Nell’inverno del 2010, seguendo l’esempio delle “10 regole per scrivere” pubblicate sul New York Times circa un decennio prima, il quotidiano britannico The Guardian chiese ad alcuni dei principali scrittori odierni di proporre i loro “comandamenti” di scrittura. Il romanziere e fumettista, autore di Sandman, Neil Gaiman, ne stilò otto:
1. Scrivete.
2. Mettete una parola dopo l’altra.
Trovate la parola giusta e buttatela giù.
3. Finite ciò che state scrivendo.
Qualunque cosa abbiate da fare, finitelo, finitelo.
4. Mettetelo da parte. Rileggetelo
fingendo di non averlo mai letto prima. Mostratelo ad amici dei quali
rispettate l’opinione e a cui piace il genere a cui appartiene quel testo.
5. Ricordate: quando qualcuno vi dice
che c’è qualcosa di sbagliato o che qualcosa secondo lui non funziona, di
solito ha ragione. Quando vi dicono nello specifico cosa non va e come
correggerlo, si sbagliano quasi sempre.
6. Correggetelo. Ricordate che, prima o
poi, prima di raggiungere la perfezione, dovrete accettarlo com’è, andare
avanti e passare a scrivere un’altra cosa. La perfezione è un po’ come rincorre
l’orizzonte. Mai fermarsi.
7. Ridete alle vostre battute.
8. La regola principale della scrittura
è che se lo si fa con abbastanza sicurezza e fiducia in se stessi, si può fare
qualunque cosa si voglia (potrebbe anche essere una regola di vita, oltre che
di scrittura. Ma per la scrittura è sicuramente vera). Dunque, scrivete la
vostra storia come ha bisogno di essere scritta. Scrivetela con onestà e raccontatela
al meglio delle vostre possibilità. Non sono sicuro che ci siano altre regole.
Almeno non regole importanti.
Neil Gaiman: “Vi spiego perché il nostro futuro dipende
dalla lettura e dalla fantasia” - Donato
Sambugaro
Il 14 ottobre 2013 la Reading Agency, un’agenzia no profit del Regno Unito che si
occupa di promuovere la lettura e l’alfabetizzazione, ha invitato lo scrittore Neil
Gaiman – tra le altre cose sceneggiatore del fumetto cult Sandman e
autore del romanzo American Gods – a
tenere una lectio magistralis sull’importanza delle
biblioteche, della lettura e dell’immaginazione, in particolare per giovani e
bambini. L’intervento, che si è tenuto nella sede londinese dell’istituzione, è
stato poi ripreso da molti giornali e in particolare da un lungo articolo del Guardian.
«Voglio dirvi
perché leggere narrativa, e leggere per il proprio piacere, è una delle cose
più importanti che una persona può fare. E voglio fare un appello cosicché le
persone capiscano cosa sono le biblioteche e i bibliotecari, e perché entrambe
queste cose vanno difese».
Gaiman ha parlato alternando
all’autoironia toni più seri e impegnati: «Io sono di parte: sono un autore e
per trent’anni mi sono guadagnato da vivere con le parole. Quindi sono di parte
come scrittore, ma lo sono ancora di più come lettore. E per questo sono qui a
parlare stasera, sotto l’egida di un ente [la Reading Agency appunto] che
sostiene programmi di alfabetizzazione e incoraggia la lettura. Perché tutto
cambia quando leggiamo, e io voglio parlare di questo cambiamento e dell’atto
della lettura».
Lo scrittore si è fatto ancora più
serio nel toccare il tema della correlazione tra la lettura (e quindi
l’alfabetizzazione) e la crescita della popolazione di un Paese, portando come
esempio la correlazione tra la scolarizzazione e il livello di criminalità
presente in una società. Negli Stati Uniti – ha detto – paese in cui è in
grande crescita il settore della costruzione di prigioni “private”, il criterio
con cui viene stimato il numero futuro dei carcerati viene semplicemente
calcolato partendo dalla percentuale di giovani (10 e 11 anni) che dichiarano
di non saper leggere.
