Riportandoci indietro di almeno un anno, e trattando del tema della
de-dollarizzazione, è necessario ricordare cosa sia avvenuto sul fronte
economico e monetario negli ultimi mesi. Va ricordato, innanzitutto, il refrain
dei media occidentali sul preteso (e presunto) isolamento della Russia dovuto
alle sanzioni occidentali. Ora, sappiamo bene ormai che questa disfatta
economica russa, di fatto, non c’è stata.
La narrazione diffusa di tutti i media italiani di una Russia allo sbando,
cioè del tutto priva di una strategia anche sul piano delle contromosse
economiche e finanziarie, non aveva convinto chi guardava le sorti del
conflitto in un’ottica di analisi geopolitica razionale[1]. E questo per almeno tre buoni motivi: il
primo, è che sarebbe parso quantomeno bizzarro che un’azione premeditata come
quella dell’attacco all’Ucraina non fosse stata valutata anche nei suoi aspetti
di reazione del mondo occidentale con le relative contromosse; il secondo,
perché la via d’uscita in realtà era già stata segnata attraverso gli sviluppi
delle relazioni economiche tra Russia e Cina[2] in tempi non sospetti; terzo perché,
va ammesso, dubitiamo di ciò che ci è stato raccontato dai media occidentali
che non ci pare abbiano brillato negli ultimi anni per serietà nel dare
correttamente le notizie, spesso spudoratamente di parte.
La prima domanda da porsi è se questa accelerazione verso la
bipolarizzazione dei blocchi sia andata effettivamente a discapito
dell’egemonia USA, sempre più schiacciata dalle iniziative congiunte di Russia
e Cina, miranti ormai da anni a uscire dall’influenza finanziaria del blocco
occidentale[3].
Le sanzioni a danno della Russia dimostrano al mondo che le riserve
valutarie in dollari americani accumulate dalle banche centrali possono essere
bloccate sulla base di iniziative politiche unilaterali. Questa situazione di
fatto ha generato una perdita di fiducia nel sistema a trazione americana
basato sul dollaro: il peso di questa scelta, lungi dal giudicarne qui
l’efficacia nelle sorti del conflitto, rivoluziona in termini geopolitici,
economici e finanziari le relazioni fra blocchi di potere, e mette in crisi la
gestione economica e persino il ruolo internazionale del dollaro statunitense.
Animato dalla necessità di porre un freno all’iniziativa di Putin, e
costretto a rinunciare a qualsiasi intervento diretto di tipo bellico,
l’Occidente a guida USA aveva attivato le sanzioni bloccando l’accesso della
banca centrale russa alla maggior parte delle sue riserve estere, ravvivando
però la rilevanza tra le più grandi nazioni del mondo della domanda non nuova
ma fondamentale: “quanto è alto il rischio?”. In questa situazione
geopolitica, infatti, accumulare attività estere è ormai considerato
potenzialmente pericoloso: i due blocchi militari ed economici, occidentale da
un lato ed euroasiatico dall’altro, sembrano destinati ad allontanarsi sempre
più l’uno dall’altro, con il rischio non improbabile di non comunicare tra
loro, o almeno in modo non ufficiale.
Dopo che Mosca aveva attaccato l’Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati
per ritorsione avevano bloccato l’accesso della banca centrale russa alla
maggior parte di miliardi di dollari di riserve estere[4]. Volendo semplificare la portata di
questa decisione, possiamo dire che gli USA avevano deciso, unilateralmente,
che tali riserve non valevano più nulla, diventando, de facto, di
“qualcun altro”. E qui arriviamo al punto: i saldi in dollari americani
diventavano palesemente voci di computer senza valore e non garantivano più
l’acquisto di beni essenziali, di conseguenza per Mosca diventava logico
smettere di accumularne.
Dal punto di vista russo, meglio investire in ricchezza fisica come grano,
barili di petrolio e, naturalmente, metalli preziosi. O anche, con portata
enorme sul piano geopolitico, investendo in attività manifatturiere cinesi[5]. I legami finanziari ed economici tra le
due superpotenze si sono rafforzati, e con un effetto a catena anche le nazioni
non sanzionate ma appartenenti all’area filorusso-cinese, o semplicemente
neutrali, potrebbero voler diversificare il proprio rischio, spingendo in una
direzione del tutto contraria alla globalizzazione, destinando il mondo a
consolidare due blocchi separati di potere tecnologico, monetario e militare.
Una realtà impensabile anche solo fino a pochi mesi fa.
