l'ho visto in biblioteca, mai sentito prima Sacha Naspini, ho letto la prima pagina, l'ho preso.
l'ho letto col fiato sospeso, una corsa nella parte buia dell'anima umana, una storia terribile e piena di disperanza.
da non perdere, promesso.
leggetelo. nessuno se ne pentirà.
Recensione 1
Bastiano e la fame.
Bastiano e la miseria.
Bastiano e la paura.
Bastiano e ancora la fame. Quella vera, quella nera, quella che scatena
comportamenti primitivi, impensabili, inspiegabili, insopportabili e rende
l`uomo cosa? Un animale? Un mostro?
Perché Bastiano quella fame, quella miseria e quella paura non se le è
ritrovate a un certo punto della vita. Ci è nato e cresciuto con quelle bestie
infami. Ne è intriso. Gli scorrono nelle vene. E “𝘵𝘦 𝘮𝘪𝘤𝘢 𝘭𝘰 𝘴𝘢𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘷𝘶𝘰𝘭 𝘥𝘪𝘳𝘦 𝘯𝘢𝘴𝘤𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘪 𝘵𝘳𝘢𝘷𝘦𝘳𝘴𝘰”…
Ogni volta, prima di iniziare un libro di Naspini, faccio un grande
sospiro.
So che per un po’ sarò completamente assorbita dal mondo racchiuso là
dentro e la volontà di distacco, per quanto possa mettermi di impegno, non sarà
in grado di tirarmi fuori di lì, con molta probabilità neanche terminata la
storia.
Anche stavolta, anzi questa volta più che mai, sono rimasta con gli occhi
fissi sulle pagine, immersa in un contesto terribile segnato da condizioni di
vita inenarrabili, che fagocitano la bellezza delle cose e possono
rappresentare ostacoli insormontabili per evolvere e coltivare i buoni
sentimenti. Senza l’“esempio positivo”, senza una luce che illumini la
coscienza, l’uomo fatica a innalzarsi dallo stato bestiale e, nella peggiore
delle ipotesi, può trasformarsi in un essere diabolico capace di rispondere
all’istinto di sopravvivenza con l’intelligenza del male.
Quanto di Bastiano sarebbe stato diverso ed evitabile in una vita
“normale”?
Quanto di Bastiano trova origine in una patologia predestinata e quanto,
invece, è la conseguenza, di una “vita non vita”?
Sono alcune delle domande che mi sono posta.
Naspini sembra impegnato nella ricerca spasmodica del peggio che può
offrire l’animo umano.
I personaggi a cui dà voce appaiono dannatamente “veri” e questo rende lo
scorrere delle righe ancora più doloroso.
Me lo immagino scrivere in una sorta di 𝘵𝘳𝘢𝘯𝘤𝘦 perché niente sembra
costruito a tavolino nelle sue opere: sono racconti che nascono dalla pancia,
dalla terra, dalle vibrazioni del bosco, delle mura, di un mondo non dichiarato
che sembra implodere per poi saltare in aria tutto insieme.
Sono storie estreme, le sue, viscerali, scovate chissà dove, talmente
“esagerate” che non sono mai prevedibili, ma che una volta sbattute davanti,
nero su bianco, non si ha nemmeno per un attimo la sensazione che non siano
possibili. L’orrore deriva tutto da lì: dal fatto che Naspini rende quelle
storie 𝘤𝘳𝘦𝘥𝘪𝘣𝘪𝘭𝘪. E in mezzo all’orrore,
si fa spazio lo stupore per il coraggio di denunciare i risvolti inconfessabili
della tragedia umana.
“ I cariolanti” è un libro forte. Oltrepassa i limiti del sopportabile. E’
un pugno nello stomaco che non ti lascia respirare.
L’architettura narrativa è solida, l’uso della lingua sublime.
Naspini riesce nell’intento di fare entrare il lettore nella testa della
voce narrante e questo è un merito dei grandi scrittori.
