istinto repressivo e autoritario, di un modo sbrigativo per
aggirare di fronte all’opinione pubblica, la propria incapacità a governare, o
meglio per occultare la vera intenzione di non voler far niente per impedire
che la catastrofe climatica, che sta già colpendo il nostro Paese (nel 2022, 29
morti per frane e alluvioni e oltre 2.300 morti dovuti alle ondate di calore
₁), possa essere, se non fermata, quantomeno rallentata o mitigata.
In questi giorni che precedono l’udienza del Tribunale di Milano, abbiamo
intervistato Simone, che ringraziamo per la disponibilità.
Parlami di te. C’è chi dice che sei un pericoloso eversore, il capo di
un’organizzazione capace di destabilizzare lo Stato, uno “stipendiato” da
qualche lobby internazionale. Quando “ti va bene”, un ambientalista estremista
e sentimentale. Ma in realtà chi è Simone Ficicchia?
Magari fossi tutto questo… La prima risposta che mi viene dal cuore è che
sono un musicista. La passione per la musica è profonda, dura da quando sono
nato, e mi ha portato a studiare per diversi anni chitarra e sax,
quest’ultimo anche come studente del Conservatorio di Padova, che ho cominciato
a frequentare dopo la maturità con 100 e lode al liceo musicale di Pavia. In
seconda battuta, un aspirante studioso di materie umanistiche, iscritto al
corso di Storia dell’Università di Padova.
“Un ragazzo, sì, molto politicizzato e attivo in associazioni e movimenti,
eppure tranquillo, assennato, estremamente rispettoso delle regole e delle
persone”, questi sono i commenti che immagino essere stati pronunciati dalle
persone che mi conoscono e, sbigottite, mi hanno visto per la prima volta
sbombolettare il muro di un ministero o incollarmi al vetro protettivo di un
quadro. Cosa spiega la mia adesione alle richieste e ai metodi di Ultima
Generazione? Un cambiamento repentino della personalità? Un momento di sfogo
dopo anni di repressione? Per me no. Io vedo la mia coerenza nell’agire in
tutti i modi che posso mettere in pratica per garantirmi un futuro: se prima
non ero consapevole, o lo ero troppo parzialmente, rispetto al collasso
ecoclimatico, una volta che una domenica sera del dicembre 2021 un gruppetto di
ragazzǝ sconclusionatǝ in una presentazione online della campagna mi ha messo
di fronte all’evidenza non ho più trovato scuse per agire, a costo di mettere
“in pausa” le mie altre passioni, senza mai davvero lasciarle, e alcune
relazioni interpersonali. Si tratta solo di agire proporzionatamente alla
situazione.
Perché un ragazzo di vent’anni che, come direbbe un adulto, “ha tutta la
vita davanti”, si mette in gioco per chiedere giustizia climatica, fino al
punto di veder compromesso gravemente il proprio futuro dai possibili risvolti
giudiziari?
Il Manifesto del Partito Comunista è uno dei primi libri
che ho letto da piccolo: occupava un posto d’onore nella libreria dei miei.
Marx invitando i proletari di tutto il mondo a unirsi dice che non
abbiamo nulla da perdere fuorché le nostre catene. Ritengo che questo
possa bastare per trovare le ragioni che ci spingano a ribellarci a un governo
criminale, salvo aggiungere che Marx non era stato messo di fronte all’evidenza
scientifica di essere in un momento storico in cui l’umanità si trova a dover
affrontare la più grande catastrofe con cui la vita abbia mai avuto a che fare
e che, dunque, da perdere non abbiamo solo delle catene “di classe” ma anche un
avvenire di fame, guerre, violenze, stupri e morte diffusa causati dalla miopia
degli investimenti in combustibili fossili. Infine, non ci sentiamo enormemente
privilegiati a farci questa domanda? Non vediamo succedere a decine ogni giorno
in giro per il mondo arresti arbitrari, esecuzioni sommarie, omicidi politici,
insabbiamenti, persecuzioni nei confronti di chi lotta per la libertà di regimi
ben più autoritari, per ora, di quello in cui viviamo? Ai movimenti nonviolenti
che c’erano un tempo in Occidente e che c’erano e ci sono nel Sud del Mondo
devo la mia umiltà e la mia scelta, che non considero un sacrificio.
Cosa diresti a un adulto, che magari ha una spiccata sensibilità
democratica, ed è impegnato in qualche associazione per l’ambiente, ma che
ritiene che quello che fa Ultima Generazione, ma vale anche per altri come
Friday For Future, sia addirittura controproducente alla causa dei movimenti
ambientalisti?
