sabato 14 gennaio 2023

Ultima Generazione

 

Il Senato “violato” e l’ottusa sordità dei palazzi del potere – Pino Corrias

I ragazzi di Ultima Generazione? Vandali!”, “Violenti”, “Oscurateli”, “Arrestateli”. E dunque: “Il Senato della Repubblica si costituirà parte civile poiché le istituzioni vanno rispettate”. “Da 1 a 5 anni di galera, ecco la pena!”. Pomposi. Severi. Pieni d’aria fritta, ridicoli come le ridicole trombette del nostro inno di Italietta in guerra, i funzionari del Potere Offeso, e gli addetti alla sua manutenzione, s’indignano per la vernice che indirettamente li ha imbrattati.

“Tutti confederati nel cosmo”, scrisse tanti anni fa Elsa Morante nel suo capolavoro Il mondo salvato dai ragazzini, dove gli IF, gli Infelici Molti, si ribellano a ogni ribellione. Specialmente se allegra. Innocua nel gesto, spiazzante nel significato. Come i ragazzi e le ragazze che a Teheran fanno volare via, con uno schiaffo in corsa, il turbante dalla testa degli ayatollah, denudandoli d’ogni potere per un istante. Come gli studenti cinesi che impugnano i fogli bianchi contro le prescrizioni d’inchiostro nero del Comitato Centrale. Come l’ostensione degli ombrelli a Hong Kong che non riparano dalla tirannide dei manganelli, ma la denunciano al mondo.

Per gli infelici molti della incarognita Nazione Italia, il nostro permanente imbrattamento di aria, mari e suoli, può aspettare la calendarizzazione all’anno del poi, se ne discuterà in apposita Commissione, vedremo. Ma la violazione della facciata del Senato della Repubblica – tra i quotidiani accumuli di spazzatura organica e inorganica proprio lungo gli asfalti che fanno corona al palazzo dei senatori, guardato a vista da due carabinieri, come Pinocchio, e nottetempo dai cinghiali – è bestemmia sociale, violenza politica, idiozia del gesto, scandalo da oscurare: “Spegnete le telecamere per il bene del popolo. Non raccontate nulla per il bene dell’informazione!”. È un attentato al santo conformismo da ripulire immediatamente. Entro le 24 ore, con il solvente chimico e insieme politico delle squadre di pronto intervento morale. Ma è evidente il contrario: è proprio quel gesto urticante, quella provocazione, a essere un lampo di luce nel nostro buio. Che mostra – in quegli istanti trascorsi a ricolorare con vernice lavabile il muro invalicabile dei muri – l’ottusa sordità di tutti i palazzi del potere, e dimostrare, vista l’isteria delle reazioni, quanto sia efficace imbrattare lo schermo del nostro vivere sociale, per farli reagire nella sostanza.

Quella vernice è un programma politico portatile. Semplice, semplificato. Ma che intanto indica la priorità più ovvia e più osteggiata dagli ingranaggi dell’economia, della politica e della ipocrisia mondiale, quella di difendere la vita nell’unico Pianeta disponibile che ci ospita. E dirci che l’intero sviluppo va ripensato, va armonizzato, prima che pietrifichi i calendari del mondo affinché le prossime generazioni non siano (per l’appunto) l’Ultima Generazione.

Trasformare quel gesto pacifico e insieme conturbante in una offesa di massima rilevanza penale è l’antica ricetta del “sopire e troncare”, del “sorvegliare e punire”, destinata alla dieta quotidiana delle molte maggioranze silenziose in cui ci siamo ridotti, tutti educati a vivere entro i binari concessi dalla benevolenza delle istituzioni, dal gioco ipnotico dei social, dal permanente altrove dei politici e della politica. Il messaggio è: lavorate, divertitevi, lasciate scorrere la vita così com’è e guai a chi sgarra.

Gli autoritari della Destra che quando si parla di società e cultura, estraggono dalla fondina l’immancabile Marinetti, avranno di che grattarsi la testa ora che il gesto della vernice bussa alle loro meningi futuriste. E lo steso dovrà fare la Sinistra se mai vorrà salvarsi, insieme con il mondo dei ragazzini. Ci penserà appena dopo le primarie, si capisce, dopo il congresso. Magari un po’ prima dell’Apocalisse.

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scrive Ultima Generazione:

“Atto ingiustificabile.”

“Sì alle motivazioni, no ai modi.”

“Attivismo performativo.”

“Attivismo acchiappa click.”

Perché è ingiustificabile?

