301 voti
contrari e 120 a favore. La
Camera dei Deputati ha respinto le richieste rivolte al governo per bloccare la
vendita di armi a Paesi in guerra o responsabili di violazioni dei diritti
umani come peraltro disposto dalla legge 185/1990 e dal
Trattato internazionale sul commercio delle armi.
Ciò che premeva particolarmente era la richiesta di
sospensione di invio delle bombe fabbricate a Domusnovas (leggi anche Uno sporco lavoro e i suoi danni
collaterali) verso l’Arabia Saudita che le sta “utilizzando”
per bombardare lo Yemen. Il bilancio di quelle operazioni secondo vari organismi internazionali è
di oltre diecimila morti,
quarantamila feriti, due milioni di bambini in stato di malnutrizione e di una
dilagante epidemia di colera.
La carrellata degli interventi contrari (e vincenti)
ha del tragicomico. A cominciare dai deputati del Partito democratico, i cui colleghi del parlamento
europeo solo qualche giorno prima (13 settembre) avevano votato a favore di un
embargo di armi ai danni dell’Arabia Saudita da parte dei governi dell’Unione.
Ci sono poi stati quelli che hanno vantato il progetto di cooperazione
internazionale di dieci milioni di euro da parte dell’Italia per aiutare la popolazione
yemenita. Come dire che con una mano vi distruggiamo e con l’altra facciamo
finta di aiutarvi. E, infine, coloro che hanno provato a giustificare la
strategia militare dei sauditi con l’intento di arginare l’influenza iraniana
dilagante nella regione.
A tutti loro
andrebbe ricordato che, come hanno dichiarato autorevoli rappresentanti
tedeschi, quelle bombe vengono costruite
dall’azienda tedesca RWM in Italia perché secondo la loro legislazione non
sarebbe possibile esportarli verso un Paese in guerra. Per la verità anche da
noi. Solo che noi, in nome del dio denaro, diventiamo più disponibili. E
intanto in Yemen si muore.
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