La base comune dev’essere la verità, ovvero che stiamo andando verso un
aumento medio della temperatura globale di 2°C con la conseguenza, per farla
breve, saltando i punti di non ritorno, il collasso degli ecosistemi, l’estinzione
delle specie non umane, le migrazioni climatiche…, di centinaia di milioni fra
morti e sfollati che si porterà dietro, e fuori da questi dati difficilmente ci
può essere dialogo. Posto questo, non crediamo certo di avere la soluzione in
tasca: il punto è che non ci sono tattiche in sé giuste o sbagliate, ma
coalizioni che funzionano, che portano il giusto equilibrio fra radicalità e
partecipazione, fra disturbo e rispetto. Se noi abbiamo portato quel fianco
radicale e nonviolento che ci sembrava in Italia mancasse, non ci aspettiamo
che chiunque appoggi le nostre azioni e non permettiamo che l’inseguimento
spasmodico del consenso, strada politica che ha portato i partiti, specie di
sinistra, alla rovina, freni la nostra presenza sul dibattito pubblico, il
quale comunque si è spostato in positivo da quando sono avvenuti i primi
blocchi di tangenziali. Quello che stiamo facendo è coagulare persone dietro
alle nostre richieste precise, circoscritte, assennate, in linea con gli
accordi internazionali sul clima. D’altronde Martin Luther King non vinse le
sue battaglie chiedendo da un giorno con l’altro la fine delle segregazione
razziale, bensì accrescendo il movimento con il susseguirsi di piccole
vittorie… Anche se non tutte queste persone utilizzeranno identici metodi di
lotta, pur sempre mantenendo ferma una disciplina nonviolenta. Per inciso, le
richieste per il governo sono di fermare la riapertura delle centrali a carbone
e rispettarne la chiusura totale già fissata per il 2025; vietare ogni nuova
estrazione di gas fossile su territorio italiano; sbloccare almeno 20 GW di
rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico.
L’appello che faccio è a uscire dalla propria zona di comfort, dal mito
della sensibilizzazione che cambia il mondo, e accettare che il disturbo e il
conflitto orizzontale sono i più grandi motori di cambiamento sociale: detto
questo, ogni “questo non è il modo giusto” è ben accetto, purché seguito da un
“io, in prima persona, sono dispostǝ a fare questo…”; altrimenti non c’è costruzione
condivisa di un bel niente.
L’esperienza di Ultima Generazione, al di là della sua specificità di
impegno, rimette al centro, drammaticamente, una questione più generale di
questo tempo, una sorta di riproposizione contemporanea del mito antico di Re
Kronos; ovvero un mondo adulto, che per timore di essere spodestato, ma
fondamentalmente per paura della morte, “divora” i propri figli. Tu quali pensi
siano le ragioni?
Non saprei rispondere se non indicando questa tendenza come strutturale del
sistema in cui viviamo, basato sulla rapina ad altri esseri umani e agli
ecosistemi; in particolare la sua efficacia credo si basi sul disconnettere
completamente la parte emotiva di ognunǝ di noi dalla dimensione comunitaria.
Parcellizzatǝ e svuotatǝ abbiamo spezzato la continuità fra le generazioni
passate e quelle future già da tempo: una delle prime domande che ci si pone
abbracciando la disobbedienza civile nonviolenta è proprio se si debba la
nostra lealtà a governi e aziende criminali o, piuttosto, ai sacrifici compiuti
da migliaia di generazioni passate per permettere il prosperare delle
generazioni future. È, in sostanza, amore per la vita che sconfigge il
meccanismo di Kronos.
C’è, tuttavia, un altro elemento che in parte smonta questa visione: vero
che siamo “l’ultima generazione che può cambiare le cose”, ma abbiamo dai
sedici ai sessantaquattro anni. Diversamente da altre realtà, siamo
assolutamente intergenerazionali e credo che contribuiamo a sfatare il mito di
un mondo adulto che condanna alla fame i suoi figli per avidità. Di nuovo,
trovo più corretto parlare di una politica mostruosamente corrotta e di una
macchina dagli ingranaggi mortiferi che ci stanno togliendo il futuro:
indipendentemente dalla propria età anagrafica, si può decidere se usare il
proprio corpo per fermarla o restare passivǝ a guardare.
Che cos’è per Simone Ficicchia, vent’anni, l’Antifascismo nel 2023?