Per quale motivo imbrattare con della vernice lavabile uno dei palazzi del potere, uno dei simboli di un Paese che non fa altro che investire sul fossile giustificandosi via media tramite frasi accondiscendenti, sarebbe ingiustificabile?

È giustificabile allora siglare un “accordo d’emergenza” che finanzia le industrie del fossile per una durata di 20 anni? Ed è giustificabile scrivere articoli su testate estremamente seguite e demonizzare chi è arrivato alla disperazione pur di tentare di farsi ascoltare?

Siamo noi gli acchiappa click o voi, che sfruttate timori di pancia, li giustificate con motivazioni sterili e non fate nulla per schierarvi contro chi continua ad agire anche contro la vostra di vita?

Mi raccomando, ricordate di postare anche gli articoli con le immagini delle alluvioni, con scene di cagnolini che piangono i loro padroni rimasti intrappolati sotto colate di fango e detriti, e di mettere in prima pagina le immagini satellitari dell’Europa con i dati sulle temperature.

Agiamo, facciamo qualcosa. Gridiamo, ribelliamoci!

Siamo all’interno di una pentola piena d’acqua che sta arrivando sempre di più a bollore, e invece di fare qualcosa continuiamo ad ascoltare chi guadagna sul gas del fornello.

da qui

  

I mezzi e il fine. La disobbedienza civile tra le mani che imbrattano e l’allarme che lanciano - Pasquale Pugliese

 Note a margine dell’azione degli attivisti di Ultima generazione all’ingresso di Palazzo Madama

Prima premessa: la dichiarazione di Ultima Generazione, l’organizzazione che ha pittato l’ingresso di Palazzo Madama il 2 gennaio scorso è del tutto condivisibile tanto nelle motivazioni del gesto e quanto nella scelta di fondo della “disobbedienza civile nonviolenta”, dentro alla quale s’inquadra l’azione specifica: “Alla base del gesto, la disperazione che deriva dal susseguirsi di statistiche e dati sempre più allarmanti sul collasso eco-climatico, ormai già iniziato, e il disinteresse del mondo politico di fronte a quello che si prospetta come il più grande genocidio della storia dell’umanità.” Sulla loro pagina web il comunicato continua con la dichiarazione di un’attivista: “Ho scelto e continuerò a scegliere di compiere azioni di disobbedienza civile nonviolenta perché sono disperata. Ovunque guardi vedo dissociazione, negazione, alienazione rispetto alla crisi climatica. (…) Non possiamo illuderci che fare la raccolta differenziata e partecipare a cortei organizzati sia sufficiente. È, di conseguenza, proprio al governo e alle istituzioni che rivolgiamo la nostra rabbia di protesta…”.

Seconda premessa: la “disobbedienza civile nonviolenta” alla quale fa esplicitamente riferimento il movimento ha una lunga e importante storia nelle democrazie occidentali di avanzamento dei diritti e dei metodi di lotta. Basti pensare, per esempio, alla teoria ed alla pratica di Henry David Thoureau, Hannah Arendt, Martin Luther King, Gene Sharp, Judith Butler in area statunitense; a Danilo Dolci, Aldo Capitini, Pietro Pinna, Marco Pannella, per citare i più noti, in area italiana. “La disobbedienza civile insorge” – scrive Hannah Arendt nel saggio La disobbedienza civile, con parole tanto chiare quanto definitive – “quando un numero significativo di cittadini si convince che i canali consueti del cambiamento non funzionano più, che non viene dato ascolto né seguito alle loro rimostranze” oppure che il governo sia “ormai avviato verso una condotta dubbia in termini di costituzionalità e legalità. (…) In altre parole la disobbedienza civile può essere posta a servizio di un cambiamento auspicabile e necessario o di un altrettanto auspicabile mantenimento e ripristino dello status quo. (…) In nessuno dei due casi la disobbedienza civile può essere equiparata alla disobbedienza criminale”.

Date queste premesse, dal mio punto di vista, non è in discussione se siano giuste le motivazioni delle loro azioni né se sia opportuna la scelta esplicita della disobbedienza civile come forma di lotta, che esclude l’uso della violenza, ma se le specifiche azioni realizzate, le tecniche adottate, siano funzionali o meno allo scopo da raggiungere. Il principio fondamentale della lotta nonviolenta – e quindi anche della disobbedienza civile che ne è una delle principali forme di azione collettiva – è la coerenza dei mezzi utilizzati con il fine da raggiungere (“il mezzo sta al fine come il seme sta all’albero” era la formula ripetuta da Gandhi). Una delle dinamiche strategiche è quella di essere comunicativa, ossia svolgere delle azioni capaci di suscitare simpatia nelle cosiddette “terze parti”, in coloro che assistono indifferenti, in specie attraverso i media, invece di coinvolgersi nella lotta in corso: la simpatia (= disposizione d’animo favorevole, sentimento istintivo di attrazione; affinità, sintonia) dell’opinione pubblica, affinché solidarizzi con il gruppo che conduce la lotta e contribuisca, con lo schierarsi dalla loro parte, al successo del movimento di protesta e proposta.

