Ma che ce ne frega dei trentanove poveracci morti
come bancali dentro il rimorchio troppo stretto nella zona industriale di
Grays, in periferia di Londra. Dai, su, non scherziamo, trentanove cadaveri su
un camion, tra cui anche un ragazzino colpevole di avere voluto rischiare come
dovrebbero fare solo gli adulti, sono la merce di un Occidente che ha investito
tutto sull’impermeabilizzazione dell’etica per
superare comodamente questa epoca difficile. In Inghilterra, poi, pensateci
bene. Morire da immigrato in Inghilterra è il modo migliore per farsi
risucchiare da una doppia distanza: dal paese d'origine, e da quello di arrivo.
È una sorta di condanna a essere poco interessante. I morti poco interessanti sono la
fortuna di chi fa politica contabilizzando le vittime.
Dai, davvero, che ce ne frega di bombardare gli stomaci deboli degli
elettori che ora sono tutti appallottolati per la disgrazia di dovere usare un
bancomat con una storia di immigrazione che non ha nemmeno il sale, le facce
cotte dal sole, nemmeno qualche segno di stupro e nemmeno la scomodità della
nausea in mezzo alle onde: certi
capolavori politici sono tutti nell’obbligare qualcuno a morire proprio male,
proprio con grande dolore, proprio con profondissimi e sanguinolenti segni
sulla pelle per meritarsi un dibattito.
Morire inscatolato è una morte che non soffia un fremito. Un incidente stradale
senza il botto. Poco appeal d'immagine fa una
notizia, certo, ma non fa davvero sensazione.
Eppure quel
camion è una sindone, ci metteremo anni a capirlo, è la sindone perfetta di
un’Europa che di fronte alle disperazioni tutte intorno è stata capace di trasformare i
propri pori in polistirolo e delegare le sofferenze e le privazioni solo alla
letteratura di genere di quei giornalisti che hanno deciso il filone del
buonismo per racimolare un po’ di carriera: se
non c’è un bambino, se non c’è una pagella cucita, se non c’è un cadavere di
una madre incollato al cadavere del figlio allora è tutto ordinaria
amministrazione, vittime collaterali di una politica del rigore che
vorrebbe stare sui numeri e invece, oibò, ogni tanto straripa sulle persone.
Ormai siamo riusciti perfino a costruire un grado di merito dei morti, una
meritocrazia delle vittima, una scala valoriale di come bisogna morire per
meritare un lutto che non si limiti alla carta bollata. Stupisce? Ma no, ma lo
abbiamo cominciato a fare con i vivi, ci siamo permessi di credere che ci siano
bisognosi più bisognosi, abbiamo
inventato i marchi “doc” per quelli che scappano dividendo i più pregiati (almeno
mutilati, stuprati, per forza orfani e con una guerra che gli si possa leggere
sulle braccia) da quelli che invece
ci fanno schifo e di cui non ci possiamo mica occupare (i migranti
economici, pensa che presuntuosi quelli che si spostano semplicemente per avere
una vita migliore senza nemmeno un lutto, pensa che odiosi vezzosi). E così
inevitabilmente siamo arrivati anche a classificare i morti. Naturale che
finisse così.
In fondo ci siamo tutti fissati sul Mediterraneo perché è un luogo facile
da raccontare, perfetto per essere rivenduto nei lacrimevoli editoriali: il
mare è un topos che hanno usato tutti i migliori letterati, immediato e
comprensibile, come il candelabro nelle storie poliziesche più banali. Nessuno però si permetta mai di dire o
di scrivere che il mare (o il camion nel caso di Grays) sono solo le condutture
di scarico di una fogna che sta molto più lontano, nessuno dica che i
luoghi che andrebbero descritti sono gli uteri violati in Libia o quelle
traversate tutte pece e sangue nel deserto per arrivare all’imbuto di Tripoli o
quelle camminate che attraversano la rotta balcanica per arrivare strisciando
in Europa. No, no, ci si fermi al mare o al camion,
che la nuova etica disinfettata di questo Occidente che era storicamente
elegante nei diritti e che è diventato cinicamente elegante solo nei modi non
vuole troppa tragedia. Compatiamoli, ma poco. E rimaniamo lì sul Mediterraneo
dove i vigliacchi sovranisti di casa nostra (e dell’Europa feroce, quelli di
Visegrad) hanno già pronte tutte le cartucce populiste per imporrare la loro
falsa narrazione. Pensa a un
sovranista che deve rispondere su dei corpi morti striscianti nel cassone di un
tir: non ha il vocabolario delle stupidità da poter sparare a palle incatenate.
Niente di niente.
Mi avevano insegnato, ero bambino superficiale come hanno il diritto di
essere solo i bambini, che ero nato in quella parte del mondo che reclamava la
propria superiorità perché aveva costruito benessere da condividere con tutti e
invece questa parte di mondo è diventato uno di quei condomini di plastica con
la verdura coltivata negli stipiti e con i putti intorno alla portineria, quei
condomini sempre chiusi alla gente che si può permettere di adorarli da
lontano. Sì, è vero. Dice l’Occidente,
siamo grandi nei diritti ma non c’è spazio mica per i diritti di tutti, eh.
Dicono così. E ci hanno quasi convinto. Così in fondo un camion che trasporta
morti che hanno pensato di potersi fidare di stare nascosti con il catenaccio
alla fine non è nient’altro che una consegna sbagliata di merce che è scaduta
per problemi di rotte, di bolle, di documenti e di strade. Dai, succede. Che ce
ne frega. In Inghilterra, poi. Ma vuoi vedere che adesso anche l’Inghilterra si
mette in testa di esportare storie di dolore? Ma non scherziamo, su.
da qui
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