In questo periodo di diffuso straparlare televisivo circa la Striscia di Gaza, generalmente senza conoscerla, senza neanche esserci mai entrati di sfuggita, lascia interdetto chi la Striscia la conosce per averci passato del tempo in “full immersion” e provoca indignazione il sentir ripetere sciocchezze – a volte per ignoranza, a volte secondo copioni da rispettare – che portano a definire terrorismo ogni manifestazione che si opponga all’assedio e alle numerose violenze dell’IDF, quelle sì definibili terrorismo, terrorismo di Stato e lo Stato si chiama Israele.
Davanti alle menzogne, alle sciocchezze, alla partigianeria pro-Israele
resistente perfino di fronte a manifestazioni da macelleria cilena, a
violenze che fanno concorrenza ad Abu Graib o a esternazioni indiscutibilmente
razziste di esponenti politici israeliani, nonostante tutto ciò gli
opinion maker sedicenti democratici che occupano i salotti televisivi
seguitano nella loro propaganda, a volte rozza ma a volte raffinatamente ambigua,
a favore dello Stato più illegale del mondo moderno creando in tal modo un
innalzamento costante della soglia di tollerabilità verso le violazioni dei
diritti umani e verso il dileggio delle massime istituzioni internazionali
preposte alla difesa di quei diritti universali divenuti puro
privilegio in applicazione del doppio standard dotto gli occhi di tutti.
Di tutto questo hanno discusso privatamente un gruppo di attivisti storici
che conoscono abbastanza bene la Palestina e in particolare la Striscia di Gaza
e da questo confronto per capire cosa c’è dietro l’imbroglio comunicativo
a noi così visibile, ma così oscuro a chi ha come unico riferimento i mass
media, è uscita una riflessione scritta da Vincenzo Barone, di
professione avvocato, di impegno civico attivista per i diritti umani.
Abbiamo deciso di pubblicare le sue considerazioni perché forse aiuteranno
a capire che c’è una verità non detta che, accompagnandosi a una bugia
troppe volte ripetuta, fornisce un quadro distorto della situazione israelo-palestinese.
Un quadro che induce a credere che chiunque si ribella all’oppressione sia un
terrorista. Salta così la legittimità della rivolta contro l’oppressore e si
reputa normale l’illegittimità degli arresti arbitrari (5.000 in Cisgiordania
in soli due mesi che vanno ad aggiungersi agli altri 6.000 su una popolazione
di circa 3 milioni di cui la metà bambini) e sfugge anche la percezione di
criminalità seriale di Israele che uccide impunemente almeno un palestinese al
giorno in Cisgiordania e che dal 7 ottobre ad oggi, sempre nella sola
Cisgiordania, ne ha uccisi più di 300 di palestinesi, tra cui un numero
altissimo di adolescenti e di bambini.
“Vedi - dice Vincenzo - mentre noi decidiamo se pubblicare o meno la mia
riflessione sono trascorsi 10 minuti e un altro innocente, secondo quanto
asserito dall’OMS, un minorenne con la sola colpa di essere palestinese, è
stato trucidato dalla follia sionista finanziata dagli USA”. Allora
pubblichiamo, lascia che chi non ha mai vissuto a Gaza e quindi non ha sentito
il tuo dolore scoprendo che quel bambino a cui avevi regalato un giocattolo, o
quella giovane madre cui avevi portato una confezione di caffè sono stati
smembrati dalle bombe. Noi che abbiamo conosciuto quei ragazzetti che facevano
skate al porto e che sono stati fucilati per banale esercizio del potere, noi
sentiamo non solo dolore ma una violenta rabbia nel vedere i servizi Tv
impastati di servilismo verso i killer, ma chi non conosce la verità resta
incolpevolmente plagiato da quelle narrazioni a pagamento perché, come diceva
già 70 anni fa Malcom X “se non state attenti i media vi faranno odiare gli
oppressi e amare gli oppressori.“
E allora pubblichiamo la riflessione di Enzo Barone, uno di noi, un
attivista che rifugge da titoli e distintivi e che ci offre questo scritto.
