di
Hussain Murtaza (*)
a
seguire una nota di Salvatore Palidda
Nell’era
della crisi climatica, la relazione tra distruzione dell’ambiente e distruzione
della vita umana, che Tagore1 ha stigmatizzato nei suoi
scritti, probabilmente è diventata la questione centrale della nostra
epoca. Questa distruzione è in marcia e anche delle personalità che hanno
consacrato la loro vita al successo del militarismo americano lo riconoscono.
Fra loro, l’ex-capo del Pentagono James Mattis, (il primo ex-generale diventato
segretario della Difesa dal 1950).
Il Pentagono e la sua ‘impronta’
Non è
affatto sorprendente che la più grande armata della storia del mondo sia anche
il più grande inquinatore del pianeta. Il progetto ‘Costs of War’
dell’Università Brown (“Costi della guerra”) lo conferma.
Le cifre parlano chiaro: con una vasta rete di basi e di logistiche, il
Dipartimento della Difesa (DOD) degli Stati-Uniti è uno dei più grossi emettori
di diossido di carbone al mondo. Se il Pentagono fosse un paese, sarebbe il 55°
più grande emettore di diossido di carbone al mondo. In effetti -si scrive nel
rapporto- il DOD è il più grande utilizzatore istituzionale di petrolio e
quindi, il più grande produttore di gas a effetto serra al mondo. La sua
principale attività che realizza il suo obiettivo, in caso di guerra, è
produttrice di emissioni di GES. (il suo scopo principale – la guerra – è
facilmente la sua attività ad alta intensità di carbonio/ its main purpose — warfare — is easily its most carbon-intensive
attivity). Dall’invasione dell’Afghanistan nel 2001,
l’armata americana ha emesso nell’atmosfera 1,2 miliardi di tonnellate di
carbone. A titolo di confronto, le emissioni di carbone del Regno-Unito sono
circa 360 milioni di tonnellate l’anno.
Tale fardello supplementare sul pianeta potrebbe eventualmente giustificarsi se tutto ciò fosse fatto in nome di interessi vitali per la sicurezza nazionale, ma le componenti più importanti dell’impronta carbone dell’armata americana sono state la guerra e le occupazioni quasi inutili. Prendiamo, per esempio, l’occupazione dell’Afghanistan…
A parte il fatto di emettere milioni di tonnellate di diossido di carbone durante la guerra, l’impronta dell’armata americana ha contribuito alla distruzione immediata dell’ambiente afghano. La deforestazione si è accelerata nel pieno caos della guerra e, col fuoco dei rifiuti e altri mezzi, le forze armate americane hanno emesso nell’atmosfera diversi inquinanti tossici che avrebbero provocato anche malattie fra i soldati reduci (come avvenuto anche con i soldati di altri paesi contaminati da uranio impoverito durante le “missioni militari” di guerra In Afghanistan, Iraq, Serbia, ecc.).
Le devastazioni causate dalla guerra in Iraq sull’ambiente sono state ancora peggiori. La guerra ha non solo portato a un aumento delle emissioni di diossido di carbone risultanti dall’attività militare degli Stati-Uniti, ma ha anche provocato un avvelenamento generalizzato dell’ambiente iracheno a causa dell’uso di munizioni tossiche (uranio impoverito) e alle stesse cosiddette fosse per bruciare sulle basi militari impiegate in Afghanistan.
Tale fardello supplementare sul pianeta potrebbe eventualmente giustificarsi se tutto ciò fosse fatto in nome di interessi vitali per la sicurezza nazionale, ma le componenti più importanti dell’impronta carbone dell’armata americana sono state la guerra e le occupazioni quasi inutili. Prendiamo, per esempio, l’occupazione dell’Afghanistan…
A parte il fatto di emettere milioni di tonnellate di diossido di carbone durante la guerra, l’impronta dell’armata americana ha contribuito alla distruzione immediata dell’ambiente afghano. La deforestazione si è accelerata nel pieno caos della guerra e, col fuoco dei rifiuti e altri mezzi, le forze armate americane hanno emesso nell’atmosfera diversi inquinanti tossici che avrebbero provocato anche malattie fra i soldati reduci (come avvenuto anche con i soldati di altri paesi contaminati da uranio impoverito durante le “missioni militari” di guerra In Afghanistan, Iraq, Serbia, ecc.).
