giovedì 9 novembre 2023

Gaza è un cimitero di bambini



articoli, video, canzoni di Chris Hedges, Ugo Giannangeli, Ilan Pappe, Richard Falk, Tareq S. Hajjaj, Manlio Dinucci, Enrico Euli, Edoardo Bennato, Tali Shapiro, Jonathan Ofir, Paola Caridi, Giampaolo Conte, Meron Rapoport, Giampaolo Cadalanu, Vauro, Pubble, Franco Lattes Fortini, Piergiorgio Odifreddi, Domenico Quirico, Andrea Nicastro, Francisco José Fernández-Cruz Sequera, Miguel Ruiz Calvo, Alessandro Orsini, Moni Ovadia, Francesco Masala, Francesco Erspamer, Patrick Lawrence, Bertrand Russell, Vincenzo Costa, Giacomo Gabellini, Pepe Escobar, Sarah Babiker, Giuseppe Masala, Andrea Zhok, Agata Iacono, Josh Paul, Caitlin Johnstone, Craig Mokhiber, Francesca Albanese, Arifa Akbar, Max Blumenthal, Alberto Negri, Abeer OdehCarlo Rovelli, Eyal Sivan, Mao Valpiana, Giuseppe Cassini, Gigi Bettoli, Enrico Semprini, Somayeh Haghnegahdar



CHIEDERE SCUSA – Ugo Giannangeli

Nei giorni scorsi Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della sera si è posto una domanda: che cosa doveva e deve fare Israele, qual è la risposta ragionevole all’azione del 7 ottobre? Della Loggia si risponde ovviamente giustificando Israele che con tonnellate di bombe sta radendo al suolo Gaza uccidendo indiscriminatamente combattenti, donne, vecchi e bambini. Poi Della loggia si allarga giungendo a criticare il diffuso pacifismo e il rifiuto del ricorso alle armi da parte di larghi settori della società civile; secondo Della Loggia il ricorso alle armi ormai è diventato un tabù.

Eppure la risposta, la sola possibile, nell’interesse dello stesso Israele, era lì a portata di mano: Israele, dopo un attacco così eclatante, avrebbe dovuto prendere atto che oltre 75 anni di occupazione, massacri, prigionia, espropri, esili non avevano piegato il popolo palestinese, arrendersi all’evidenza, rinunciare al proprio antico progetto e… chiedere scusa.

Chiedere scusa ai palestinesi ammazzati prima ancora della nascita dello Stato dalle bande terroristiche Stern e Irgun. A quelli ammazzati ed espulsi nel ‘48  e nel ‘67. Ai vecchi, alle donne e ai bambini massacrati a Sabra e Chatila. Ai milioni di prigionieri transitati per le carceri israeliane. Ai gazawi periodicamente bombardati nel 2008/ 2009, nel 2012, nel 2014, nel 2021 ed ora. Alle donne, ai vecchi e bambini che nel 2018 hanno partecipato alla Grande marcia del ritorno e sono stati uccisi o invalidati dai cecchini israeliani che si esercitavano al tirassegno come in un luna park. Ai palestinesi della West Bank costretti quotidianamente all’umiliazione dei check points, a vedere la propria casa demolita, i propri terreni espropriati, i propri olivi sradicati dai bulldozer.

Dopo le scuse, il risarcimento, laddove possibile. Come?

Aprire le frontiere al ritorno dei profughi come ordinato sin dal 1948 dalla risoluzione Onu 194. Chi vuole torna, chi ha ancora la chiave può provare ad aprire la porta ma la serratura sarà stata cambiata. Pazienza: l’inquilino abusivo fornirà la chiave e pagherà anni di affitto arretrato. Chi non può o non vuole tornare avrà diritto a un equo indennizzo.

Ordinare ai 700.000 coloni della West Bank, di Gerusalemme est e del Golan di tornare a loro scelta nelle loro case in Israele o nel Paese di origine da cui si sono mossi per andare a colonizzare un territorio non loro.

