Il governo globale è il punto di arrivo. Lo sappiamo.
Il controllo totale di ogni aspetto della vita di ogni singola persona sul
pianeta, questo è l’obiettivo.
Questo è evidente da anni, se non da decenni, a chiunque abbia prestato
attenzione e ogni minima parte di dubbio residuo era stata eliminata dal
‘lancio’ del Covid, quando i membri dell’establishment avevano
iniziato a dirlo apertamente.
Il Covid aveva segnato un’accelerazione dell’agenda globalista, una folle
corsa verso il traguardo che sembrerebbe aver perso slancio prima della
vittoria, ma la corsa è ancora in pieno svolgimento. L’obiettivo non è
cambiato, anche se negli anni successivi l’agenda si è leggermente ritirata
nell’ombra.
Teoricamente sappiamo cosa vogliono, ma cosa significa in pratica?
Che aspetto avrebbe un possibile “governo globale”?
Innanzitutto, parliamo di ciò che NON vedremo.
1 – Non lo dichiareranno apertamente. No, quasi certamente non ci sarà
mai un “governo mondiale” ufficiale, almeno per molto tempo ancora. È una
lezione che hanno imparato dal Covid: dare un nome e un volto al globalismo non
farebbe altro che fomentare la resistenza collettiva nei suoi confronti.
2 – Non aboliranno gli Stati nazionali. Potete star certi che Klaus Schwab
(o chiunque altro) non apparirà mai in simulcast su tutte le televisioni del
mondo annunciando che ora siamo tutti cittadini del mondo e che gli Stati
nazionali non esistono più.
In parte perché ciò potrebbe suscitare resistenze (vedere punto 1), ma
soprattutto perché il tribalismo e il nazionalismo sono troppo utili a tutti
gli aspiranti manipolatori dell’opinione pubblica. E, naturalmente, il
permanere degli Stati nazionali non preclude in alcun modo l’esistenza di un
sistema di controllo sovranazionale, così come l’esistenza del Rhode Island,
della Florida o del Texas non preclude l’esistenza del governo federale.
3 – Non ci sarà mai una dichiarazione esplicita di un cambiamento di
sistema. Non ci verrà detto che siamo uniti sotto un nuovo modello, al
contrario, l’illusione della regionalità e della varianza superficiale
camufferà la mancanza di una vera scelta nel panorama politico. Una sottile
pelle polisistemica tesa su uno scheletro monosistemico.
Capitalismo, comunismo, socialismo, democrazia, tirannia, monarchia… queste
parole perderanno progressivamente sempre più significato, ancor più di quanto
non abbiano già fatto, ma non saranno mai abbandonate.
Ciò che il globalismo ci porterà – secondo me – sarà un insieme di
Stati-nazione, in gran parte solo di nome, dove opereranno sistemi di governo
superficialmente diversi, ma tutti costruiti sugli stessi presupposti di base e
tutti rispondenti ad un’autorità superiore non eletta e non dichiarata.
…e se questo vi sembra familiare, è perché, essenzialmente, è
quello che abbiamo già.
Gli unici aspetti importanti che mancano sono i meccanismi con cui questo
modello approssimativo potrà essere trasformato in una rete fluida, in cui
tutti gli angoli sono smussati e tutti i veri poteri sovrani sono solo residui
del passato.
È qui che entrano in gioco i tre pilastri principali del governo globale:
1. Moneta digitale
2. Identità digitale
3. “Azione sul clima”
Vediamoli uno alla volta.
1. MONETA DIGITALE
Oltre il 90% delle
nazioni del mondo è attualmente in procinto di introdurre una
nuova valuta digitale emessa dalla propria banca centrale. OffG –
e altri – si sono occupati per anni della spinta verso le valute digitali delle
banche centrali (CBDC), al punto che non è necessario ripetere i vecchi
discorsi in questa sede.
In poche parole, una moneta interamente digitale consente una sorveglianza
totale di ogni transazione. Se la moneta fosse programmabile, permetterebbe anche
il controllo di ogni transazione.
