(di Natalia
Marino)
Lo storico Barbero come valuta la Risoluzione adottata dal parlamento
europeo lo scorso 19 settembre, nell’anno in cui “si celebra l’80° dello
scoppio della seconda guerra mondiale”?
Prima di tutto segnalo una doppia
assurdità nella ricostruzione storica avallata all’Assemblea di Strasburgo. Il
documento “sottolinea” infatti che la seconda guerra mondiale “è iniziata come
conseguenza immediata del famigerato” patto Molotov-Ribbentrop, il trattato di
non aggressione siglato il 23 agosto 1939 da “Unione Sovietica comunista e la
Germania nazista” e, ancor più incredibilmente, che con quell’accordo i “due
regimi totalitari, che avevano in comune l’obiettivo di conquistare il mondo,
hanno diviso l’Europa in due zone d’influenza”. In questo passaggio c’è un
equivoco abnorme, peggio un falso, perché in realtà ciò venne deciso molti anni
dopo, negli ultimi mesi del conflitto, e non da Stalin e Hitler ma da Stalin
insieme a Churchill e Roosevelt nelle Conferenze di Yalta e di Postdam.
Perché la forzatura se non corrisponde ai fatti?
Leggendo la Risoluzione è palese sia stata
promossa dagli Stati dell’Europa centrale e orientale dove, dopo il 1945,
dominarono regimi dittatoriali sostenuti dall’Urss, e dunque l’intento era di
condanna. Bene inteso, non si può dar loro torto perché sono stati regimi
impopolari e oppressivi. Tuttavia attestare un interesse all’egemonia mondiale
da parte di Stalin è una fandonia totale. È storicamente assodato e risaputo
che, in quel 1939, il suo unico obiettivo era evitare a qualsiasi costo una
guerra all’Unione Sovietica.
Più volte la Risoluzione ribadisce che il patto indicato col cognome dei
due ministri degli Esteri di allora avrebbe invece la responsabilità di aver
“spianato la strada allo scoppio della seconda guerra mondiale”.
Stalin fa il patto con la Germania quando
sono falliti tutti i tentativi di stringere accordi con l’Inghilterra e con la
Francia, quando già Inghilterra e Francia hanno lasciato via libera a Hitler.
Per paura, per incapacità, furono anni terribili per fare politica, sia chiaro.
Ma certamente prima del Molotov-Ribbentrop, c’è l’annessione dell’Austria da
parte della Germania nazista, siamo nel marzo 1938, e nessuno dice niente;
subito dopo ci sono le rivendicazioni del Terzo Reich sui Sudeti, quindi su un
pezzo di Cecoslovacchia, e con gli accordi di Monaco, fine settembre ’38, non
solo nessuno dice niente bensì Regno Unito e Francia aiutano Hitler a
costringere i cecoslovacchi a cedere quei territori; quindi pochi mesi più
tardi, arriviamo al marzo 1939, Hitler invade il resto della Cecoslovacchia e,
ancora una volta, Inghilterra e Francia restano alla finestra. Fino a quel
momento, l’Unione Sovietica cercò in ogni modo di creare un’alleanza contro
Hitler. I governi occidentali non si fidarono, si può anche dire che non
avevano torto, però poi Churchill e Roosevelt daranno credito a Stalin e
vinceranno la seconda guerra mondiale. In altre parole, affermare che il patto
Molotov-Ribbentrop abbia spianato la strada al conflitto bellico ha senso solo
se ricordiamo che fu l’ultimo atto di una sequenza di compromessi e cedimenti a
Hitler. Tutti hanno ceduto a Hitler. E infine lo fece anche Stalin decidendo,
con estremo cinismo, che fosse l’unico modo per salvaguardare il suo Paese da
una guerra.
E neppure intendeva conquistare il mondo?
Vedere nel trattato di non aggressione un
patto di spartizione tra due dittature, ribadisco, è falso e insensato. Fino ad
allora Stalin aveva sostenuto la politica del socialismo in un solo Paese e
aveva fatto fuori quanti teorizzavano la rivoluzione permanente e volevano
esportarla a livello globale.
Premesso che affrontiamo una vicenda
terribilmente complessa, non intendo affatto contestare le responsabilità
staliniane: il Molotov-Ribbentrop è una mossa spudorata. Stalin era sempre
stato disposto a fare delle giravolte incredibili, interessato unicamente al
risultato da ottenere in quel momento. E in quel momento vuole assicurarsi che
la Germania non attacchi l’Unione Sovietica e che l’Unione Sovietica non
rimanga isolata. Dunque benissimo un patto col diavolo, un “il fine giustifica
i mezzi” moralmente e politicamente discutibile, ma sul piano storico è
un’alleanza fra due nemici che si odiano, consapevoli che cercheranno di
imbrogliarsi l’un l‘altro. Sono assurde e senza fondamento tutte le letture che
ritengono simili nazismo e stalinismo e la loro alleanza un fatto naturale.
E Hitler voleva la guerra?
Niente affatto, piuttosto per le sue mire
era disposto a rischiare anche una grande guerra mondiale; in realtà avrebbe
preferito che Inghilterra e Francia gli lasciassero conquistare la Polonia come
aveva già fatto con l’Austria e la Cecoslovacchia. Nessuno lo aveva fermato e
lui era andato avanti. Semplicemente. La stessa Polonia dell’epoca mise i
bastoni fra le ruote ad un allargato schieramento contro Hitler ed è
comprensibile: era nata da appena due decenni dopo una guerra con l’Urss e
aveva il terrore di una riconquista. Per lo scoppio del conflitto mondiale
l’atteggiamento polacco non fu tuttavia determinante, va messo bene in chiaro.