(Patrizia Cecconi)
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di Vincenzo Barone
“Ogni dieci minuti, a Gaza, viene ammazzato un bambino. Questa tragica
scadenza si ripropone da più di 78 giorni nella totale indifferenza dei padroni
della terra i quali disputano sulle parole mentre Gaza viene
disintegrata, come spudoratamente preannunciato dal governo israeliano in base
ad un disegno criminoso che trae origine dall’ispirazione stessa dell’ideologia
sionista. I palestinesi non esistono (arabi sono dispregiativamente
definiti per negare la loro identità territoriale) e la terra “promessa” è
appannaggio del solo popolo eletto. Un altro giro d’orologio, un altro
bambino cui è stata già negata l’infanzia non diventerà adulto.
La comunità internazionale, assopita nello status quo da
75 anni, complice dei crimini senza soluzione di continuità commessi
dall’entità sionista e così tollerante verso la mancata osservanza di ogni
risoluzione ONU, comprese quelle del Consiglio di Sicurezza, il 7 ottobre
2023 ha, forse, compreso che si è giunti al redde rationem: o
prevale il genocida progetto della potenza occupante o, finalmente, si afferma
la libera determinazione del popolo palestinese. Senza approfondire le
modalità di quell’azione (di cui diverse inchieste indipendenti hanno già
fornito dati e responsabilità ben diversi da quanto raccontato, ed è
auspicabile un’investigazione effettivamente autonoma che sveli il reale
svolgersi dei fatti) poniamo attenzione sulle ragioni di quell’agire.
Facciamo
un passo indietro: la “Grande Marcia del Ritorno” ed il suo tragico
bilancio di vittime. Quell’iniziativa, consistente in manifestazioni pacifiche
protrattesi per tanti venerdì di seguito con coraggiosa sfida – inerme - agli
occupanti (ed io che ho avuto l’onore di assistervi posso affermare che gli
“shabab” e le donne di ogni età che partecipavano alle manifestazioni erano ben
consci di correre il rischio di essere fucilati da vigliacchi cecchini che
miravano da dentro le loro torrette armate) quell’azione, dicevo, traeva la sua
legittimità dal lontano dicembre 1948 quando la Risoluzione ONU 194 affermava
che i profughi palestinesi hanno diritto di tornare nelle loro case. Era
una manifestazione non violenta eppure sono stati uccisi circa 270
palestinesi e varie centinaia sono rimasti mutilati a vita per l’uso di
proiettili vietati, ma a Israele niente si può vietare!Il 7 ottobre, invece, la
resistenza palestinese non ha scelto la non violenza, ha abbattuto la
recinzione illegale ed ha affermato il suo diritto ad esistere, con una voce e
una linea strategica precise, escludendo definitivamente che chiunque possa
arrogarsi il diritto di parlare “in vece di…”.Hamas-Jihad-Fronte e società
civile hanno diritto di parola e di decisione perché sono parte in causa e non
consentiranno mai che la Palestina storica possa coordinarsi con l’entità
sionista. Questo il messaggio chiaro di quell’azione armata.
Personalmente mi separa completamente da Hamas l’impostazione ideologica,
auspicando io una società laica ma, ciò non di meno, considero Yahia Sinwar e
Mohammad Deif partigiani autentici che meritano tutto il rispetto ed il
sostegno possibile.
Sono trascorsi altri 10 minuti e la vita di un altro fanciullo è stata
soppressa mentre all’ONU parlano, parlano e, ignobilmente, determinano
l’apoteosi dell’ ipocrisia. Farebbe addirittura sorridere, ma è tragico,
osservare questi personaggi, ai quali spetterebbe come unico destino
logico, se il mondo logico lo fosse, una Norimberga 2, mentre fingono di
occuparsi dei civili di Gaza e poi alzano il braccio per porre il veto che
autorizza lo sterminio di altri civili, di altri bambini (mi chiedo come potrà
guardare i suoi figli chi ha votato per la strage degli innocenti). Poi, grande
concessione, si accorda la “sospensione” tra un massacro e l’altro.