Nel 2023 per me l’Antifascismo è lettera morta se non si occupa
primariamente della sopravvivenza della specie umana. Per un motivo molto
semplice: in questo momento storico il rischio di derive autoritarie in tutto
il mondo vede nell’aumento dei prezzi, nell’aumento degli eventi climatici
estremi, nella fame le sue potenziali cause principali. La cosa più fascista
che vedo fare è voltare le spalle a questa situazione o derubricarla ad
“ambientalismo”. Con la consapevolezza che, sì, l’obiettivo è il sovvertimento
sia del singolo governo fascista sia delle strutture socio-economiche che
l’hanno portato alla ribalta, ma che i risultati arrivano quando si cerca il
dialogo e con il conflitto nonviolento si fa uscire il proprio opponente allo
scoperto (vedi l’azione al Senato del 2/01, che ha suscitato reazioni indignate
da ogni parte nella politica pro-sistema, e l’ha esposta a una sempre più
crescente critica da diversi fianchi per il fatto di reprimere il singolo
episodio “vandalico”, ma non trattare il tema della transizione ecologica),
piuttosto che tuonando con distinguo e accuse reciproche dalla pagine di
giornali e blog.
scrive Francesco Sylos Labini
Leggo commenti paternalisti all’azione dei @UltimaGenerazi1 del tipo “avete ragione ma non si fa così”. La cosa davvero patetica è che a farli sono politici PD, Azione e cianfrusaglie varie (e non parliamo dei giornalisti che come al solito dovrebbero fare un altro mestiere). Allora ricordiamo: sì certo non hanno solo ragione ma ragionissima. Quello che hanno fatto non è ancora un vero conflitto sociale, che se si continua così verrà sicuramente, ma una azione dimostrativa in cui hanno usato una vernice lavabile senza arrecare alcun danno.
Quando avevo vent’anni la situazione era una filo diversa, come le
cariatidi/macchiette che ancora girano senza vergogna ex68ine exOP exAutOp exLC
dovrebbero ben ricordare. E invece che fanno oggi: scrivono tutti su un
quotidiano negazionista del cambiamento climatico.
Che dunque è un quotidiano negazionista della scienza perché ricordiamo che
nella scienza non c’è un dibattito tra chi pensa che ci sia o meno in atto un
cambiamento climatico. C’è invece chi ha studiato e sa e chi non ha studiato, è
stupido o è corrotto.
Sì amici de @ilfoglio_it è esattamente così. E cosa devono pensare i
ragazzi di @UltimaGenerazi1 quando vendono che il dibattito politico si svolge
proprio su @ilfoglio_it ? @EnricoLetta & co discutono di politica lì sopra.
Possono prendere seriamente qualsiasi cosa dicono su il cambiamento climatico?
Possono essere considerati interlocutori?
NO. E dunque a chiunque osservi la situazione, a chiunque ha vissuto a Roma
lo scorso luglio con 45 gradi e un cielo color orzata o ha dato una occhiata
alle webcam sull’ Appennino, o al livello del Lago di Bracciano ecc ecc, la
conclusione è chiara. Queste sono solo le prime avvisaglie di un conflitto che
sta montando. Continuate pure a scrivere idiozie paternaliste magari su
@ilfoglio_it: Andrete molto lontano, non c’è proprio dubbio.
non
resurrezione, solo punizione – Enrico Euli
Le
istituzioni politiche -assoggettate alle pressioni economiche- stanno
proseguendo a distruggere l'equilibrio del pianeta, a determinare condizioni di
continua emergenza e -in prospettiva- di sempre più probabile estinzione per le
prossime generazioni.
Non a caso,
gli attivisti che lottano contro questo corso degli eventi, si sono denominati
'Ultima generazione' ed 'Extinction rebellion'. Entrambi nomi molto appropriati
al momento.
Nei giorni
scorsi hanno macchiato di rosso le sacre mura del Senato.
A partire da
febbraio saranno processati.
Il loro atto
è stato giudicato 'violento' da quasi tutti i partiti e giornali, che hanno
iniziato a stracciarsi le vesti, scandalizzati per l'affronto subito da quattro
giovinastri scapestrati.
Escluso, se
ho visto bene, Stefano Feltri che, su 'Domani', ha scritto finalmente un
editoriale chiaro e controcorrente: https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/clima-hanno-ragione-gli-attivisti-che-imbrattano-il-senato-eyazab7x
In esso si
evidenzia come e dove risieda la violenza: non nelle macchie rosse sui muri, ma
all'interno di quelle stesse mura.
La violenza
è perpetrata infatti, seppur legalmente e nobilmente, proprio in quelle aule,
in quelle stanze, in quegli uffici, e non fuori di essi.