Decisiva fu la debolezza dei governi del Regno Unito e della Francia, lo
spettro di una nuova guerra, la diffidenza verso il dittatore sovietico Stalin
e il cinismo criminale dello stesso Stalin.
Nei Paesi dell’est Europa, prima del 1939 c’erano simpatie verso il
fascismo e il nazismo?
È un argomento molto delicato ed è d’obbligo
prendere atto di differenti sensibilità. Prima della seconda guerra mondiale
quei Paesi avevano sistemi autoritari e militaristi ma non tutti allo stesso
modo. In alcuni ambienti, c’era sì una sorta di attrattiva nei confronti del
nazismo ma era l’anticomunismo il denominatore comune, talmente forte da
accecare, da non permettere di vedere altro, come accade oggi. Soprattutto, e
dispiace doverlo dire, erano Paesi violentemente antisemiti. In Polonia
l’occupazione tedesca fu spaventosa, la popolazione resistette con grandissimo
impegno e sacrificio, però che i nazisti sterminassero gli ebrei non lo valutò,
al tempo, l’aspetto più terribile. I Paesi baltici si sentirono liberati dai
nazisti dopo la breve occupazione staliniana e ci furono episodi di collaborazione
delle milizie locali alla shoah ebraica. La Romania, che oggi si lamenta, nel
1941 insieme ai nazisti invase l’Unione Sovietica e contribuì al genocidio
della comunità ebraica di Odessa. Purtroppo, l’antisemitismo diffuso nei Paesi
dell’Europa orientale ha permesso che l’occupazione nazista non incontrasse una
netta opposizione.
La Risoluzione è intitolata “Sull’importanza della memoria europea per il
futuro dell’Europa”.
Il documento concorre a consolidare un
distorto e frequente luogo comune, cioè che la memoria da sola, possa
unificare, si possa condividere. Ma la memoria non è critica, è parziale per
definizione, e spesso infatti è usata per additare nei nemici. Ognuno,
legittimamente, ha la sua memoria. Ma senza una visione d’insieme, se non si
vuole restare confinati a un circoscritto punto di vista e provare a capire
come l’umanità ha attraversato gli eventi, deve essere interpretata dalla
storia. In Italia altrimenti ci dovremmo ricordare le stragi nazifasciste e i
bombardamenti alleati, fatti che di per sé aiutano ben poco ad amare gli altri
popoli… Il parlamento europeo parte dalla memoria e, già che c’è, suggerisce di
abbattere i monumenti che ricordano una memoria che non gli piace! Quei
monumenti rappresentano una memoria di parte? Certo, dunque abbatterli
significa schierarsi dall’altra parte. La memoria del parlamento europeo è
insomma brandita “contro” qualcuno.
Nel testo si rimarca l’adesione “all’UE e alla Nato dei Paesi dell’Europa
centrale e orientale”, è c’è un appello alla società russa, “la più grande
vittima del totalitarismo comunista”, affinché si confronti “con il suo tragico
passato”. Cosa ne pensa Barbero?
Quella Risoluzione è chiaramente un
documento politico, fabbricato con fini politici e per di più abbastanza
mediocri. Mi fa venire in mente quei politici italiani che da quando è nato il
nuovo governo gridano ai loro elettori: “Oddio oddio, i comunisti sono andati
al potere!”. È un documento dalla visione stranamente provinciale e ristretta,
arcaica, perché parla delle conseguenze della seconda guerra mondiale solo da
un punto di vista molto localistico. Non c’è una parola sulla fine
dell’imperialismo coloniale, sull’indipendenza dell’India e della Cina, per
esempio. Anche la visione del comunismo è altrettanto limitata: è come se il
comunismo si identificasse con lo stalinismo e con i regimi dei Paesi del Patto
di Varsavia, quelli che fino alla caduta del Muro di Berlino facevano parte del
blocco sovietico. Qualsiasi parallelo tra comunismo e nazismo è un falso
storico. Il nazismo è durato vent’anni e ha governato un unico Paese per
tredici anni; regime nazista e ideologia nazista sono la stessa cosa. Invece il
comunismo è una realtà storica durata ben un secolo e mezzo, esisteva già alla
metà dell’800. Ammettiamo per ipotesi, nonostante forse la Cina non sarebbe
d’accordo, che non esista più dall’89, con il crollo dell’Unione Sovietica.
Ebbene in tutti i Paesi del mondo ci sono state generazioni e generazioni di
comunisti, nella maggior parte dei casi sono stati perseguitati, messi in
galera; in altri, come in Italia e Francia, dal secondo dopoguerra sono stati
elemento fondamentale della vita democratica. Non c’è alcun dubbio che,
diversamente, in Urss il comunismo abbia dato luogo a un regime terribile e
nell’Europa centrale e orientale a regimi che, come ho detto, si sono rivelati
impopolari e oppressivi. Il punto è un altro però. La falce e il martello non
sono simboli della dittatura di Stalin ma di una speranza che per oltre
centocinquant’anni ha animato milioni di persone in tutto il mondo. Lo prova il
fatto che si può essere comunisti e avere una pessima opinione di Stalin e
criticare il suo regime; al contrario, ed è facile verificarlo, non troverà
nessuno tra quanti si richiamano al fascismo che abbia la forza di criticare
Mussolini e il suo regime; se lo immagina in Germania un neonazista che
critichi il Führer? Non esiste fascismo al di là della dittatura di Mussolini,
né nazismo al di là di Hitler. Il comunismo invece ha espresso diverse
personalità e pensieri. Se avessi una vecchia tessera del Pci, magari firmata
da Enrico Berlinguer, mi dovrei forse vergognare?
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