Abbattere 720 km di muro per permettere ai palestinesi di percorrere 100 m camminando per 100 m e non per 5 km.

Liberare tutti i prigionieri, risarcendoli per gli anni di vita rubati. Indennizzare le famiglie dei prigionieri uccisi sotto tortura o a seguito di sciopero della fame.

Ricostruire tutta Gaza, le sue moschee, i suoi ospedali, le sue scuole. Consegnare barche nuove ai pescatori.

Ripiantare 2 milioni di olivi e risarcire gli agricoltori per i mancati raccolti.

Richiamare Ilan Pappé chiedendogli scusa e assegnargli una cattedra universitaria dalla quale poter spiegare la vera storia di Israele. Mettere in Tribunale una targa in ricordo dell’avv. Felicia Langer che ha speso la vita a difendere palestinesi avanti alle Corti militari.

Tutto ciò ha costi anche economici enormi. Ma la collettività ebraica della diaspora saprà sostenerli e lo farà anche nell’interesse di Israele perché possa diventare uno Stato normale, con una popolazione non militarizzata nel fisico e nella mente che esprime governi fascisti e razzisti. Israele potrà darsi dei confini, una Costituzione che riproduca i buoni propositi solo enunciati nella Dichiarazione di indipendenza, potrà annullare l’oltraggiosa legge del 2018 sulla supremazia ebraica, potrà distribuire nelle scuole libri che non inneggiano all’odio e al disprezzo verso i palestinesi, potrà avere un esercito che sarà veramente un IDF, esercito difensivo, e non IOF, esercito di aggressione e di occupazione. Avrà severe leggi sulle armi che non consentano a civili di terrorizzare persone inoffensive con armi da guerra.

C’è molto da fare ma si inizi ad interrompere la vendetta e la rappresaglia. Venga il cessate il fuoco, venga la liberazione degli ostaggi insieme alla liberazione di tutti gli ostaggi palestinesi altrimenti detti prigionieri. La storia dirà se sarà necessario convivere vicini ma separati, forse con reciproca diffidenza, o se i palestinesi saranno capaci di perdonare tutto il male subito e riusciranno a convivere in un unico Stato con i loro ex carcerieri con parità di diritti.

Nel mondo scomparirà l’antisionismo e resterà forse solo un po’ di antisemitismo relegato negli ambiti fascisti e razzisti, attuali sostenitori di Israele. Tornerà ad avere un ruolo il diritto internazionale e l’ONU con vantaggio universale. Mentre scrivo giunge la notizia della richiesta di dimissioni di Guterres, segretario dell’ONU, per avere detto due ovvietà: Israele deve rispettare il diritto umanitario e Hamas è frutto dell’occupazione asfissiante. Segue subito la notizia del diniego di visto di ingresso in Israele ai funzionari ONU. Del resto ricordo che a suo tempo Yair Lapid andò a Ginevra sotto la sede del Consiglio dei diritti umani dell’ONU a gridare che quello era il Consiglio dei diritti dei terroristi.

Israele deve essere recuperato da questa deriva e dalla sua assoluta incapacità di riconoscere le proprie responsabilità. Chi vuole aiutarlo non deve assecondarlo ma metterlo all’angolo e fermarlo. Lettere come quella che sta circolando a firma anche di Walzer e Grossmann contro la sinistra internazionale che sarebbe incapace di empatia per gli israeliani innocenti uccisi non aiutano perché non individuano il nocciolo del problema: come ci si può dolere della mancanza di empatia per le vittime civili israeliane mentre si bombardano civili palestinesi fin dentro le autombulanze e la conta provvisoria ad oggi è di quasi 10.000 uccisi di cui oltre 3500 bambini?

Nonostante la forsennata campagna mediatica in corso la cosiddetta società civile ha capacità critica e di discernimento. Lo dimostrano le oceaniche manifestazioni nel mondo a favore delle ragioni del popolo palestinese. E chi partecipa a queste manifestazioni ha empatia per tutte le vittime ma è capace di individuare le responsabilità.