La seconda domanda è se il consolidamento del rapporto tra Russia e Cina si
andrà sempre più rafforzando, specie attraverso accordi commerciali di grande
respiro, ciò metterà a rischio l’egemonia della valuta statunitense nel resto
del mondo[6]? La politica di Biden, sempre più vicino
alle prossime elezioni statunitensi, riuscirà a ricostruire la fiducia nella
moneta verde fondata su un’economia reale e in salute? La sensazione è che le
decisioni riguardanti le sanzioni alla Russia abbiano tracciato un percorso di
declino molto lento ma inesorabile che colpisce chi le ha messe in atto,
accentuando all’estero l’impressione di una Nazione (o insieme di Nazioni) non
più in grado di reagire efficacemente di fronte alla crisi interna e alle
spinte verso la de-dollarizzazione e la de-globalizzazione.
Ciò che sembra logico aspettarsi è la possibilità per Russia e Cina di
creare un sistema finanziario alternativo e competitivo. In linea con l’Euroasiatismo[7] di Aleksandr Dugin, filosofo russo e
figura controversa, convinto antioccidentalista e antiglobalista, Putin si
muove compiendo a pieno la volontà di fare della Russia una civiltà a sé
stante, e utilizza i mezzi finanziari ed economici per arrivare al suo
obiettivo. Il conflitto con l’Ucraina è solo una prima fase strategica di un
progetto epocale. Se i piani russi andranno in porto, globalizzazione, atlantismo e great
reset rischieranno di essere, a medio termine, parole prive di senso
almeno per metà del nostro mondo.
Un fatto è certo: nel tentativo di fermare Putin, l’Occidente ha dato il
via allo sganciamento della Russia dal mondo europeo. Cercando e generando
soluzioni alternative in materia di valute monetarie, beni essenziali, energia,
oro e criptovalute[8], la Russia, spinta dalle sanzioni
occidentali, si agganciava all’area asiatica (India compresa[9]), e rilanciava in chiave totalmente
indipendente e pienamente sovrana, affermando il diritto di pagare i debiti ai
creditori di paesi che commettono «azioni ostili» in rubli.
Il 2022 si era rivelato come un anno di svolta per il rafforzamento delle
relazioni bilaterali tra Cina e Russia sul piano commerciale e finanziario,
fenomeno già avviato a seguito della crisi della Crimea nel 2014. La Borsa di
Mosca, che mantiene fondi per conto delle banche del Paese e dei loro clienti,
aveva visto esplodere la sua dotazione di riserve estere, che per paura di imminenti
sanzioni venivano convertite in massa da dollari ed euro, incassati grazie alle
esportazioni in crescita, in yuan, che viene utilizzato sempre di più in Russia
tra imprese, investitori e correntisti come riserva di valore, mezzo di
pagamento a discapito del dollaro.
Nell’ottica dell’obiettivo della de-dollarizzazione, a inizio settembre
2022 Gazprom aveva annunciato di aver siglato un accordo con la China National
Petroleum Corporation per iniziare ad effettuare i pagamenti relativi alle
forniture di gas per un 50% in rubli e l’altro 50% in yuan.
Un numero sempre più elevato di banche
russe sta offrendo ai propri clienti l’opzione di aprire conti in valuta
cinese. Il fatto che gli interessi maturati su questi depositi siano in alcuni
casi inferiori a quelli pagati in Cina testimonia l’abbondanza della valuta
cinese nelle tasche dei privati in Russia.[10]
L’esclusione del dollaro dal sistema finanziario russo ha giocato a favore
di un rafforzamento della moneta cinese come alternativa valutaria,
evidenziandone lo spiccato ruolo politico in una situazione in divenire
nell’ambito dei precari equilibri mondiali, per i quali la de-dollarizzazione
rappresenta sicuramente l’obiettivo e il punto di svolta.
NOTE
[1] https://www.wallstreetitalia.com/e-guerra-la-russia-e-pronta-da-anni-anche-economicamente-noi-no/
[2] https://www.internazionale.it/opinione/rana-foroohar/2022/03/03/cina-russia-guerra-dollaro
[3] https://greatpowerrelations.com/armageddon-of-us-dollar-approaching/
[4] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sanzioni-4-grafici-spiegare-limpatto-sulla-russia-33953
[5] https://quifinanza.it/economia/video/guerra-ucraina-conviene-cina-interessi-commercio-gas-russia/607813/
[6] https://www.teleborsa.it/Editoriali/2022/03/01/oltre-il-dollaro-next-monetary-war-1.html#.YiTMOHrMLrc
[7] https://www.treccani.it/enciclopedia/la-russia-e-i-progetti-di-integrazione-eurasiatici_%28Atlante-Geopolitico%29/
[8] https://www.criptovaluta.it/31428/ucraina-bitcoin-e-cripto-per-novogratz-avvio-della-de-dollarizzazione
[9] https://lindro.it/ucraina-per-l-india-il-non-allineamento-e-sinonimo-di-astensione/
[10] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/mosca-prove-di-yuan-37252
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