Un muro si
può riparare e smacchiare, non uccide nessuno e il gesto di rottura ha un
effetto puramente simbolico. Ma va punito.
L'inquinamento
del pianeta è irreversibile, porta allo sterminio dei viventi, ha effetti
concreti e visibili già oggi su tutti noi.
Ma è deciso,
agito, gestito da decisori invisibili, impunibili, intoccabili.
Ecco perché
gli attivisti saranno processati e magari condannati proprio per volontà di
coloro che -anonimamente ma spietatamente- stanno coscientemente distruggendo
la terra su cui essi stessi vivono per seguire meri interessi economici a breve
termine.
Ammantati
dagli ermellini, trincerati negli augusti scranni, avvolti da retorici asserti,
proseguiranno a giudicare colpevoli gli altri per smacchiare le loro omissioni,
le loro omertà, le loro collusioni, i loro crimini.
Nechljudov
fu colpito con straordinaria chiarezza dall'idea che tutte quelle persone erano
state prese e incarcerate o deportate non perché avessero violato la giustizia
o avessero commesso azioni illegali, ma solo perché impedivano ai funzionari e
ai ricchi di godersi indisturbati le ricchezze che traevano dal popolo...
Questa
spiegazione di tutto ciò che accadeva gli sembrava molto semplice e chiara, ma
proprio questa semplicità e chiarezza facevano sì che Nechljudov esitasse
nell'ammetterla.
Non era
infatti possibile che un fenomeno così complesso avesse una spiegazione così
semplice e terribile, non era possibile che tutte quelle parole sulla
giustizia, il bene, la legge, la fede, Dio, ecc., fossero soltanto parole e
nascondessero la più volgare cupidigia e crudeltà.
(Lev
Tolstoj, Resurrezione, 1898)
Un po’ di vernice, lavabile
La circostanza della scarcerazione dopo una sola notte dei tre attivisti di
“Ultima Generazione” che avevano lanciato la vernice sul palazzo del
Senato non elimina la vergogna assoluta degli arresti ai quali erano stati sottoposti.
Una misura cautelare come minimo spropositata insieme allo stesso capo di
imputazione, danneggiamento aggravato, quando bastava contestare il reato di
imbrattamento previsto appositamente per casi simili.
Davide Nesi, Alessandro Sulis e Laura Pacini sono
tornati in libertà per decisione di un giudice monocratico mentre il pubblico
ministero aveva chiesto l’obbligo di dimora. La causa per la discussione è
stata rinviata al prossimo 12 maggio.
Insomma, è stato fatto un altro chiarissimo passo verso una compiuta
repubblica penale arrestando attivisti di un movimento che dice di seguire una
disciplina rigorosamente non violenta. «Durante l’imbrattamento il Senato
era vuoto, non volevamo colpire il Presidente come accusa Ignazio La Russa»,
L’azione di Ultima Generazione «è stata come sempre pacifica e non violenta,
non avrebbe mai potuto né voluto arrecare danno alle persone. Il semplice
imbrattamento è considerato punibile dal codice penale con un reato specifico.
Gli attivisti però, nonostante la chiarezza della previsione di legge e
nonostante siano rimasti sul posto in attesa dell’intervento delle forze
dell’ordine nel pieno rispetto dei principi della non violenza, sono stati
trattenuti e verranno processati per direttissima con l’accusa ben più grave di
reato di danneggiamento». «Siamo di fronte all’ennesimo abuso» per
«intimorire e criminalizzare chi sta cercando di portare l’attenzione sul vero
crimine che questo governo sta commettendo forte dell’appoggio di una classe
politica corrotta e di parte dei media» dicono in un comunicato gli
attivisti.
Ignazio La Russa l’aveva messa giù dura convocando il consiglio del Senato,
chiamando al telefono il ministro dell’Interno Piantedosi al fine di
organizzare misure preventive come se Palazzo Madama si trovasse sotto chissà
quale attacco.
A contribuire a creare l’ennesima inesistente emergenza anche gli
investigatori della Questura di Pavia che hanno chiesto la Sorveglianza speciale per Simone Ficicchia,
20 anni, protagonista di una serie di azioni tra le quali il lancio di vernice
sull’ingresso del teatro Alla Scala il 7 dicembre scorso.
Gli investigatori mettono nero su bianco che Ultima Generazione è «un
movimento oltranzista che riesca a far fronte sembra anche alle spese di
sostentamento dei suoi componenti».