Proseguendo nel suo ragionamento,
Gaiman ha parlato a lungo del tema che evidentemente gli stava più a cuore,
cioè del peso e dell’importanza della lettura durante l’infanzia:
«La narrativa è
la droga che fa da porta d’ingresso alla lettura. Non penso che esistano una
cosa come “un cattivo libro per bambini”: è una fesseria, è snobismo, ed è una
stupidaggine. Non scoraggiate i bambini dal leggere solo perché pensate che
stanno leggendo la cosa sbagliata. Quella narrativa che a voi non piace sarà la
strada per arrivare ad altri libri che potreste preferire. E non tutti hanno il
vostro stesso gusto».
Neil Gaiman ha proseguito sulla
stessa linea, parlando dei più piccoli ma rivolgendosi agli adulti
«benintenzionati, che possono facilmente distruggere l’amore di un bambino per
la lettura, dandogli libri “utili ma monotoni”». Ha sottolineato che grazie
alla lettura si costruisce nell’individuo l’empatia con il mondo circostante: leggendo
si impara che «io sono anche qualcun altro, sono ogni altra persona, e quando
si ritorna nel proprio mondo ci si ritrova impercettibilmente cambiati.
L’empatia è lo strumento per trasformare le persone in gruppi, per permetterci
di funzionare in maniera migliore che semplicemente come individui ossessionati
da sé stessi».
Ancora una volta Gaiman ricorre a
un episodio personale per introdurre un concetto più generale:
«Ero in Cina nel
2007, alla prima convention assoluta sulla fantascienza e il fantasy approvata
dal Partito nella sua storia. Ad un certo punto ho preso da parte un
funzionario e gli ho chiesto “Perché? La fantascienza è stata ufficialmente
messa all’indice per tanto tempo. Cosa è cambiato ora?”. E lui mi ha detto che
la risposta era era semplice: “I cinesi erano eccellenti nel replicare una cosa
se un’altra persona gli avesse portato il progetto. Ma non innovavano e non
inventavano. Non avevano immaginazione. Allora hanno mandato una delegazione
negli Stati Uniti, alla Apple, alla Microsoft, a Google, e hanno chiesto alle
persone lì, a quelle che progettavano il futuro. Così hanno scoperto che tutte
loro avevano letto fantascienza quando erano ragazzi».
L’esempio serve a Gaiman per
difendere ulteriormente l’importanza della narrativa, restituendo dignità alla
narrativa di “evasione”, contro il pensiero comune che vuole che l’unica
letteratura degna di essere letta (dagli adulti come dai bambini) è quella
mimetica, che rispecchia il peggio del mondo in cui il lettore vive. Al
contrario, solo la narrativa d’invenzione permette di trovare nuovi strumenti e
schemi mentali per migliorare il proprio luogo e il proprio tempo, perché
fantasticare di altri mondi immaginari sprona a cambiare il proprio. Per
spiegare meglio questo concetto usa una metafora:
«Se sei
intrappolato in una situazione impossibile, in un posto sgradevole, e qualcuno
ti offre una via di fuga temporanea, perché non dovresti prenderla? I libri
fanno questo: aprono una porta, mostrano la luce fuori. E più importante
ancora, durante la fuga i libri possono farti conoscere il mondo e la tua
stessa condizione, ti danno armi, ti danno un armatura, cose che puoi portarti
dietro quando devi tornare in prigione. Le abilità e la conoscenza sono
strumenti che puoi usare per fuggire davvero. Come diceva Tolkien, le uniche
persone che si arrabbiano per una fuga sono i carcerieri.»