Le devastazioni causate dalla guerra in Iraq sull’ambiente sono state ancora peggiori. La guerra ha non solo portato a un aumento delle emissioni di diossido di carbone risultanti dall’attività militare degli Stati-Uniti, ma ha anche provocato un avvelenamento generalizzato dell’ambiente iracheno a causa dell’uso di munizioni tossiche (uranio impoverito) e alle stesse cosiddette fosse per bruciare sulle basi militari impiegate in Afghanistan.
Il Medio-Oriente e le riserve petrolifere
Ironia
della storia, le emissioni di combustibili fossili sono il principale fattore
di deregolamentazione climatica. Durante decenni, la forte presenza militare
degli Stati Uniti in Medio Oriente è stata giustificata con la necessità di
preservare l’accesso alle riserve petrolifere della regione. L’estrazione
industriale di queste stesse riserve è stata uno dei principali fattori di
emissioni di diossido di carbone nel mondo. In altre parole si è ucciso,
distrutto, inquinato e contaminato alfine di garantire l’accesso a una risorsa
che è la principale responsabile della deregolamentazione climatica alla quale
assistiamo. Tale perfetta simmetria fra la guerra industriale e lo sfruttamento
industriale della Terra ha provocato l’emergenza alla quale siamo ora
confrontati.
I fenomeni di guerra senza fine (o permanente) e del cambiamento climatico hanno anche beneficiato di un’altra indulgenza: l’indifferenza del pubblico. Certo nel caso della guerra contro l’Iraq milioni di umani hanno manifestato per protestare contro l’invasione di questo Paese. Ma col passare del tempo i conflitti che si svolgono all’estero e i racconti di catastrofi ecologiche lontane sono solo un rumore di fondo. I fardelli della guerra pesano principalmente su altre zone lontane. Allo stesso modo le prime fasi della crisi climatica toccano per prima regioni (Brasile, Bangladesh, Maldive e Bahamas) al di fuori dell’impero americano… Tuttavia l’urgenza prima o poi arriva a colpire le coste occidentali dei Paesi ricchi. Nel marzo 2019, il livello di diossido di carbone atmosferico ha raggiunto il livello record di 415 particelle per milione (PPM). Per avere un’idea di ciò che significa, l’ultima volta che l’atmosfera aveva tale tasso di carbone è stato 800.000 anni fa!
I fenomeni di guerra senza fine (o permanente) e del cambiamento climatico hanno anche beneficiato di un’altra indulgenza: l’indifferenza del pubblico. Certo nel caso della guerra contro l’Iraq milioni di umani hanno manifestato per protestare contro l’invasione di questo Paese. Ma col passare del tempo i conflitti che si svolgono all’estero e i racconti di catastrofi ecologiche lontane sono solo un rumore di fondo. I fardelli della guerra pesano principalmente su altre zone lontane. Allo stesso modo le prime fasi della crisi climatica toccano per prima regioni (Brasile, Bangladesh, Maldive e Bahamas) al di fuori dell’impero americano… Tuttavia l’urgenza prima o poi arriva a colpire le coste occidentali dei Paesi ricchi. Nel marzo 2019, il livello di diossido di carbone atmosferico ha raggiunto il livello record di 415 particelle per milione (PPM). Per avere un’idea di ciò che significa, l’ultima volta che l’atmosfera aveva tale tasso di carbone è stato 800.000 anni fa!
Il Pentagono in prima linea
Il
Pentagono è paradossalmente uno dei rari attori a non negare ciò, dunque non
sguazza nello “scetticismo climatico” che si propaga in seno
all’Amministrazione americana (soprattutto con Trump). “Il solo dipartimento a
Washington che è chiaramente e completamente convinto dell’idea che il
cambiamento climatico è reale è il dipartimento della Difesa” ha dichiarato il
colonnello Lawrence Wilkerson, anziano capo di gabinetto del generale Colin
Powell. L’armata americana si prepara (in un modo
o nell’altro) a un avvenire oscuro d’instabilità politica, di penurie
alimentari, di conflitti legati alle risorse e a flussi massicci di rifugiati
causati dal clima. Riconoscendo che la sua dipendenza rispetto ai combustibili
fossili rappresenta una minaccia strategica, il Pentagono prende delle misure
per diversificare le sue fonti d’energia. Tuttavia tali sforzi, per quanto
siano limitati, sono stati contrastati dall’Amministrazione Trump. La U.S.
