Amici e compagni nella lontananza
Anni, almeno un decennio che non
vedevo o sentivo Piero Scaramucci. Ma quando mi capitava di pensarlo, una
notizia, una memoria, lui era lì, amico fresco, sorridente e ironico di ieri e
di sempre. Leggo sul Manifesto della sua scomparsa ed è groppo alla gola.
Troppe cose da dire, troppi ricordi che affiorano. Meglio affidarsi alla
memoria altrui.
Beppe Giulietti, presidente della
Federazione della Stampa ce lo ricorda nella sua multiforme attività e impegno
costante: fondatore di Radio Popolare e del Gruppo di Fiesole, dirigente della
Federazione della Stampa e dell’Usigrai, autore di straordinarie inchieste
sulla “Strage di Stato”, inviato della Rai, sempre dalla parte degli ultimi,
degli oscurati, degli invisibili.
«Antifascista da sempre, nemico di
ogni prepotenza, aveva nel cuore la Costituzione e il suo articolo 21, anche a
lui si deve la nascita della nostra associazione. Sino alla fine ha portato il
suo contributo alle istituzioni dei giornalisti, partecipando come delegato
eletto a Milano nelle liste di Nuova Informazione e, anche in quella occasione,
ci ha invitato a procedere sulla strada della tutela della Costituzione
antifascista e antirazzista, senza nulla concedere al pessimo “spirito dei
tempi” e al silenzio complice degli opportunisti di ogni natura e colore».
Toccante il ricordo di chi gli ha
lavorato accanto sopratutto nell’impegno professionale e della militanza a
Radio Popolare, col suo rientro nel 1992 dopo esserne stato fondatore nel 1976.
«Sono molte le generazioni che hanno potuto apprezzare il “Diretur”, standogli
a contatto e ricevendo telefonate inaspettate per anticipare, arricchire o
rincorrere la notizia cui lui spesso dava priorità, anche a costo di mantenersi
fuori dal coro», ricorda Mario Agostinelli
Le notizie giornaliere sulla Siria,
la necessità di «risarcire» Pinelli e Valpreda, la minuta ricostruzione della
continuità delle stragi fasciste, la guerra del Golfo e l’attacco aereo a
Belgrado, ripetutamente commentati in antitesi con la retorica della «guerra
giusta».
Adriano Sofri lo ricorda come
esempio di capacità, onestà e indipendenza. «Un giornalista prestigioso e
libero – una volta gli arrivò la proposta di un incarico di gran rilievo
nazionale alla Rai, e preferì dire no. Poteva succedere che quel connotato,
“giornalista”, gli venisse affettuosamente rinfacciato, da suoi compagni per i
quali il giornalismo era soprattutto agitazione politica».
«Ho trovato – la cosa che mi ha
colpito di più, e mi ha colpito di non averne saputo – che lo scorso 25 aprile
Piero, invitato dal Comune di Pavia a ricordare la Liberazione, ne era stato
all’ultimo momento escluso, censurato, da un presidente di provincia che aveva
proclamato: “O lui o io!”. In un certo senso, nel senso raddrizzato, aveva
ragione. Piero disse il suo discorso, all’ora in cui l’avrebbe tenuto in
piazza, alla Radio Popolare, la sua creatura più cara, e là lo si può
riascoltare».
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