Nella seconda parte del suo
intervento Gaiman ha parlato del ruolo dell’informazione e si è lanciato in
un’appassionata difesa delle biblioteche. Ha ricordato il piacere che provava
da bambino andando in biblioteca e l’importanza che i bravi bibliotecari hanno
avuto nella sua formazione. Ha sottolineato il fondamentale ruolo che ancora
oggi, nel ventunesimo secolo, svolgono le strutture deputate a stimolare la
curiosità intellettuale. Chiamando le biblioteche “i cancelli per il futuro” ha
inteso sottolineare la centralità di questo luogo nello spazio sociale di una
comunità. Siccome le biblioteche sono molto più che un insieme di scaffali, si
deve evitare che, nel tentativo di risparmiare qualche soldo, le autorità
locali possano essere tentate di chiuderle, perché questo significherebbe
«Rubare al futuro per pagare il presente».
Non meno importante è il ruolo che
svolgono oggi i bibliotecari, guide necessarie in un mondo dell’informazione
che è profondamente cambiato. Come Eric Schmidt di Google ha affermato tempo fa, ogni due giorni la razza umana crea una
massa di informazioni superiore a quanto fato dall’alba della nostra civiltà
fino al 2003. In questo contesto secondo Gaiman, in questa giungla o mare
sconfinato di informazioni, i bibliotecari diventano i timonieri che ci guidano
per trovare ciò di cui abbiamo veramente bisogno.
Le biblioteche e con esse tutti i
luoghi pubblici di cultura al servizio della comunità assolvono poi a un
compito altrettanto vitale: poiché sono luoghi pubblici, liberi e gratuiti,
costituiscono anche un accesso libero e gratuito a un computer e dunque a
internet. E in un mondo in cui anche la ricerca di un impiego o di una
prestazione lavorativa passa essenzialmente dalla rete questo è di fondamentale
importanza. A leggere le parole di Gaiman si comprende bene il trasporto con
cui lo scrittore vuole difendere il diritto all’emancipazione culturale e alla
libertà di acceso al sapere:
«Una biblioteca
è un luogo depositario di informazioni e dà a ogni cittadino pari diritto
d’accesso. E questo include informazioni sulla salute, o informazioni sulla
salute mentale. È uno spazio comunitario, un luogo sicuro, un rifugio dal
mondo. L’alfabetizzazione è oggi più importante che mai. Abbiamo bisogno di
cittadini globali, che possano leggere comodamente e comprendere ciò che stanno
leggendo, capire le sfumature e farsi capire».
L’ultima parte dell’intervento è
stata una vera e propria requisitoria su alcuni dei problemi sociali con cui il
Regno Unito deve confrontarsi e sul tipo d’impegno che ci si deve aspettare dai
cittadini e dagli intellettuali: per 14 volte la frase è cominciata con uno
sferzante “we have an obligation”, “abbiamo l’obbligo, la responsabilità”.
La radice del problema per Gaiman
sta nell’alfabetizzazione, se è vero quello che affermano studi internazionali:
i figli dei britannici sarebbero meno alfabetizzati della generazione dei
propri genitori, e quindi più fragili dal punto di vista della capacità di
autodeterminazione e di indipendenza culturale e sociale.
La soluzione proposta da Neil
Gaiman corrisponde a un impegno continuo e totale. Qui di seguito riportiamo
l’ultima parte del suo intervento e il suo decalogo (anche se i “comandamenti”
sono un po’ più di dieci):
I libri sono il
modo in cui comunichiamo con i morti, il modo da cui impariamo lezioni da
coloro che ci hanno preceduto. Io penso che abbiamo delle responsabilità verso
il futuro. Tutti noi – come lettori, come scrittori, come cittadini – abbiamo
degli obblighi. Ho pensato di elencarne alcuni qui.
Abbiamo
l’obbligo di leggere per piacere, in privato e in pubblico. Se leggiamo, o se
altri ci vedono leggere, impariamo, esercitiamo la nostra immaginazione.
Mostriamo che leggere è una cosa buona.