Ecco, temo che la troppa distanza tra i mezzi usati (prima della vernice lavabile sulla porta del Senato, la stessa sorte era stata riservata alle teche di famosi quadri di alcuni musei) e il fine da raggiungere – l’interesse e l’azione della politica e dell’opinione pubblica sulla crisi climatica (che è parte di una più ampia crisi sistemica globale) – e la specificità delle azioni, che attirano antipatia anziché simpatia, perché al limite dell’atto vandalico su beni pubblici (le opere d’arte, il Senato della Repubblica), siano contro-produttivi rispetto agli obbiettivi da realizzare. Credo che questo tipo di azioni – che portano l’attenzione di tutti sulle mani che imbrattano anziché sull’allarme che lanciano – danneggino l’obiettivo di sensibilizzare gli indifferenti e la politica sull’emergenza climatica, anziché supportarlo e fare pressione. Anzi forniscano al potere un alibi per indicare negli attivisti i nemici, anziché i difensori, del bene comune, criminalizzandoli. Come sta puntualmente avvenendo.

Non mi pare un caso che l’organizzazione britannica Extinction Rebellion – che fin dal 2018 aveva dato il via ad azioni di disobbedienza civile di massa, con occupazione dell’area intorno al parlamento di Londra, poi sviluppatesi in altri Paesi – proprio lo scorso 31 dicembre ha comunicato l’allontanamento dalle azioni di occupazione e interruzione dei pubblici servizi, come tattica primaria della disobbedienza civile che non ha dato i risultati sperati e ha visto, anzi, la criminalizzazione delle proteste, per procedere alla costruzione di ponti di comunicazione con tutti i cittadini, collegandosi agli altri movimenti che si battono per la giustizia sociale (e suggerirei anche per la pace, vista la stretta connessione di temi). Mi pare un segno di lungimiranza. Del resto, “la nonviolenza è affidata ad un metodo che è aperto e sperimentale” scriveva Aldo Capitini ne Le tecniche della nonviolenza: si tratta di sperimentare ancora, imparando dagli errori, come accade in ogni serio e necessario esperimento. Oggi più che mai.

da qui

 

Io, sorvegliato speciale - Leonardo Animali

 “Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. Non è un caso se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani” (Sergio Mattarella, 31.12.2022)

Martedì 10 gennaio, Simone Ficicchia, vent’anni, di Voghera, è convocato alle 10 in Tribunale a Milano. È un attivista di Ultima Generazione, e ha partecipato a diverse azioni di disobbedienza civile non violenta negli ultimi mesi (ma non a quella davanti al Senato del 2 gennaio). La Procura di Pavia, ha chiesto per lui un anno di sorveglianza speciale.

La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione regolata dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 e successive modifiche. Sia in Italia che in Europa si è più volte discusso della sua legittimità costituzionale e della conformità ai principi contenuti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in quanto può essere applicata anche solo sulla base di indizi e senza nessuna prova di commissione di illeciti. Consiste nell’obbligo di evitare che determinati soggetti, sospettati di avere contatti con la criminalità organizzata o, comunque, di essere frequentatori abituali di persone o ambienti dove si è soliti delinquere, abbiano contatti con altri pregiudicati oppure frequentino tali locali, nella presunzione che tale situazione possa ledere all’ordine pubblico.

 

Il 3 gennaio, Simone era Roma, invitato a intervenire alla trasmissione Agorà Extra di Rai Tre. Di buon mattino è stato prelevato dalle forze dell’ordine dall’albergo in cui dormiva, ed è stato forzosamente rimesso su un treno, per impedirgli così di poter partecipare al programma (ne ha dato subito notizia la stessa redazione televisiva). Un fatto, questo, che a chi ha qualche anno di più di Simone, riporta alla memoria l’Argentina di Jorge Videla.

Da molte parti, ed ancor più dopo l’azione di imbrattamento dell’ingresso del Senato della Repubblica del 2 gennaio, quello che si vorrebbe è una “punizione esemplare” per gli attivisti di Ultima Generazione (ma non solo loro), da poter essere brandita in maniera tale da scoraggiare e intimidire tutti gli altri. Un clima e un metodo, che ci riportano molto indietro nella Storia, al tempo della dinastia Han, che governò la Cina tra il 206 a.C. ed il 220 d.C.: “Unum castigabis, centum emendabis” (Ne castigherai uno, ne correggerai cento).