 


Due domande – Francesco Masala

Paradossi

Se dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e la carneficina Israeliana a Gaza si arriverà alla creazione di uno stato di Palestina, dopo 75 anni, vorrà dire che Hamas ha avuto ragione, e che tutta la diplomazia dell’Occidente collettivo è solo quella delle portaerei delle armi e dei genocidi?

Record su record

Dopo la prima settimana di novembre lo stato d’Israele di Benjamin Netanyahu ha surclassato il record degli assassinati a Sabra e Chatila, il numero degli assassinati di Srebrenica è stato superato in scioltezza, manca poco per superare il numero degli ebrei assassinati nella rivolta del Ghetto di Varsavia. Cosa ci vuole di più per entrare nella spazzatura della Storia?

La Soluzione Finale di Israele per i Palestinesi – Chris Hedges

Ho documentato la nascita del fascismo ebraico in Israele. Ho riferito sull’estremista Meir Kahane, a cui è stato impedito di candidarsi e il cui Partito Kach è stato messo fuori legge nel 1994 e dichiarato organizzazione terroristica da Israele e dagli Stati Uniti. Ho partecipato alle manifestazioni politiche tenute da Benjamin Netanyahu, che ricevette generosi finanziamenti dagli americani di destra, quando si candidò contro Yitzhak Rabin, che stava negoziando un accordo di pace con i palestinesi. I sostenitori di Netanyahu al grido di “Morte a Rabin” bruciarono un’effigie di Rabin vestito con un’uniforme nazista. Netanyahu ha inscenato un finto funerale per Rabin.

Il Primo Ministro Rabin fu assassinato il 4 novembre 1995 da un fanatico ebreo. La vedova di Rabin, Lehea, incolpò Netanyahu e i suoi sostenitori per l’omicidio del marito.

Netanyahu, che divenne Primo Ministro nel 1996, ha trascorso la sua carriera politica allevando estremisti ebrei, tra cui Avigdor Lieberman, Gideon Sa’ar, Naftali Bennett e Ayelet Shaked. Suo padre, Benzion, che lavorava come assistente del pioniere sionista Vladimir Jabotinsky, che Benito Mussolini definì “un buon fascista”, era un leader del Partito Herut che invitava lo Stato Ebraico a impadronirsi di tutta la terra della Palestina storica. Molti di coloro che formarono il Partito Herut compirono attacchi terroristici durante la guerra del 1948 che istituì lo Stato di Israele. Albert Einstein, Hannah Arendt, Sidney Hook e altri intellettuali ebrei, descrissero il Partito Herut in una dichiarazione pubblicata sul New York Times come un “partito politico strettamente simile per organizzazione, metodi, filosofia politica e fascino sociale ai partiti nazista e fascista”.

C’è sempre stata una vena ebreo-fascista all’interno del Progetto Sionista. Ora ha preso il controllo dello Stato israeliano.

“La sinistra non è più in grado di superare il tossico ultranazionalismo che si è sviluppato qui”, ha avvertito nel 2018 Zeev Sternhell, sopravvissuto all’Olocausto e principale autorità israeliana in materia di fascismo, “il tipo di ultranazionalismo il cui ceppo europeo ha quasi spazzato via la maggioranza del popolo ebraico”. Sternhell ha aggiunto: “Noi vediamo non solo un crescente fascismo israeliano, ma un razzismo simile al nazismo nelle sue fasi iniziali”.