Abbiamo
l’obbligo di sostenere le biblioteche. Di usare le biblioteche, di incoraggiare
altri a farlo, di protestare per la chiusura delle biblioteche. Se le
biblioteche non vengono valorizzate, si silenziano le voci del passato e si
danneggia il futuro.
Abbiamo
l’obbligo di leggere ad alta voce per i nostri figli. Di leggergli cose che gli
piacciono. Di leggergli storie di cui noi ci siamo già stancati. Di fare le
voci, di renderle interessanti, di non smettere di leggere solo perché sanno
leggere da soli.
Abbiamo
l’obbligo di usare la lingua. Per metterci alla prova, per scoprire cosa le
parole significano e come utilizzarle per comunicare chiaramente. Non dobbiamo
provare a congelare il linguaggio, a farne una cosa morta e da riverire.
Dobbiamo usarlo come una cosa viva, che scorre, e permettere ai significati di
cambiare con il tempo.
Abbiamo un
obbligo noi scrittori, e soprattutto noi scrittori per bambini. L’obbligo di
scrivere cose vere, particolarmente quando creiamo storie di persone che non
esistono in luoghi immaginari: per far capire che la verità non è ciò che
accade ma ciò che ci dice qualcosa su ciò che siamo. Dopotutto, la narrativa è
una bugia per raccontare la verità. E mentre dobbiamo dire ai nostri lettori
cose vere, e dare loro armi e armature, e trasmettere quel poco di saggezza che
abbiamo guadagnato nella nostra breve esistenza, abbiamo l’obbligo di non fare
la predicare o la ramanzina, di non spingere giù a forza nella gola dei nostri
lettori bocconi premasticati di moralità, come fanno gli uccelli quando danno
le larve ai loro piccoli. E abbiamo l’obbligo di non scrivere mai per dei
bambini, mai e in nessuna circostanza, qualcosa che non vorremmo leggere noi
stessi.
Abbiamo
l’obbligo di capire che come scrittori per bambini il nostro lavoro è
importante, perché se facciamo male il nostro lavoro e scriviamo libri noiosi
che allontanano i bambini dalla lettura, abbiamo sminuito il nostro e il loro
futuro.
Abbiamo
l’obbligo – noi tutti, adulti e bambini, scrittori e lettori – di sognare a
occhi aperti. Abbiamo l’obbligo di immaginare. È facile far finta che nessuno
possa fare niente per cambiare il mondo, che la nostra società sia enorme e che
gli individui non contino nulla. Ma la verità è che gli individui possono
cambiare il loro mondo, gli individui danno forma al futuro e lo fanno
immaginando che le cose possono essere diverse.
Abbiamo
l’obbligo di rendere le cose belle. Non lasciare il mondo più brutto di quanto
lo abbiamo trovato, non svuotare gli oceani, non lasciare i nostri problemi
alle generazioni future. Abbiamo l’obbligo di pulire dopo il nostro passaggio,
e non lasciare ai nostri figli un mondo che in maniera miope abbiamo
incasinato, deprivato, menomato.
Abbiamo
l’obbligo di dire ai nostri politici cosa vogliamo, e di votare contro i
politici – di qualunque parte siano – che non capiscono il valore della lettura
nella creazione di cittadini consapevoli, e che non vogliono agire per
preservare la conoscenza e incoraggiare l’alfabetizzazione. Non è una questione
politica, è una questione di umanità.
Ad Albert
Einstein fu chiesto una volta come fosse possibile rendere i bambini più
intelligenti. La sua risposta fu semplice e genale: “Se volete che un bambino
sia intelligente leggetegli delle favole. Se volete che diventi più
intelligente, leggetegli più favole”. Aveva capito il valore della lettura e
dell’immaginazione. Spero che potremo dare ai nostri figli un mondo in cui
leggeranno, e saranno letti, e immagineranno, e capiranno».
Grazie per questo post, la cui lettura mi arriva al momento giusto. Buona domenica.
RispondiEliminadavvero un bell'ottalogo :)
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