Al
Presidente della Repubblica: esposto ai sensi del dpr 1199/1971
Con un
provvedimento iniquo un nucleo familiare di origine rom (signora Biljana
Mehmedovic e figli) è stato espulso da Bologna e dovrebbe – secondo il
“disegno” organizzato dal Comune di Bologna con altri soggetti – essere
“ricollocata” nel comune di Pegognaga (Mn).
L’allontanamento
dall’appartamento di via Lidice è stato ottenuto con pressioni e metodi
inaccettabili ed è “motivato” dalla risibile argomentazione della impossibilità
della signora di pagare l’affitto.
Alle istanze e alle argomentazioni contrarie avanzate
al sindaco ed ai servizi sociali dall’ associazione di cui sono portavoce,
SINDACO E SERVIZI NON HANNO MAI DATO RISPOSTA.
L’offesa
nei nostri confronti è ben poca cosa rispetto a quello che la signora Biljana
sta subendo. Ma dobbiamo comunque precisare che se sindaco e servizi pensano di
poter così serenamente ignorare il volontariato commettono un grave errore.
Alcuni decenni fa abbiamo – letteralmente – raccolto dalla strada questo nucleo
familiare. E per decenni abbiamo supportato questa famiglia economicamente,
moralmente, con donazioni di beni alimentari (grazie anche alla generosità
di tante persone anche non associate al nostro circolo).
Strappato
alla strada -dopo 5 secoli di nomadismo del ceppo di popolazione d’origine –
questo nucleo familiare ha fatto miracoli. La figlia maggiore si è laureata e
lavora fuori regione. La secondogenita è iscritta a un corso da ostetrica. Gli
altri figli sono scolarizzati. Adessio la signora Biljana, espulsa da Bologna –
con lo stile degli ufficiali espurgatori di memoria (storica) pontificia – si
trova nella condizione di aspirare ad entrare in possesso di una roulotte
considerato che il “confino” a Pegognaga è appunto un esi.io che la taglia
fuori da tutte le relazioni solidali sviluppate a Bologna negli ultimi decenni.
La “brillante” operazione del Comune di Bologna ha posto la signora e i suoi
figli in una condizione di bisogno peggiore di prima.
Dunque
lo sfratto imposto dal Comune di Bologna è iniquo e inaccettabile: risponde a
parametri cervellotici, astorici e disumani. La signora Mehedovic infatti non
ha trovato una collocazione lavorativa adeguata nel mercato del lavoro che le
consentisse di accedere a un’abitazione da affittare con le proprie risorse
economiche. Ciò è successo perché, per decenni, la sua identità non era
riconosciuta causa lacune anagrafiche nel suo Paese di origine: e questo
particolare burocratico ha ostacolato una sua collocazione lavorativa
“regolare”. Biljana non può essere penalizzata per questo.
Il
Comune di Bologna, revocando la disponibilità dell’appartamento di via Lidice
8, per ragioni di asserita “pubblica utilità”, evidenzia una visione
molto soggettiva della pubblica utilità visto che il Sindaco ipotizza un
finanziamento dalle casse comunali di 30 milioni di euro per la
ristrutturazione del campo di calcio e visto che noi cittadini – dovremmo avere
voce in capitolo quando si parla di pubblica utilità – nel provvedimento di
sfratto non la vediamo assolutamente. Siamo modestamente più in sintonia con il
Pontefice che ha definito il denaro “lo sterco del diavolo”.
Irrita
peraltro la disconoscenza totale della storia dei rom da parte del sindaco. I
quali arrivati a Bologna il 18 luglio 1422 hanno vissuto in Italia da nomadi
per 5 secoli. Oggi che, in pochi decenni, il nucleo familiare Mehmedovic fa un
salto enorme, il comune di Bologna – noto agli storici per Zanardi (il sindaco
del pane e dei poveri), noto per essere medaglia d’oro per la Resistenza
partigiana – dopo 5 secoli di storia, preso atto del processo spontaneo di
sedentarizzazione, adotta una decisione di rinomadizzazione coatta.
Signor
Presidente, la preghiamo di valutare questa situazione e di adottare le
iniziative che potrebbero essere tra le sue facoltà.
Vito
Totire, medico/psichiatra, portavoce del circolo Chico Mendes Bologna
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