Lui non racconta un personaggio, lui in quel momento è il personaggio e
intraprende con chi legge un processo di osmosi emotiva che nel mio caso riesce
alla perfezione.
Sono ancora sottosopra dopo aver terminato la lettura de “I cariolanti” e
ho già ordinato un altro suo libro che in futuro leggerò.
Non appena mi illuderò di essere pronta.
Recensione di Laura Pancini
Recensione 2
” In quella lettera non fai che dire quanto ti piacerebbe vedere questa
figliola Miranda che se la passa da signorona, quanto deve essere diventata
bella, e se per caso ti può spedire una foto così la guardi tutte le sere prima
di andare a letto. Mammaccia infame che non sei altro.”
Bastiano vive la vita come un animale, un animale predatore, per
l’esattezza. Che è uno dei modi possibili di vivere, il più pericoloso però per
chi ha la sventura di incrociare la sua strada.
Seguiamo la vita di questo Pinocchio macabro ed efferato dai nove ai
cinquantadue anni; la sua storia è suddivisa in tredici capitoli – che
corrispondono a diverse età – che sono come tredici camere di sangue in un
lungo corridoio oscuro. Noi accostiamo l’occhio alla serratura e assistiamo ad
orrori inimmaginabili, ma non resistiamo e passiamo da una porta all’altra fino
ad arrivare all’ultima, come sotto un incantesimo malvagio.
Naspini calca la (felicissima) mano sull’orrore, la repulsione, il dolore,
qui neanche mitigati dal grottesco come ne “Le Case del malcontento “. Questo è
Male puro.
Recensione di Azzurra Carletti
Recensione 3
Terribile, rivoltante, blasfemo, soffocante eppure bellissimo.
Guardare in basso, più in basso che si può, fa male. Ma Naspini di questo
non ha paura.
Lui scava in mezzo al fango, alla spazzatura, allo schifo e tira fuori
delle pagine meravigliose, dei piccoli capolavori.
Questo romanzo racconta la vita di un disgraziato, Bastiano. Ed i
disgraziati, si sa, nascono così e muoiono ancora più disgraziati.
Non trovo le parole adatte per raccontarvi la sua storia, perché certe
brutture nemmeno ce le possiamo immaginare.
Vi dico solo che Bastiano, vissuto con la famiglia sotto terra per i primi
anni della sua vita , non ce la farà mai ad uscire da quel buco. Nemmeno quando
ne sarà fuori.
Lo sporco non si spazza via con una mano, in questo romanzo. I personaggi
rimangono sempre insozzati.
Tutto è deturpato, anche l’amore.
Ma Naspini lo racconta con una naturalezza tale, che non possiamo nemmeno provare
rabbia.
Consiglio questo libro a chi non sente la necessità di dividere i buoni dai
cattivi, il bello dal brutto, il giusto dallo sbagliato. E naturalmente a chi
non è claustrofobico.
Recensione di Benedetta Giannoni
Recensione 4
Bastiano lo conosciamo durante la guerra; ha nove anni ed è nascosto in un
buco sotto terra, con il padre e la madre. Si nutrono di quello che il padre
riesce a procurare di notte, forse animali, forse altro, ma il cibo non si
rifiuta altrimenti arrivano i Cariolanti e ti portano via!
E Bastiano lo sa.
E
mangia, tutto!
Lo seguiamo col passare degli anni, lo vediamo crescere, bello e solitario; adesso è fuori dal buco ma ormai per lui è troppo tardi, e lo scopriremo mano a mano che il racconto procede. Il racconto duro e senza pietà di una vita segnata, l’umanità che lascia spazio alla bestialità, una deriva che sembra così inevitabile da apparire quasi incolpevole.
Sono
solo un centinaio di pagine ma ti prendono lo stomaco e te lo stringono in una
morsa. Veramente bravo Naspini, un libro che lascia il segno.
Recensione di Elena Gerla
Nessun commento:
Posta un commento