(intervista di Marianna Usuelli)
Marx è
sempre stato considerato lontano dall’ecologia. A torto. Lo dimostra il lavoro
di ricerca del filosofo giapponese che ha riesumato gli inediti “Quaderni di
scienze naturali” che custodiscono la versione più matura e recente del
pensiero dell’economista di Treviri. La sostenibilità è al centro della sua
critica al capitalismo
Con
centinaia di migliaia di copie vendute in tutto il mondo in numerose lingue,
Kohei Saito è il filosofo giapponese che sta ribaltando l’interpretazione
convenzionale della dottrina di Karl Marx. Da sempre concepito come pensatore
produttivista, utopista tecnologico con un’inflessibile fiducia nel progresso,
che promuove il dominio dell’umanità sulla natura, Marx è sempre stato
considerato lontano dall’ecologia. Saito, uno dei maggiori conoscitori a
livello globale del padre del comunismo, ha riesumato dei manoscritti che Marx
non riuscì a riordinare prima di morire. I “Quaderni di scienze naturali”
nascondono per Saito la versione più matura e recente del pensiero di Marx e
permettono di ricostruire tutta un’altra filosofia, che addirittura pone la
sostenibilità al centro della sua critica al capitalismo.
L’ecosocialismo di Karl Marx (Castelvecchi Editore, 2023) è il libro
partorito dall’analisi di questi scritti inediti, che affrontando le
prospettive dell’agricoltura, della botanica, della chimica e della geologia,
contengono fondamentali riflessioni sulla crisi ecologica causata dalle
attività umane. Apparso per la prima volta nel 2017, “L’ecosocialismo di Karl
Marx” ha reso Saito il più giovane vincitore del Deutscher Memorial Prize, ma è
stato pubblicato in italiano solo alla fine del 2023.
Professor Saito,
rovesciando l’interpretazione canonica del “marxismo prometeico”, lei giunge a
sostenere che “non è possibile comprendere tutta la portata della critica
dell’economia politica di Marx se si ignora la sua dimensione ecologica”. Ci
spiega meglio?
KS Penso
che oggi sia difficile negare che il capitalismo sta creando l’attuale crisi
ecologica globale. Il problema è che non ci sono molte teorie per criticare
sistematicamente l’economia di mercato. La principale è ovviamente quella
legata al pensiero di Karl Marx che però è sempre stato accusato di essere
anti-ecologico, paladino della modernizzazione e
dell’industrializzazione. Dai “Quaderni di scienze naturali” emerge
tuttavia la sua profonda attenzione verso fenomeni quali la deforestazione, la
desertificazione, l’esaurimento del suolo e addirittura l’estinzione delle
specie, che prima d’ora si ignorava completamente. Marx era giunto alla
conclusione che il capitalismo non comporta solo lo sfruttamento degli umani ma
anche della natura e che sta distorcendo la nostra interazione metabolica con
essa. Verso la fine della sua vita Marx rivendicò quindi una società
postcapitalistica sostenibile, quello che io chiamo “eco-socialismo”.
Secondo lei
perché Marx è stato frainteso fino a oggi e non siamo stati in grado di
cogliere il suo pensiero ecologico?
KS Pubblicati
solo nel 2020 (Saito è uno degli editori, ndr), i Quaderni di
scienze naturali sono stati ignorati per ben 150 anni dalla pubblicazione del
primo volume de “Il Capitale”. Una delle ragioni è che nel corso del Novecento
i movimenti sociali si sono dedicati prevalentemente alle condizioni di vita
dei lavoratori e alla lotta alla povertà, trascurando l’ecologia. Abbiamo
creduto che con la tecnologia e lo sviluppo potessimo risolvere il problema
della fame. La questione ecologica è stata marginalizzata e lo è tuttora, anche
da parte dei movimenti operai. Io penso invece che oggi verdi e rossi
dovrebbero imparare gli uni dagli altri e che l’ecosocialismo sia uno dei modi
grazie a cui possiamo lottare meglio per ottenere una società più giusta e
sostenibile.
Spesso si
dice che è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo.
Come mai la nostra società è giunta all’incapacità di immaginarsi diversamente?
KS Dopo il
collasso dell’Unione sovietica molti hanno pensato che il marxismo avesse
fallito e non ci fosse alcuna alternativa al sistema capitalistico. A quel
punto si è pensato che tutti i problemi -la sostenibilità, l’uguaglianza, la
parità di genere- avrebbero dovuto essere risolti all’interno dell’economia di
mercato. La nostra immaginazione si è costretta sempre più negli esistenti
sistemi economici, istituzioni politiche e norme culturali. Quando ero uno
studente sono stato molto ispirato dal filosofo Antonio Negri, scomparso di recente.
Lui è stato uno dei pochi a rivendicare apertamente la necessità di immaginare
una società oltre il capitalismo, alternativa che chiamava “comunismo”. Molti
oggi pensano che il comunismo sia un’utopia, ma è altrettanto utopico pensare
che il capitalismo possa risolvere la crisi climatica e portare benessere a
tutti. Quindi io credo che abbiamo bisogno di più coraggio e immaginazione
per proiettarci oltre il capitalismo ponendo al centro la questione ecologica,
e penso che il marxismo ci dia tanti spunti creativi per questo lavoro.
“Dopo il
collasso dell’Unione Sovietica molti hanno pensato che il marxismo avesse
fallito e non ci fosse alcuna alternativa al sistema capitalistico. A quel
punto si è pensato che tutti i problemi avrebbero dovuto essere risolti
all’interno dell’economia di mercato” – Kohei Saito
Alla luce
delle sue riflessioni, si potrebbe considerare Marx un autore in linea con il
pensiero della decrescita?
KS Molti
ritengono che il superamento del capitalismo implicherebbe un uso della tecnologia
più giusto e una crescita economica più sostenuta e a beneficio di tutti. Ma
questa idea non è in linea con il pensiero che Marx ha sviluppato alla fine
della sua vita. Infatti era giunto a riconoscere che lo sviluppo della
tecnologia nel capitalismo si è verificato a spese di un sempre maggiore
sfruttamento degli umani e della natura. Una tecnologia che nasce dallo
sfruttamento non è adatta a una società post-capitalistica che aspira
all’uguaglianza. Abbiamo bisogno di un diverso tipo di tecnologia e di
relazione con la natura. Negli anni Marx è diventato sempre più critico
nei confronti del produttivismo e ha sviluppato un’idea di abbondanza slegata
dal consumismo e più sostenibile. Penso quindi che dovremmo specificare il
concetto di ecosocialismo come “decrescita ecosocialista” o “comunista”, in cui
tutti condividiamo la ricchezza di questo Pianeta in un modo uguale e
giusto.
Si è
conclusa da poche settimane la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite sul
clima (Cop28). Come giudica gli esiti?
KS Se si rimane nella cornice esistente delle attuali istituzioni
politiche, la Cop28 è da leggere come un successo, è andata meglio delle
precedenti e ha portato a un risultato storico, così come quando è stato
raggiunto l’Accordo di Parigi nel 2015. Se si esce dalla cornice capitalistica,
l’intero sistema delle Cop appare come un fallimento: non sta portando la
necessaria trasformazione che serve per limitare l’aumento della temperatura a
1,5°C e non sta dando voce alle persone povere e marginalizzate. Da questa
prospettiva con la Cop28 abbiamo assistito alla ripetizione delle solite
dinamiche politiche e questa è una delle ragioni per cui le persone dovrebbero
radicalizzarsi e avremmo bisogno di sperimentare un diverso tipo di movimento
sociale e politico.
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