“Ha detto ‘Brondo Melona, gome stai?’ Non potevo non crederci”. Sulla prima pagina della Repubblica di oggi, 4 novembre 2023, compare una caricatura di Giorgia Meloni che rievoca le parole del sorprendente dialogo tra lei stessa, numero uno del governo italiano e il suo curioso interlocutore africano, messe in scena – parole inventate e premier che le ripete – dall’autore della vignetta e della presa in giro, Francesco Tullio Altan. Su questo si dirà, forse, più tardi. C’è ben altro.
1.
Il 3
novembre 2023, ore 11,42, alla vigilia dunque della Repubblica di Altan, Giorgia Meloni, coinvolgendo
il suo governo, espone un documento che prevede una forte riforma
costituzionale. Si tratta di questo, anche se è di certo ben noto: “ELEZIONE
DIRETTA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO. Introduzione dell’elezione diretta del
Presidente del Consiglio dei ministri e razionalizzazione del rapporto di
fiducia (disegno di legge costituzionale)”. L’intento è quello di “consolidare
il principio democratico, valorizzando il ruolo del corpo elettorale nella
determinazione dell’indirizzo politico della Nazione; favorire la coesione
degli schieramenti elettorali; evitare il transfughismo e il trasformismo
parlamentare”. Il punto principale, dei cinque brevi cenni della futura legge
della Nazione Italia, è il quarto che intendendo evitare ogni pericolo di
transfughismo, così recita al punto 4° : “affida alla legge la determinazione
di un sistema elettorale delle Camere che, attraverso un premio assegnato su
base nazionale, assicuri al partito o alla coalizione di partiti collegati al
Presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi parlamentari, in modo da
assicurare la governabilità;”. In molti hanno cercato di indovinare quanti voti
sarebbero stati necessari per sommarvi il premio di maggioranza per raggiungere
il 55% delle due Camere. Per fare un esempio: nel caso di Camere
particolarmente litigiose, con partiti ostili tra loro tanto a destra che a
sinistra e una maggior partito con il 25%, il premio di maggioranza, per
raggiungere il 55% dei seggi previsto dalla legge, potrebbe essere del 30%? Nel
caso poi di due maggioranze diverse alla Camera e al Senato, ci sarebbe autoeletto un presidente del consiglio diverso dal
primo, nell’altra Camera e anch’egli con un premio al 55%? Quindi due
presidenti del consiglio nello stesso tempo?
2.
Un aspetto
significativo del Comunicato Stampa n° 57 che contiene la futura legge portante
della Costituzione italiana – quella in cinque punti, auspicata da Meloni, che
determina l’avvenire e i poteri del presidente del consiglio – è che tale legge
in fieri non compare da sola nel consiglio dei ministri di venerdì 4 novembre,
per esservi approvata dal governo, ma è accompagnata da tre altre disposizioni,
più o meno importanti, tutte significative e da diverse misure minori, talvolta
però esecutive. La prima delle altre importanti ha per titolo “Governance del
Piano Mattei / Disposizioni urgenti per il “Piano Mattei” per lo sviluppo in
Stati del Continente africano (Decreto legge)”. Il cosiddetto “Decreto Mattei”
consiste nell’elargizione di denaro e altri vantaggi a taluni paesi africani
non indicati per avere in cambio libertà di azione in merito
all’”approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali,
incluse quelle idriche ed energetiche”. Si può pensare che il buon Enrico
Mattei – visto che di lui si tratta – sussulterebbe nel sapere che il suo nome
è usato come copertura per sfruttamento e speculazione coloniale.
Se Mattei è poco più di un’etichetta, più consistente è il quarto e ultimo
punto del proponimento governativo: “CONCORDATO FISCALE PREVENTIVO /
Disposizioni in materia di accertamento tributario e di concordato preventivo
biennale (decreto legislativo – esame preliminare)”. Possiamo immaginare che
l’inserimento di questo quarto punto sia dovuto al puntiglio del secondo
alleato di Meloni nel governo: Matteo Salvini e la sua Lega. Ci si può
immaginare un dialogo tra l’uno e l’altra simile a questo: “Vuoi proprio fare
il presidente a vita? Ci sto, ma in cambio dobbiamo segnare una mia vittoria
sulle tasse.” (Come disse il gatto alla volpe.)
3.
Abbiamo
segnalato l’esistenza di quattro argomenti nella discussione ministeriale di
venerdì 3 novembre, trascurando la miscellanea finale delle leggine o delle
nomine di qualche prefetto o funzionario: il succo del Consiglio dei ministri
consisteva in quattro proposte/decisioni su Presidenza del consiglio, Piano
Mattei, Accertamento tributario; manca ancora un altro argomento, il terzo
nella graduatoria governativa: si tratta di uno spunto a carattere agricolo.
“FLOROVIVAISMO / Delega al Governo in materia di florovivaismo (disegno di
legge – esame definitivo)”. Nel testo è citato il ministro Francesco
Lollobrigida e le sue beneauguranti iniziative agricole. A prima vista si
tratta – il florivivaismo – di un’iniziativa minore se confrontata alla riforma
dell’assetto stesso del potere statale, dell’eventuale politica africana pseudo
matteiana: migratoria, cooperativa, affaristica, imperiale; nonché all’altro
caso delle tasse e degli abbuoni. Forse, però, siamo noi che non ne sappiamo
abbastanza dei meccanismi del potere e la possibilità di parlare con una parte
dell’elettorato è interessante per qualcuno al governo: i casi della vita, per
non dire i casi della politica hanno delle regole che non tutti – noi per
esempio – sono tenuti a conoscere.
La riunione di governo che ha portato a così tante belle novità non è
durata a lungo. La fine risulta essere alle 12,54; era, come si è detto,
cominciata alle 11,42, sicché il governo della trasformazione epocale, dello
sbarco in Africa, dell’abbuono delle tasse (con un’aggiunta di prefetti e
florovivaisti) è durata poco più di un’ora.
4.
Un’ora ben
spesa, verrebbe da dire. Ma torniamo per un attimo alla telefonata di “Toto
truffa” e di “Fantozzi contro tutti,” personaggi favolosi e scenette assai
divertenti del cinema comico italiano che sono tornati in mente a Marco
Travaglio, interrogato da Lilli Gruber a La 7 sulla
insopportabile vicenda della Presidente del Consiglio dei ministri presa in
giro da un improbabile dignitario africano. La concomitanza delle date – il
governo italiano che si dà un’altra struttura ideata come più efficace e adatta
ai tempi e ai nuovi poteri e la rivelazione della truffa antimeloniana, tale da
gettare ridicolo e di conseguenza sfiducia, su una persona presuntuosa come il
primo ministro italiano. Alcuni hanno tentato di buttare tutto in ridere; così
avrebbe dovuto fare anche Giorgia Meloni e sarebbe apparsa come una persona che
dopo tutto sa stare agli scherzi. Invece è stato messo alla porta qualche alto
papavero, che si è preso la colpa dell’accaduto. Non solo, ma si è anche fatto
trapelare un discorso sui servizi segreti, su Mosca come estrema organizzatrice
della teletruffa. Ma vale la pena di buttare tutto in
tragedia? Vale la pena di attribuire tanta efficienza al nuovo Kgb, o come si
chiama? Forse, in questo caso, per restare alla cultura della tradizione
italiana (pardon, della Nazione), si finisce per fare una toppa
peggiore del buco, come dire: pezo el tacòn del buso.
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