Navy ha recentemente affossato un gruppo di lavoro creato per
studiare gli effetti del cambiamento climatico, prevedere l’impatto
dell’innalzamento dei mari e della fonte delle calotte glaciali. Secondo
l’ammiraglio che ha diretto gli sforzi della Marina in materia di lotta contro
il cambiamento climatico sino al 2015, il gruppo di lavoro è stato soppresso
senza aver preso conto della portata delle conseguenze del cambiamento
climatico.
Murtaza Hussain, le 15 Septembre 15 2019 (estratti)
Murtaza Hussain, le 15 Septembre 15 2019 (estratti)
(*)
l’articolo di Hussain Murtaza è stato pubblicato il 15 settembre qui https://theintercept.com/2019/09/15/climate-change-us-military-war/ e in francese
qui https://www.athena21.org/securite-ecologique/dereglements-climatiques/291-urgence-climatique-les-forces-armees-us-en-ligne-de-mire nel sito belga
di Ben Cramer.
Rabindranath
Tagore (1861-1941), chiamato talvolta anche con il titolo di Gurudev, nome
anglicizzato di Rabíndranáth Thákhur, è stato un poeta, drammaturgo, scrittore
e filosofo bengalese. Wikipedia. Ha scritto sui
pericoli sia del militarismo, del razzismo e di uno sviluppo industriale capace
di disfigurare il mondo. Le sue allerte
sono state oltrepassate dalle conseguenze dell’industrializzazione della guerra
e dalla sofisticazione dei poteri di distruzione che hanno raggiunto le forze
militari e di polizia. È deceduto all’inizio della Seconda Guerra mondiale,
prima del suo epilogo nucleare.
UNA BREVE AGGIUNTA di SALVATORE PALIDDA
Tutte le potenze militari sono altrettanto responsabili del rischio di
catastrofe ambientale e ciò non riguarda solo le prime potenze nucleari: il
danno all’ambiente è dovuto anche alla radioattività delle bombe all’uranio
impoverito e non solo all’emissione di diossido di carbonio – vedi libro Resistenze ai disastri sanitari-ambientali ed economici nel
Mediterraneo: https://www.academia.edu/38196039/Estratto_di_Resistenze_ai_disastri_…_.pdf.
Resta anche da capire cosa ne è di quella che sembra essere la postura della “guerra climatica” pare elaborata da
soldati e geo-ingegneri, secondo i quali si può creare un dispositivo nello spazio
ispirato agli specchi di Archimede e che sarebbe in grado di colpire questo o
quell’altro posto del pianeta causando tsunami, uragani ecc: così si potrebbe
eliminare qualche miliardo di esseri umani… Questa posizione sembra essere
perseguita da persone che sono terrorizzate dallo “spettro” secondo il quale si
ha una sovrapposizione del cosiddetto aumento incontrollabile – secondo loro –
della popolazione mondiale e dei cambiamenti climatici che provocherebbe
migrazioni violente e devastanti nei Paesi ricchi … Da qui il fatto che i
dominanti sono terrorizzati e quindi pensano che l’unica soluzione sia
l’eliminazione di alcuni miliardi di esseri umani … vedi anche https://www.academia.edu/38384895/Aporie_demo-politiche_e_climatico-politiche_e_approdo_alla_tanatopolitica_.pdf.
Come è noto, questa tesi è stata avanzata da Rosalie Bertell (https://www.nogeoingegneria.com/timeline/personaggi/rosalie-bertell/)
e dai suoi discepoli, ma anche accreditata da chi lavora sull’aumento di
tsunami, uragani, terremoti ecc. e fra l’altro da Antonio Mazzeo che ha scritto
un importante libro sul MUOS in Sicilia (vedi https://www.peacelink.it/pace/a/36631.html; Il MUOStro di Niscemi. Per le guerre globali del XXI secolo,
2013).
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