La decisione di cancellare Gaza è stata a lungo il sogno dei cripto-fascisti israeliani, eredi del movimento di Kahane. Questi estremisti ebrei, che compongono la coalizione di governo al potere, stanno orchestrando il Genocidio a Gaza, dove centinaia di palestinesi muoiono ogni giorno. Difendono l’iconografia e il linguaggio del loro fascismo. L’identità ebraica e il nazionalismo ebraico sono la versione sionista del sangue e della terra. La supremazia ebraica è santificata da Dio, così come lo è il massacro dei palestinesi, che Netanyahu paragonò agli Ammoniti biblici, massacrati dagli israeliti. I nemici, di solito musulmani, destinati all’estinzione sono subumani che incarnano il male. La violenza e la minaccia della violenza sono le uniche forme di comunicazione che coloro che sono al di fuori del cerchio magico del nazionalismo ebraico comprendono. Milioni di musulmani e cristiani, compresi quelli con cittadinanza israeliana, devono essere epurati.

Un documento di 10 pagine trapelato dal Ministero dell’Informazione e della Sicurezza Nazionale Israeliano datato 13 ottobre 2023 raccomanda il trasferimento forzato e permanente dei 2,3 milioni di residenti palestinesi della Striscia di Gaza nella penisola egiziana del Sinai.

È un grave errore non prendere sul serio gli agghiaccianti appelli per lo sradicamento totale e la Pulizia Etnica dei palestinesi. Questa retorica non è iperbolica. È un intento reale. Netanyahu in un tweet, poi rimosso, ha descritto la battaglia con Hamas come una “lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre, tra la civiltà e la barbarie”.

Questi fanatici ebrei hanno iniziato la loro versione della Soluzione Finale al problema palestinese. Secondo l’Ufficio Umanitario delle Nazioni Unite, nelle prime due settimane di attacco hanno sganciato 12.000 tonnellate di bombe su Gaza per distruggere almeno il 45% delle unità abitative di Gaza. Non hanno intenzione di farsi dissuadere, nemmeno da Washington.

“È diventato evidente ai funzionari statunitensi che i leader israeliani credono che le vittime civili di massa siano un prezzo accettabile nella campagna militare”, ha riferito il New York Times.

“Nelle conversazioni private con le controparti americane, i funzionari israeliani hanno fatto riferimento a come gli Stati Uniti e altre potenze alleate ricorsero a devastanti bombardamenti in Germania e Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, incluso il lancio delle due testate atomiche a Hiroshima e Nagasaki, per cercare di sconfiggere quei Paesi”, continua il giornale.

L’obiettivo è un Israele “puro”, purificato dai contaminanti palestinesi. Gaza diventerà una terra desolata. I palestinesi di Gaza verranno uccisi o costretti nei campi profughi oltre il confine con l’Egitto. La redenzione messianica avrà luogo una volta che i palestinesi saranno espulsi. Gli estremisti ebrei chiedono la demolizione della Moschea di Al-Aqsa, il terzo santuario più sacro per i musulmani, costruito sulle rovine del Secondo Tempio ebraico, distrutto nel 70 d.C. dall’esercito romano. La moschea sarà sostituita da un “Terzo Tempio” ebraico, una mossa che infiammerebbe il mondo musulmano. La Cisgiordania, che i fanatici chiamano “Giudea e Samaria”, sarà formalmente annessa a Israele. Israele governato dalle leggi religiose imposte dai partiti ultraortodossi Shas (Guardie Sefardite) e Yahadut HaTora (Giudaismo Unito nella Torah), sarà una versione ebraica dell’Iran.

Il passo verso il totale controllo israeliano sulla terra palestinese è breve. Gli insediamenti ebraici illegali di Israele, le zone militari interdette, le autostrade chiuse e le basi militari hanno sequestrato oltre il 60% della Cisgiordania, trasformando città e villaggi palestinesi in ghetti circondati. Esistono oltre 65 leggi che discriminano direttamente o indirettamente i cittadini palestinesi di Israele e coloro che vivono nei Territori Occupati. La campagna di uccisioni indiscriminate di palestinesi in Cisgiordania, molti dei quali da parte di milizie ebraiche canaglia, insieme alle demolizioni di case e scuole e alla confisca delle rimanenti terre palestinesi esploderà. Oltre 133 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania dall’esercito israeliano e da coloni ebrei dall’incursione di Hamas del 7 ottobre e migliaia di palestinesi sono stati catturati dall’esercito israeliano, picchiati, umiliati e imprigionati.