Un metodo che, in epoca Contemporanea, ha poco a che vedere con le democrazie. Lo praticò la Cina di Mao Tse-tung, e oggi l’attuale teocrazia iraniana (lo scorso 23 dicembre Majidreza Rahnavard, ventitré anni, reo di aver partecipato a un blocco stradale per protestare contro il governo, è stato impiccato dopo un “processo lampo”, giudicato colpevole di “aver dichiarato guerra a Dio”).

“Castigarne uno”, in questa stagione italiana, è la manifestazione, ancor prima che di un istinto repressivo e autoritario, di un modo sbrigativo per aggirare di fronte all’opinione pubblica, la propria incapacità a governare, o meglio per occultare la vera intenzione di non voler far niente per impedire che la catastrofe climatica, che sta già colpendo il nostro Paese (nel 2022, 29 morti per frane e alluvioni e oltre 2.300 morti dovuti alle ondate di calore ₁), possa essere, se non fermata, quantomeno rallentata o mitigata.

In questi giorni che precedono l’udienza del Tribunale di Milano, abbiamo intervistato Simone, che ringraziamo per la disponibilità.

Parlami di te. C’è chi dice che sei un pericoloso eversore, il capo di un’organizzazione capace di destabilizzare lo Stato, uno “stipendiato” da qualche lobby internazionale. Quando “ti va bene”, un ambientalista estremista e sentimentale. Ma in realtà chi è Simone Ficicchia?

Magari fossi tutto questo… La prima risposta che mi viene dal cuore è che sono un musicista. La passione per la musica è profonda, dura da quando sono nato, e mi ha portato a studiare per diversi anni chitarra e sax, quest’ultimo anche come studente del Conservatorio di Padova, che ho cominciato a frequentare dopo la maturità con 100 e lode al liceo musicale di Pavia. In seconda battuta, un aspirante studioso di materie umanistiche, iscritto al corso di Storia dell’Università di Padova.

“Un ragazzo, sì, molto politicizzato e attivo in associazioni e movimenti, eppure tranquillo, assennato, estremamente rispettoso delle regole e delle persone”, questi sono i commenti che immagino essere stati pronunciati dalle persone che mi conoscono e, sbigottite, mi hanno visto per la prima volta sbombolettare il muro di un ministero o incollarmi al vetro protettivo di un quadro. Cosa spiega la mia adesione alle richieste e ai metodi di Ultima Generazione? Un cambiamento repentino della personalità? Un momento di sfogo dopo anni di repressione? Per me no. Io vedo la mia coerenza nell’agire in tutti i modi che posso mettere in pratica per garantirmi un futuro: se prima non ero consapevole, o lo ero troppo parzialmente, rispetto al collasso ecoclimatico, una volta che una domenica sera del dicembre 2021 un gruppetto di ragazzǝ sconclusionatǝ in una presentazione online della campagna mi ha messo di fronte all’evidenza non ho più trovato scuse per agire, a costo di mettere “in pausa” le mie altre passioni, senza mai davvero lasciarle, e alcune relazioni interpersonali. Si tratta solo di agire proporzionatamente alla situazione.

Perché un ragazzo di vent’anni che, come direbbe un adulto, “ha tutta la vita davanti”, si mette in gioco per chiedere giustizia climatica, fino al punto di veder compromesso gravemente il proprio futuro dai possibili risvolti giudiziari?

Il Manifesto del Partito Comunista è uno dei primi libri che ho letto da piccolo: occupava un posto d’onore nella libreria dei miei. Marx invitando i proletari di tutto il mondo a unirsi dice che non abbiamo nulla da perdere fuorché le nostre catene. Ritengo che questo possa bastare per trovare le ragioni che ci spingano a ribellarci a un governo criminale, salvo aggiungere che Marx non era stato messo di fronte all’evidenza scientifica di essere in un momento storico in cui l’umanità si trova a dover affrontare la più grande catastrofe con cui la vita abbia mai avuto a che fare e che, dunque, da perdere non abbiamo solo delle catene “di classe” ma anche un avvenire di fame, guerre, violenze, stupri e morte diffusa causati dalla miopia degli investimenti in combustibili fossili. Infine, non ci sentiamo enormemente privilegiati a farci questa domanda? Non vediamo succedere a decine ogni giorno in giro per il mondo arresti arbitrari, esecuzioni sommarie, omicidi politici, insabbiamenti, persecuzioni nei confronti di chi lotta per la libertà di regimi ben più autoritari, per ora, di quello in cui viviamo? Ai movimenti nonviolenti che c’erano un tempo in Occidente e che c’erano e ci sono nel Sud del Mondo devo la mia umiltà e la mia scelta, che non considero un sacrificio.

