Con 20 voti favorevoli su 28, la Commissione affari costituzionali
dell'Europarlamento ha accolto la proposta di apportare emendamenti agli
accordi fondamentali della UE: una “forte raccomandazione” dettata da Ursula
von der Leyen e sostenuta da Olaf Scholz e Emmanuel Macron. In pratica, si
prevede l'abolizione dell'unanimità nelle votazioni al Consiglio d'Europa e il
trasferimento dei poteri dagli Stati nazionali alla Commissione europea, a
partire da politica estera e sicurezza, frontiere, colture boschive, sanità,
protezione civile, industria e istruzione.
Secondo Athens News, viene anche proposta l'introduzione di
penalità per i Paesi che non sostengono la linea ufficiale europeista, come ad
esempio Ungheria, Slovacchia, Polonia. Penalità che, in sostanza, rappresentano
una procedura semplificata per sospendere l’adesione di quei paesi che violano
i “valori della UE”, tra cui spiccano, ufficialmente, le liturgie liberali su
“stato di diritto”, “democrazia”, “libertà”, “diritti umani”, “uguaglianza”: di
fatto, qualsiasi deviazione dalla linea euro-atlantica dettata dalla
“supercancelliera” inquadrata nei ranghi d'oltreoceano.
Immediata l’indignazione dei “dissidenti”. Il deputato polacco del partito
presidenziale PiS, Piotr Müller, ha dichiarato che gli emendamenti proposti
porterebbero all’abolizione di fatto degli Stati nazionali e alla creazione di
una sorta di «superstato UE». Un altro polacco, l’eurodeputato polacco del
gruppo PPE, Jacek Sariusz-Wolski, ha detto che la riforma proposta rappresenta
«una centralizzazione radicale della UE, che la trasformerebbe in un
super-stato oligarchico fuori dal controllo democratico».
In un'intervista alla slovacca Hlavne Spravy, lo storico
ungherese Laszlo Veszpremi mette in guardia – alla sua maniera, lamentando le «massicce
migrazioni» - dal pericolo rappresentato dal «terrorismo di estrema
destra», con l’Europa nordoccidentale che si muove «a passi da gigante verso
una sanguinosa guerra civile» che può portare a «dittature fasciste».
E quali sono i caratteri distintivi del fascismo come sistema politico, si
domanda Igor Veremeev sulla russa Stoletie: «spietata repressione
dell'opposizione, censura e controllo su ogni aspetto della vita dei cittadini.
Già oggi la UE si adatta bene a questo quadro. In molti paesi UE la censura è
in piena fioritura», con la proibizione, ad esempio, non solo dei media russi,
ma di tutto ciò che è connesso alla Russia. La polizia reprime le proteste di
massa «nel modo più spietato e brutale, come è avvenuto, ad esempio, in Francia
durante la rivolta dei “gilet gialli”», mentre la UE «sostiene e arma il regime
nazista a Kiev».
D'altronde, afferma Veremeev, l'idea stessa di una unione europea, era
sorta nei meandri del Reich hitleriano.
Secondo un vecchio rapporto dell'Intelligence militare americana noto
come Red House Report (EW-Pa 128), il 10 agosto del 1944 si
era tenuto a Strasburgo un incontro segreto, presente il Obergruppenführer SS
Dr. Scheid, nel corso del quale i nazisti avevano dato indicazione a un gruppo
d'élite di industriali tedeschi di pianificare la ricostruzione postbellica
della Germania e lavorare per un "forte impero tedesco". Agli
industriali veniva chiesto di «intraprendere passi in vista di una larga
campagna commerciale» a guerra finita, imbastendo «contatti e alleanze con
imprese straniere, a livello individuale».
In questa direzione, dopo il '45, si mossero banchieri e industriali
tedeschi, fra i quali spiccava il nome di Hermann Abs, entrato a far parte del
consiglio della Deutsche Bank e nel comitato di controllo della I.G. Farben nel
periodo dell'ascesa nazista. Nel 1946, Abs divenne membro della «Lega europea
per la cooperazione economica, gruppo di pressione volto alla creazione del
Mercato Comune, precursore della UE», come afferma il giornalista britannico Adam
LeBor, aggiungendo che la Lega sviluppò una politica di integrazione europea,
come a suo tempo proposto dai nazisti.
Nel volume Europe's Full Circle, Rodney Atkinson stila un
elenco di istituzioni politiche proposte dai nazisti, molto somiglianti alle odierne
istituzioni UE: Europäische Wirtschaftsgemeinschaft – Comunità economica
europea, ad esempio.
Anche le basi per la UE sotto forma di moneta unica europea furono gettate
a metà anni '50 dal famigerato Gruppo Bilderberg, uno dei cui principali
fondatori era stato il principe Bernardo d'Olanda, ex iscritto al NSDAP e ex
ufficiale delle SS.
Ancor prima, nel libro del 1940 La Comunità Europea, il
Ministro nazista dell’economia Walter Funk aveva parlato della necessità di una
“Unione Europea Centrale”, di uno “Spazio Economico Europeo” e anche di tassi
di cambio fissi, affermando che «nessun paese in Europa può raggiungere un
elevato livello di libertà economica compatibile con tutte le esigenze
sociali... la formazione di estese zone economiche discende dalla legge
naturale di sviluppo... in Europa governeranno accordi interstatali … in
determinati casi si deve esser pronti a subordinare i propri interessi a quelli
generali».
Sempre nel 1940, Joseph Goebbels aveva dato disposizioni per la creazione
di una «unione economica su larga scala dell'Europa», ritenendo che le persone
negli «anni Cinquanta non avrebbero più pensato in termini di propri paesi».
Tale idea è sopravvissuta alla sconfitta della Germania, conclude Veremeev:
«l'Unione Europea è stata ufficialmente istituita e oggi si sta trasformando
senza tentennamenti in un nuovo Reich nazista... ma quale Reich può esistere
senza un proprio potente esercito? Ecco perché oggi nella UE si parla della
creazione di proprie forze armate (nonostante l'esistenza della NATO)».
Ora, nazisti a parte, da anni è chiara la strada che banche, monopoli
transnazionali, istituti finanziari globali indicano come obbligatoria a
governi che, di “nazionale”, hanno ormai ben poco: come si dice, appena la
“normale amministrazione”.
E, una volta imposti i governi, stabilita loro la strada, si tratta di
eliminare qualsiasi forma di pericolosa deviazione che possa scaturire da
atteggiamenti “ribelli” dei residui “poteri” parlamentari: il tentativo
renziano del 2016 dice qualcosa. Poi, se non solo i parlamenti, per quanto
castrati di ogni velleità decisionale, ma addirittura dei governi azzardano
dissensi sulle linee strategiche decise da Bruxelles, il voto di quegli
“sciagurati” che mettono a rischio l'armamento dei nazigolpisti di Kiev può
semplicemente essere ignorato, a maggioranza. Basta accusarli di “sovranismo” e
il gioco è fatto. E, a maggioranza, si impone a tutti di eseguire
pedissequamente gli ordini del Gruppo Bilderberg, di accodarsi gagliardamente
alle scelte USA e NATO, per espandere i gangli dell'impero fino all'Africa e
all'Indo-Pacifico.
Per far questo, occorre davvero una agguerrita forza armata “europeista”,
finanziata con quel che resta dei servizi sociali, da privatizzare a più non
posso. Su questa strada, il “Quarto Reich” supera gli insegnamenti del suo
predecessore.
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