Verrebbe da sorridere perché nella loro saccente protervia quegli individui
sono ancora convinti di avere a che fare con degli inferiori (arabi-musulmani)
da poter ulteriormente turlupinare. No signori! A questo giro la resistenza
palestinese e in primis Hamas che, ricordiamo, nei suoi quasi 40 anni di
esistenza è passato per diverse fasi compresa quella degli attentati suicidi;
che ha visto assassinare da Israele i suoi fondatori e molti dirigenti, e che ,
tuttavia, è sopravvissuto al tentativo di cancellazione fisica fino ad
affermarsi democraticamente nelle ultime elezioni svoltesi nel lontano 2006,
cosi divenendo un’effettiva forza politica mantenendo un braccio armato, parte
fondamentale della resistenza tutta, necessario a impone la sua volontà contro
l’occupante.Cosa chiede la resistenza in questo momento? Chiede il ritiro
dell’esercito invasore che si sta macchiando di crimini genocidari; la
cessazione delle ostilità; la liberazione di tutti i prigionieri politici e, in
cambio, offre la restituzione dei prigionieri israeliani presi in ostaggio
proprio per negoziare lo scambio con i prigionieri palestinesi. Dire
queste semplici verità ci porta ad essere soggetti a due accuse: quella di
sostenere il terrorismo e quella di essere antisemiti.Personalmente, come
ho appena detto, non ho alcuna sintonia ideologica con Hamas, ciò nonostante
considero questo partito la spinta propulsiva della resistenza e rifiuto
semplicistiche sovrapposizioni tra un’azione necessariamente cruenta e quindi,
se si vuole, terroristica, e le forze politiche che l’hanno programmata con lo
scopo di fare un passo avanti verso la liberazione da uno Stato che il
terrorismo lo usa come pratica quotidiana e che, come obiettivo finale, ha
quello di appropriarsi dell’intera Palestina cacciandone i nativi.Negoziati,
manifestazioni pacifiche, gemellaggi con paesi amici, niente ha interrotto
l’assedio di Gaza e niente ha fermato la violenza dell’esercito e dei coloni in
Cisgiordania, o la profanazione dei luoghi santi. Il 7 ottobre la
resistenza ha detto basta e ha mostrato che Israele non è onnipotente.
Probabilmente aveva contato su un sostegno attivo del “fratelli” arabi che però
non c’è stato, altrimenti la mattanza si sarebbe fermata. Ma il 7 ottobre ha
segnato comunque una svolta e Israele o li ammazza tutti – ma nonostante la sua
disumanità, le sue armi, gentilmente fornite non solo dagli USA ma anche da
tanti sostenitori del sionismo genocidario come l’Italia, e le tante complicità
internazionali non ce la potrà fare, o sarà costretto a voltare pagina e
rispettare i diritti dei palestinesi. Non per un’improvvisa conversione
al diritto universale ma per la sua sicurezza, visto che quella garantitagli da
Abu Mazen non è stata sufficiente a fermare la resistenza.Per quanto
riguarda le accuse di antisemitismo lasciamole ai pusillanimi ed affermiamo con
decisione e coraggio che il mostro sanguinario, autore di una sterminio
pianificato deve essere fermato con ogni mezzo, perché a Gaza si sta
realizzando la più vergognosa e crudele forma di supremazia etnica ai danni di
chi chiede di essere libero sulla sua terra e di restare sulla sua terra. Se
Israele vincesse avrebbe perso l’umanità e avrebbero perso tutti i principi
della legalità internazionale di cui lo Stato ebraico si fa beffe.Da parte
nostra, di amici e sostenitori della causa palestinese, occorre incrementare
ogni forma di solidarietà a partire dal BDS affinché le nostre azioni di
sostegno siano sempre più pressanti, unitarie, determinate, volte ad affermare
la giustezza di ciò che i palestinesi dimostrano con il proprio sangue, che non
deve essere versato invano: la Palestina è dei palestinesi che lì resteranno
dando una lezione al mondo dei potenti e un esempio positivo agli altri popoli
in lotta per i loro diritti.
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