Cosa diresti a un adulto, che magari ha una spiccata sensibilità democratica, ed è impegnato in qualche associazione per l’ambiente, ma che ritiene che quello che fa Ultima Generazione, ma vale anche per altri come Friday For Future, sia addirittura controproducente alla causa dei movimenti ambientalisti?

La base comune dev’essere la verità, ovvero che stiamo andando verso un aumento medio della temperatura globale di 2°C con la conseguenza, per farla breve, saltando i punti di non ritorno, il collasso degli ecosistemi, l’estinzione delle specie non umane, le migrazioni climatiche…, di centinaia di milioni fra morti e sfollati che si porterà dietro, e fuori da questi dati difficilmente ci può essere dialogo. Posto questo, non crediamo certo di avere la soluzione in tasca: il punto è che non ci sono tattiche in sé giuste o sbagliate, ma coalizioni che funzionano, che portano il giusto equilibrio fra radicalità e partecipazione, fra disturbo e rispetto. Se noi abbiamo portato quel fianco radicale e nonviolento che ci sembrava in Italia mancasse, non ci aspettiamo che chiunque appoggi le nostre azioni e non permettiamo che l’inseguimento spasmodico del consenso, strada politica che ha portato i partiti, specie di sinistra, alla rovina, freni la nostra presenza sul dibattito pubblico, il quale comunque si è spostato in positivo da quando sono avvenuti i primi blocchi di tangenziali. Quello che stiamo facendo è coagulare persone dietro alle nostre richieste precise, circoscritte, assennate, in linea con gli accordi internazionali sul clima. D’altronde Martin Luther King non vinse le sue battaglie chiedendo da un giorno con l’altro la fine delle segregazione razziale, bensì accrescendo il movimento con il susseguirsi di piccole vittorie… Anche se non tutte queste persone utilizzeranno identici metodi di lotta, pur sempre mantenendo ferma una disciplina nonviolenta. Per inciso, le richieste per il governo sono di fermare la riapertura delle centrali a carbone e rispettarne la chiusura totale già fissata per il 2025; vietare ogni nuova estrazione di gas fossile su territorio italiano; sbloccare almeno 20 GW di rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico.

L’appello che faccio è a uscire dalla propria zona di comfort, dal mito della sensibilizzazione che cambia il mondo, e accettare che il disturbo e il conflitto orizzontale sono i più grandi motori di cambiamento sociale: detto questo, ogni “questo non è il modo giusto” è ben accetto, purché seguito da un “io, in prima persona, sono dispostǝ a fare questo…”; altrimenti non c’è costruzione condivisa di un bel niente.

L’esperienza di Ultima Generazione, al di là della sua specificità di impegno, rimette al centro, drammaticamente, una questione più generale di questo tempo, una sorta di riproposizione contemporanea del mito antico di Re Kronos; ovvero un mondo adulto, che per timore di essere spodestato, ma fondamentalmente per paura della morte, “divora” i propri figli. Tu quali pensi siano le ragioni?

Non saprei rispondere se non indicando questa tendenza come strutturale del sistema in cui viviamo, basato sulla rapina ad altri esseri umani e agli ecosistemi; in particolare la sua efficacia credo si basi sul disconnettere completamente la parte emotiva di ognunǝ di noi dalla dimensione comunitaria. Parcellizzatǝ e svuotatǝ abbiamo spezzato la continuità fra le generazioni passate e quelle future già da tempo: una delle prime domande che ci si pone abbracciando la disobbedienza civile nonviolenta è proprio se si debba la nostra lealtà a governi e aziende criminali o, piuttosto, ai sacrifici compiuti da migliaia di generazioni passate per permettere il prosperare delle generazioni future. È, in sostanza, amore per la vita che sconfigge il meccanismo di Kronos.

C’è, tuttavia, un altro elemento che in parte smonta questa visione: vero che siamo “l’ultima generazione che può cambiare le cose”, ma abbiamo dai sedici ai sessantaquattro anni. Diversamente da altre realtà, siamo assolutamente intergenerazionali e credo che contribuiamo a sfatare il mito di un mondo adulto che condanna alla fame i suoi figli per avidità. Di nuovo, trovo più corretto parlare di una politica mostruosamente corrotta e di una macchina dagli ingranaggi mortiferi che ci stanno togliendo il futuro: indipendentemente dalla propria età anagrafica, si può decidere se usare il proprio corpo per fermarla o restare passivǝ a guardare.