Sulla richiesta di sorveglianza speciale dovrà decidere il Tribunale di
Milano in una udienza fissata per il prossimo 10 gennaio. Simone Ficicchia
viene descritto come «un elemento di punta di tale organizzazione risultando
sempre in prima linea nelle azioni delittuose perpetrate da tale associazione».
Ficicchia, ripetiamo 20 anni, è in pratica accusato anche di non lavorare e di
essere “mantenuto dall’organizzazione”.
La logica della risposta da parte dei poteri sembra la stessa che ha
portato per fronteggiare i quattro o cinque rave all’anno che si organizzano in
Italia a una sorta di legislazione speciale.
I toni e il linguaggio usati forse ancora più degli arresti e delle misure
di sorveglianza dimostrano che siamo dì fronte a una evidente
strumentalizzazione che si coglie anche senza avere simpatie per Ultima
Generazione che non sembra puntare all’insurrezione armata.
Frank Cimini da il Riformista
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“Atto ingiustificabile.” “Sì alle motivazioni, no ai modi.” “Attivismo
performativo.” “Attivismo acchiappa click.” Questa la ridda di voci di
giornalisti e politici a commento dell’azione di Ultima Generazione in Senato.
Perché è ingiustificabile? – scrivono sui social i militanti di UG – Per
quale motivo imbrattare con della vernice lavabile uno dei palazzi del potere,
uno dei simboli di un Paese che non fa altro che investire sul fossile
giustificandosi via media tramite frasi accondiscendenti, sarebbe
ingiustificabile? È giustificabile allora siglare un “accordo d’emergenza” che finanzia
le industrie del fossile per una durata di 20 anni? Ed è giustificabile
scrivere articoli su testate estremamente seguite e demonizzare chi è arrivato
alla disperazione pur di tentare di farsi ascoltare?
Siamo noi gli acchiappa click o voi, che sfruttate timori di pancia, li
giustificate con motivazioni sterili e non fate nulla per schierarvi contro chi
continua ad agire anche contro la vostra di vita? Mi raccomando,
ricordate di postare anche gli articoli con le immagini delle alluvioni, con
scene di cagnolini che piangono i loro padroni rimasti intrappolati sotto
colate di fango e detriti, e di mettere in prima pagina le immagini satellitari
dell’Europa con i dati sulle temperature. Agiamo, facciamo qualcosa. Gridiamo,
ribelliamoci! Siamo all’interno di una pentola piena d’acqua che sta arrivando
sempre di più a bollore, e invece di fare qualcosa continuiamo ad ascoltare chi
guadagna sul gas del fornello.
Ascoltiamo il loro messaggio Ascolta o scarica
Al Governo Ultima Generazione chiede lo stop alle trivellazioni di gas
naturale e alla riattivazione delle centrali a carbone, l’attivazione immediata
di 20GW di energie rinnovabili, fra eolico e solare, creando così nuovi posti
di lavoro per chi opera nell’industria fossile.
In una nota Rise Up 4 Climate Justice dichiara «ci chiediamo se
chi invoca delle pene esemplari per un imbrattamento con della vernice lavabile
abbia anche il coraggio di denunciare i finanziamenti fossili, le garanzie
assicurative, le facilitatazioni legislative di cui si sta macchiando questo
Governo. La quasi totalità dei parlamentari si è detta indignata
rispetto al gesto, ma la differenza è che la vernice si lava via, il
cambiamento climatico no. Ancora una volta “lo stolto” indica i muri
imbrattati del Senato, simbolo istituzionale che continua a fregarsene del
collasso che ci troviamo davanti, ne sono un esempio il caldo torrido
dell’ultima estate che continua imperterrito, l’alluvione di Ancona, le frane
di Ischia giusto per citare qualche esempio».
E continua «ancora una volta si rende evidente quanto la classe politica
tutta (e parte dell’opinione pubblica) abbia un problema con l’accettazione del
dissenso e della protesta. Ancora una volta ci si concentra sulle modalità
di azione e non sul merito della vicenda.
Di fronte alla crisi climatica in atto, continuiamo a rimanere il sesto
Paese al mondo per finanziamenti fossili. Stiamo trasformando l’Italia nel
hub europeo del gas, investendo pesantemente nella rigassificazione di gas
liquefatto, finanziando progetti di estrazione nel Sud Globale. Riapriamo le
centrali a carbone. Quando i responsabili della nostra rovina verranno
processati? Quando si reputerà criminale questa condotta anziché il dissenso
politico?».
Sentiamo Andrea Berta di Rise Up 4 Climate Justice Ascolta o scarica
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