Israele, allo stesso tempo, si sta rivoltando contro i “traditori ebrei” che rifiutano di abbracciare la folle visione dei fascisti ebrei al potere e che denunciano l’orribile violenza dello Stato. I consueti nemici del fascismo: giornalisti, difensori dei diritti umani, intellettuali, artisti, femministe, liberali, sinistra, omosessuali e pacifisti, sono già presi di mira. La magistratura, secondo i piani avanzati da Netanyahu, sarà limitata. Il dibattito pubblico si affievolirà. La società civile e lo stato di diritto cesseranno di esistere. Quelli etichettati come “sleali” saranno deportati.

I fascisti non rispettano la sacralità della vita. Gli esseri umani, anche quelli appartenenti al loro stesso gruppo, sono sacrificabili per costruire la loro folle utopia. I fanatici al potere in Israele avrebbero potuto scambiare gli ostaggi detenuti da Hamas con le migliaia di ostaggi palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, motivo per cui gli ostaggi israeliani furono sequestrati. E ci sono prove che nei caotici combattimenti che hanno avuto luogo una volta che i militanti di Hamas sono entrati in Israele, l’esercito israeliano ha deciso di prendere di mira non solo i combattenti di Hamas, ma anche i prigionieri israeliani con loro.

“Diverse nuove testimonianze di israeliani testimoni oculari dell’attacco a sorpresa di Hamas del 7 ottobre nel Sud di Israele si aggiungono alle prove crescenti che l’esercito israeliano ha ucciso i propri cittadini mentre combattevano per neutralizzare gli uomini armati palestinesi”, scrive Max Blumenthal su The GrayZone.

Tuval Escapa, un membro della squadra di sicurezza del Kibbutz Be’Eri, osserva Blumenthal, ha istituito una linea diretta per coordinare i residenti del kibbutz e l’esercito israeliano.

Escapa ha detto al quotidiano israeliano Haaretz che quando la disperazione ha cominciato a prendere il sopravvento, “i comandanti sul campo hanno preso decisioni difficili, incluso bombardare le abitazioni per eliminare i terroristi insieme agli ostaggi”.

Il giornale ha riferito che i comandanti israeliani sono stati “costretti a richiedere un attacco aereo” contro le proprie strutture all’interno del Valico di Erez verso Gaza “al fine di respingere i terroristi” che ne avevano preso il controllo. Quella base ospitava ufficiali e soldati dell’Amministrazione Civile Israeliana.

Israele, nel 1986, ha istituito una politica militare chiamata Direttiva Annibale, apparentemente dal nome del Generale cartaginese che si avvelenò piuttosto che essere catturato dai Romani, in seguito alla cattura di due soldati israeliani da parte di Hezbollah. La direttiva è concepita per impedire che le truppe israeliane cadano nelle mani del nemico attraverso il massimo uso della forza, anche a costo di uccidere i soldati e i civili catturati.

La direttiva è stata applicata durante l’assalto israeliano del 2014 a Gaza noto come Operazione Margine di Protezione. I combattenti di Hamas il 1° agosto 2014 catturarono un ufficiale israeliano, il Tenente Hadar Goldin. In risposta, Israele ha sganciato più di 2.000 bombe, missili e proiettili sull’area in cui era detenuto. Goldin è stato ucciso insieme a oltre 100 civili palestinesi. La direttiva sarebbe stata abrogata nel 2016.

Gaza è l’inizio. La Cisgiordania è la prossima.

Gli israeliani che esultano per l’incubo palestinese presto vivranno un loro incubo.