Che cos’è per Simone Ficicchia, vent’anni, l’Antifascismo nel 2023?

Nel 2023 per me l’Antifascismo è lettera morta se non si occupa primariamente della sopravvivenza della specie umana. Per un motivo molto semplice: in questo momento storico il rischio di derive autoritarie in tutto il mondo vede nell’aumento dei prezzi, nell’aumento degli eventi climatici estremi, nella fame le sue potenziali cause principali. La cosa più fascista che vedo fare è voltare le spalle a questa situazione o derubricarla ad “ambientalismo”. Con la consapevolezza che, sì, l’obiettivo è il sovvertimento sia del singolo governo fascista sia delle strutture socio-economiche che l’hanno portato alla ribalta, ma che i risultati arrivano quando si cerca il dialogo e con il conflitto nonviolento si fa uscire il proprio opponente allo scoperto (vedi l’azione al Senato del 2/01, che ha suscitato reazioni indignate da ogni parte nella politica pro-sistema, e l’ha esposta a una sempre più crescente critica da diversi fianchi per il fatto di reprimere il singolo episodio “vandalico”, ma non trattare il tema della transizione ecologica), piuttosto che tuonando con distinguo e accuse reciproche dalla pagine di giornali e blog.

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scrive Francesco Sylos Labini

Leggo commenti paternalisti all’azione dei @UltimaGenerazi1 del tipo “avete ragione ma non si fa così”. La cosa davvero patetica è che a farli sono politici PD, Azione e cianfrusaglie varie (e non parliamo dei giornalisti che come al solito dovrebbero fare un altro mestiere). Allora ricordiamo: sì certo non hanno solo ragione ma ragionissima. Quello che hanno fatto non è ancora un vero conflitto sociale, che se si continua così verrà sicuramente, ma una azione dimostrativa in cui hanno usato una vernice lavabile senza arrecare alcun danno.

Quando avevo vent’anni la situazione era una filo diversa, come le cariatidi/macchiette che ancora girano senza vergogna ex68ine exOP exAutOp exLC dovrebbero ben ricordare. E invece che fanno oggi: scrivono tutti su un quotidiano negazionista del cambiamento climatico.

Che dunque è un quotidiano negazionista della scienza perché ricordiamo che nella scienza non c’è un dibattito tra chi pensa che ci sia o meno in atto un cambiamento climatico. C’è invece chi ha studiato e sa e chi non ha studiato, è stupido o è corrotto.

Sì amici de @ilfoglio_it è esattamente così. E cosa devono pensare i ragazzi di @UltimaGenerazi1 quando vendono che il dibattito politico si svolge proprio su @ilfoglio_it ? @EnricoLetta & co discutono di politica lì sopra. Possono prendere seriamente qualsiasi cosa dicono su il cambiamento climatico? Possono essere considerati interlocutori?

NO. E dunque a chiunque osservi la situazione, a chiunque ha vissuto a Roma lo scorso luglio con 45 gradi e un cielo color orzata o ha dato una occhiata alle webcam sull’ Appennino, o al livello del Lago di Bracciano ecc ecc, la conclusione è chiara. Queste sono solo le prime avvisaglie di un conflitto che sta montando. Continuate pure a scrivere idiozie paternaliste magari su @ilfoglio_it: Andrete molto lontano, non c’è proprio dubbio.

da qui

 

non resurrezione, solo punizione – Enrico Euli

Le istituzioni politiche -assoggettate alle pressioni economiche- stanno proseguendo a distruggere l'equilibrio del pianeta, a determinare condizioni di continua emergenza e -in prospettiva- di sempre più probabile estinzione per le prossime generazioni.

Non a caso, gli attivisti che lottano contro questo corso degli eventi, si sono denominati 'Ultima generazione' ed 'Extinction rebellion'. Entrambi nomi molto appropriati al momento.

Nei giorni scorsi hanno macchiato di rosso le sacre mura del Senato.

A partire da febbraio saranno processati.

Il loro atto è stato giudicato 'violento' da quasi tutti i partiti e giornali, che hanno iniziato a stracciarsi le vesti, scandalizzati per l'affronto subito da quattro giovinastri scapestrati.