Traduzione di Beniamino Rocchetto  – Invictapalestina.org

da qui

 

 

Tutti gli errori portano a Gaza – Ilan Pappe

A CHI CONVIENE IL 7 OTTOBRE – Israele usa l’attacco a pretesto di politiche genocide. Agli Usa serve a riaffermare la presenza nell’area mediorientale Ai Paesi occidentali per limitare le libertà, con la scusa del terrorismo

Pur condannando nella maniera più netta possibile il massacro commesso da Hamas, il segretario Onu ha voluto ricordare al mondo che quelle azioni non vengono dal nulla.

Ha affermato che alla terribile tragedia del 7 ottobre non è possibile dissociare la consapevolezza di 56 anni di occupazione dalla reazione emotiva di fronte alla tragedia del 7 ottobre. La risposta israeliana non si è fatta attendere. Il governo di Tel Aviv ha chiesto le dimissioni di Antonio Guterres e lo ha accusato di sostenere Hamas e giustificare il massacro. Lettura che i media hanno sostenuto acriticamente e che ha messo sul tavolo una nuova accusa di antisemitismo. Prima del 7 ottobre veniva bollata come antisemita ogni critica allo Stato di Israele e la messa in discussione delle basi morali del sionismo, paragonate al negazionismo sull’Olocausto. Dopo il 7 ottobre è assimilato all’antisemitismo anche il tentativo di contestualizzare e storicizzare le azioni dei palestinesi, tentativo che in alcuni Paesi, come la Gran Bretagna, è considerato anche come l’anticamera della giustificazione del terrorismo.

La de-storicizzazione degli eventi del 7 ottobre dà ai governi un pretesto per portare avanti politiche che finora avevano evitato di agire in ragione di considerazioni etiche, tattiche o strategiche. Per Israele, l’attacco del primo sabato di ottobre è usato come pretesto per perseguire politiche genocide nella Striscia di Gaza. Per gli Usa è un pretesto per cercare di riaffermare la propria presenza nell’area mediorientale dopo anni di assenza, e per alcuni Paesi occidentali è un pretesto per violare e limitare le libertà democratiche dei loro cittadini, in nome di una nuova guerra al terrorismo.

La de-contestualizzazione storica ha anche messo in luce una discrepanza tra i messaggi di sostegno e solidarietà dei governi occidentali nei confronti di Israele e il modo in cui questi messaggi vengono interpretati. Infatti, sebbene avessero l’intenzione di mostrare la compassione e l’attenzione dell’Occidente verso Tel Aviv, sono stati intesi da Israele come un’assoluzione per le passate violazioni del diritto internazionale e dei diritti fondamentali dei palestinesi, oltre che come un assegno in bianco per continuare l’opera di distruzione della Striscia.

I contesti in cui inquadrare gli ultimi eventi sono vari, e sono tutti storici. (…) Quello più recente e rilevante per la crisi attuale, è la pulizia etnica della Palestina del 1948, operazione che ha compreso anche lo sfratto forzato dei palestinesi nella Striscia di Gaza, proprio da quei villaggi sulle cui rovine sono stati edificati alcuni degli insediamenti israeliani colpiti il 7 ottobre 2023. Questi palestinesi sradicati facevano parte del complesso dei 750 mila palestinesi che fino al 1948 vivevano in oltre 500 villaggi e una dozzina di città, e d’improvviso persero la loro casa e divennero rifugiati.

Il mondo si accorse di questa pulizia etnica, ma non la condannò. Di conseguenza, Israele ha continuato a ricorrere abitualmente alla pulizia etnica come strumento per assicurarsi di avere il minor numero possibile di palestinesi nativi nello spazio della Palestina storica. Il piano ha incluso l’espulsione di 300 mila palestinesi durante e dopo la guerra del 1967 e l’espulsione di oltre 600 mila dalla Cisgiordania, Gerusalemme e la Striscia di Gaza.