Escluso, se ho visto bene, Stefano Feltri che, su 'Domani', ha scritto finalmente un editoriale chiaro e controcorrente: https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/clima-hanno-ragione-gli-attivisti-che-imbrattano-il-senato-eyazab7x

In esso si evidenzia come e dove risieda la violenza: non nelle macchie rosse sui muri, ma all'interno di quelle stesse mura.

La violenza è perpetrata infatti, seppur legalmente e nobilmente, proprio in quelle aule, in quelle stanze, in quegli uffici, e non fuori di essi.

Un muro si può riparare e smacchiare, non uccide nessuno e il gesto di rottura ha un effetto puramente simbolico. Ma va punito.

L'inquinamento del pianeta è irreversibile, porta allo sterminio dei viventi, ha effetti concreti e visibili già oggi su tutti noi.

Ma è deciso, agito, gestito da decisori invisibili, impunibili, intoccabili.

Ecco perché gli attivisti saranno processati e magari condannati proprio per volontà di coloro che -anonimamente ma spietatamente- stanno coscientemente distruggendo la terra su cui essi stessi vivono per seguire meri interessi economici a breve termine.

Ammantati dagli ermellini, trincerati negli augusti scranni, avvolti da retorici asserti, proseguiranno a giudicare colpevoli gli altri per smacchiare le loro omissioni, le loro omertà, le loro collusioni, i loro crimini.

Nechljudov fu colpito con straordinaria chiarezza dall'idea che tutte quelle persone erano state prese e incarcerate o deportate non perché avessero violato la giustizia o avessero commesso azioni illegali, ma solo perché impedivano ai funzionari e ai ricchi di godersi indisturbati le ricchezze che traevano dal popolo...

Questa spiegazione di tutto ciò che accadeva gli sembrava molto semplice e chiara, ma proprio questa semplicità e chiarezza facevano sì che Nechljudov esitasse nell'ammetterla.

Non era infatti possibile che un fenomeno così complesso avesse una spiegazione così semplice e terribile, non era possibile che tutte quelle parole sulla giustizia, il bene, la legge, la fede, Dio, ecc., fossero soltanto parole e nascondessero la più volgare cupidigia e crudeltà.

(Lev Tolstoj, Resurrezione, 1898)

da qui

 

 

Un po’ di vernice, lavabile

La circostanza della scarcerazione dopo una sola notte dei tre attivisti di “Ultima Generazione” che avevano lanciato la vernice sul palazzo del Senato non elimina la vergogna assoluta degli arresti ai quali erano stati sottoposti.

Una misura cautelare come minimo spropositata insieme allo stesso capo di imputazione, danneggiamento aggravato, quando bastava contestare il reato di imbrattamento previsto appositamente per casi simili.

Davide NesiAlessandro Sulis e Laura Pacini sono tornati in libertà per decisione di un giudice monocratico mentre il pubblico ministero aveva chiesto l’obbligo di dimora. La causa per la discussione è stata rinviata al prossimo 12 maggio.

Insomma, è stato fatto un altro chiarissimo passo verso una compiuta repubblica penale arrestando attivisti di un movimento che dice di seguire una disciplina rigorosamente non violenta. «Durante l’imbrattamento il Senato era vuoto, non volevamo colpire il Presidente come accusa Ignazio La Russa», L’azione di Ultima Generazione «è stata come sempre pacifica e non violenta, non avrebbe mai potuto né voluto arrecare danno alle persone. Il semplice imbrattamento è considerato punibile dal codice penale con un reato specifico. Gli attivisti però, nonostante la chiarezza della previsione di legge e nonostante siano rimasti sul posto in attesa dell’intervento delle forze dell’ordine nel pieno rispetto dei principi della non violenza, sono stati trattenuti e verranno processati per direttissima con l’accusa ben più grave di reato di danneggiamento». «Siamo di fronte all’ennesimo abuso» per «intimorire e criminalizzare chi sta cercando di portare l’attenzione sul vero crimine che questo governo sta commettendo forte dell’appoggio di una classe politica corrotta e di parte dei media» dicono in un comunicato gli attivisti.

Ignazio La Russa l’aveva messa giù dura convocando il consiglio del Senato, chiamando al telefono il ministro dell’Interno Piantedosi al fine di organizzare misure preventive come se Palazzo Madama si trovasse sotto chissà quale attacco.

A contribuire a creare l’ennesima inesistente emergenza anche gli investigatori della Questura di Pavia che hanno chiesto la Sorveglianza speciale per Simone Ficicchia, 20 anni, protagonista di una serie di azioni tra le quali il lancio di vernice sull’ingresso del teatro Alla Scala il 7 dicembre scorso.

Gli investigatori mettono nero su bianco che Ultima Generazione è «un movimento oltranzista che riesca a far fronte sembra anche alle spese di sostentamento dei suoi componenti».