L’occupazione a lungo termine della Cisgiordania ha portato centinaia di migliaia di palestinesi a subire incarcerazioni senza processo, punizioni collettive e vessazioni da parte dei coloni israeliani, oltre che a non avere alcuna voce in capitolo sul proprio futuro. Infine, gli oltre 15 anni di assedio di Gaza, uno dei più lunghi della storia, riguarda una popolazione composta quasi per metà da bambini. Già nel 2020 le Nazioni Unite hanno sostenuto che quella dei gazawi non è un’esistenza umana sostenibile. È importante ricordare che l’assedio è stato imposto in risposta alle elezioni democratiche che si sono tenute nella Striscia, quando gli abitanti di Gaza hanno preferito Hamas all’Autorità Palestinese. Ma ancora più importante è ricordare che già nel 1994 la Striscia di Gaza era circondata da filo spinato e totalmente staccata dalla Cisgiordania, perché Israele negava qualunque collegamento organico, sconfessando di fatto l’idea della soluzione dei due Stati solo un anno dopo la firma degli accordi di Oslo, che avrebbero dovuto portare a una pace tra i due popoli proprio sulla base di quella soluzione. Quel filo spinato e l’aumento dell’ebraicizzazione della Cisgiordania erano una chiara indicazione del fatto che Oslo, agli occhi degli israeliani, era solo un’occupazione con altri mezzi, non una genuina ricerca di pace.

Israele controllava i punti di uscita e di ingresso al ghetto di Gaza, monitorava l’ingresso del cibo (a volte pesando anche le calorie), delle merci, delle medicine e degli altri beni di prima necessità. Hamas ha reagito lanciando razzi sulle aree civili di Israele. Israele ha detto che lo faceva perché la sua ideologia prevedeva l’uccisione degli ebrei, paragonando l’organizzazione islamista a un’estensione del nazismo e ignorando del tutto il contesto della Nakba, dell’assedio disumano e barbarico di due milioni di persone e dell’oppressione dei loro compatrioti in altre parti della Palestina storica. Hamas, per molti versi, è stato l’unico gruppo palestinese che prometteva ai palestinesi di vendicarsi delle politiche oppressive israeliane, anche se oggi è chiaro che il modo in cui ha risposto a Israele può portare alla sua stessa fine, almeno nella Striscia di Gaza, e fornisce un pretesto per ulteriori oppressioni del popolo palestinese. L’efferatezza dell’attacco di Hamas non può essere giustificata in alcun modo, ma questo non significa che i suoi atti non possano essere spiegati e contestualizzati. Per quanto orribile sia stato l’attacco, e per quanto barbara sia stata la risposta israeliana, la cattiva notizia è che tutto ciò non cambia per nulla le carte in tavola, nonostante l’ingente costo umano da entrambe le parti. Israele rimarrà uno Stato fondato da un movimento coloniale, elemento che resta nel suo Dna politico e determina la sua natura ideologica. Ciò significa che, nonostante si autodefinisca l’unica democrazia del Medio Oriente, Israele rimarrà una democrazia solo per i suoi cittadini ebrei.

La lotta intestina che ha diviso il Paese fino al 7 ottobre, tra quello che potremmo chiamare lo “Stato di Giudea” da un lato, inteso come lo Stato dei coloni che vogliono un Israele ancora più teocratico e razzista, e dall’altro con lo Stato di Israele inteso come il mantenimento dello status quo, è destinata a riaffiorare, anzi ci sono già avvisaglie di un’imminente ripresa dello scontro.

La definizione di Israele come Stato di apartheid che ne hanno dato alcune organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International, resterà valida nonostante l’evolversi degli eventi nella Striscia e anche dopo. I palestinesi non scompariranno e continueranno la lotta di liberazione, la società civile di molti Paesi del mondo si schiererà con loro mentre i governi di quegli stessi Paesi continueranno a sostenere Israele e a garantirgli l’immunità.

La via d’uscita da questa impasse è sempre la stessa: un cambio di regime che garantisca diritti uguali per tutti from the river to the sea (‘dal fiume al mare’ come recita il famoso slogan, ndt) e il ritorno dei rifugiati. Altrimenti, lo spargimento ciclico di sangue non avrà mai fine.

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