 

Sulla richiesta di sorveglianza speciale dovrà decidere il Tribunale di Milano in una udienza fissata per il prossimo 10 gennaio. Simone Ficicchia viene descritto come «un elemento di punta di tale organizzazione risultando sempre in prima linea nelle azioni delittuose perpetrate da tale associazione». Ficicchia, ripetiamo 20 anni, è in pratica accusato anche di non lavorare e di essere “mantenuto dall’organizzazione”.

La logica della risposta da parte dei poteri sembra la stessa che ha portato per fronteggiare i quattro o cinque rave all’anno che si organizzano in Italia a una sorta di legislazione speciale.

I toni e il linguaggio usati forse ancora più degli arresti e delle misure di sorveglianza dimostrano che siamo dì fronte a una evidente strumentalizzazione che si coglie anche senza avere simpatie per Ultima Generazione che non sembra puntare all’insurrezione armata.

Frank Cimini da il Riformista

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“Atto ingiustificabile.” “Sì alle motivazioni, no ai modi.” “Attivismo performativo.” “Attivismo acchiappa click.” Questa la ridda di voci di giornalisti e politici a commento dell’azione di Ultima Generazione in Senato.

Perché è ingiustificabile? – scrivono sui social i militanti di UG – Per quale motivo imbrattare con della vernice lavabile uno dei palazzi del potere, uno dei simboli di un Paese che non fa altro che investire sul fossile giustificandosi via media tramite frasi accondiscendenti, sarebbe ingiustificabile? È giustificabile allora siglare un “accordo d’emergenza” che finanzia le industrie del fossile per una durata di 20 anni? Ed è giustificabile scrivere articoli su testate estremamente seguite e demonizzare chi è arrivato alla disperazione pur di tentare di farsi ascoltare?
Siamo noi gli acchiappa click o voi, che sfruttate timori di pancia, li giustificate con motivazioni sterili e non fate nulla per schierarvi contro chi continua ad agire anche contro la vostra di vita? Mi raccomando, ricordate di postare anche gli articoli con le immagini delle alluvioni, con scene di cagnolini che piangono i loro padroni rimasti intrappolati sotto colate di fango e detriti, e di mettere in prima pagina le immagini satellitari dell’Europa con i dati sulle temperature. Agiamo, facciamo qualcosa. Gridiamo, ribelliamoci! Siamo all’interno di una pentola piena d’acqua che sta arrivando sempre di più a bollore, e invece di fare qualcosa continuiamo ad ascoltare chi guadagna sul gas del fornello.

Ascoltiamo il loro messaggio Ascolta o scarica

Al Governo Ultima Generazione chiede lo stop alle trivellazioni di gas naturale e alla riattivazione delle centrali a carbone, l’attivazione immediata di 20GW di energie rinnovabili, fra eolico e solare, creando così nuovi posti di lavoro per chi opera nell’industria fossile.

In una nota Rise Up 4 Climate Justice dichiara «ci chiediamo se chi invoca delle pene esemplari per un imbrattamento con della vernice lavabile abbia anche il coraggio di denunciare i finanziamenti fossili, le garanzie assicurative, le facilitatazioni legislative di cui si sta macchiando questo Governo. La quasi totalità dei parlamentari si è detta indignata rispetto al gesto, ma la differenza è che la vernice si lava via, il cambiamento climatico no. Ancora una volta “lo stolto” indica i muri imbrattati del Senato, simbolo istituzionale che continua a fregarsene del collasso che ci troviamo davanti, ne sono un esempio il caldo torrido dell’ultima estate che continua imperterrito, l’alluvione di Ancona, le frane di Ischia giusto per citare qualche esempio».

E continua «ancora una volta si rende evidente quanto la classe politica tutta (e parte dell’opinione pubblica) abbia un problema con l’accettazione del dissenso e della protesta. Ancora una volta ci si concentra sulle modalità di azione e non sul merito della vicenda.

Di fronte alla crisi climatica in atto, continuiamo a rimanere il sesto Paese al mondo per finanziamenti fossili. Stiamo trasformando l’Italia nel hub europeo del gas, investendo pesantemente nella rigassificazione di gas liquefatto, finanziando progetti di estrazione nel Sud Globale. Riapriamo le centrali a carbone. Quando i responsabili della nostra rovina verranno processati? Quando si reputerà criminale questa condotta anziché il dissenso politico?».

Sentiamo Andrea Berta di Rise Up 4 Climate Justice Ascolta o scarica

da Radio Onda d’Urto

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