Per maggiori dettagli, potete leggere il nostro vasto elenco di articoli sulle CBDC.
È chiaro che le CBDC sono un incubo potenzialmente distopico che violerà i
diritti di chiunque sarà costretto a usarle…. ma in che modo sono un elemento
costitutivo del governo globale?
La risposta è “interoperabilità“.
Anche se le varie CBDC nazionali saranno teoricamente separate, la
maggior parte di esse è stata codificata per riconoscersi e interagire
reciprocamente. Sono quasi tutte sviluppate secondo le linee guida
prodotte dalla Banca dei Regolamenti Internazionali e da altre istituzioni
finanziarie globaliste, e sono tutte programmate dai soliti, pochi, giganti
della tecnologia.
Un rapporto del
giugno 2023 per il World Economic Forum aveva sottolineato l’importanza dei “Principi
di interoperabilità globale delle valute digitali delle banche centrali” e
aveva concluso:
È fondamentale che le banche centrali diano priorità alle considerazioni
sull’interoperabilità fin dalle prime fasi del processo di progettazione, aderendo ad una
serie di principi guida. Per facilitare il coordinamento a livello
mondiale e garantire un’attuazione armoniosa delle CBDC, diventa
imperativo sviluppare un insieme completo di principi e standard. Basandosi su
precedenti ricerche e collaborazioni, questo insieme di principi potrà servire
da solida base, guidando le banche centrali a considerare proattivamente
l’interoperabilità fin dall’inizio delle loro iniziative sulle CBDC. Adottando questi
principi, le banche centrali potranno collaborare alla creazione di un
ecosistema CBDC coeso e interconnesso.
Commentando il rapporto, il sito web del World Economic Forum aveva
osservato che [grassetto aggiunto]:
Per garantire uno sviluppo di successo e promuovere
l’interoperabilità, il coordinamento globale diventa fondamentale […]
aderendo ai principi di interoperabilità, le CBDC potranno avanzare
armoniosamente, portando a sistemi di pagamento digitali efficienti e
interconnessi.
Non ci vuole un genio per capire il senso di “coordinamento globale”,
“ecosistema coeso”, “avanzamento armonioso” e “sistemi di pagamento interconnessi”.
Non c’è alcuna differenza pratica tra 195 valute digitali
“interoperabili” e interconnesse e un’unica valuta globale.
In effetti, “interoperabilità” è la futura parola d’ordine di tutte le
strutture di potere globaliste. Il che ci porta senza dubbio alla…
2. IDENTITÀ DIGITALE
La spinta globale per le identità digitali obbligatorie è ancora più antica
dell’agenda delle valute digitali, in quanto risale all’inizio del secolo e
alle “carte d’identità nazionali” di Tony
Blair.
Per decenni è stata una “soluzione” proposta per ogni “problema”.
Terrorismo? L’identità digitale vi terrà al sicuro.
Immigrazione illegale? L’identità digitale proteggerà il
confine.
Pandemia? L’identità digitale terrà traccia di chi è
vaccinato e di chi non lo è.
IA? L’identità digitale dimostrerà
chi è umano.
Povertà? L’identità digitale “promuoverà
l’inclusione finanziaria”.
È chiaro che, proprio come nel caso delle CBDC, un ubiquitario sistema di
identità digitale rappresenta una minaccia per i diritti umani. E, proprio come
nel caso delle CBDC, se si interconnettono le piattaforme nazionali di identità
digitale si può costruire un sistema globale.
Anche in questo caso, si tratta di “interoperabilità”. Usano lo stesso
identico linguaggio.
Il programma Identity4Development della Banca
Mondiale sostiene che:
L’interoperabilità è fondamentale per sviluppare ecosistemi di identità
efficienti, sostenibili e utili.
I ministri dei Paesi Nordici e Baltici per la digitalizzazione hanno
chiesto pubblicamente ID digitali
operativi “transfrontalieri”.
ONG come Open Identity Exchange (OIX) stanno pubblicando
rapporti sulla “necessità di standard di dati per consentire
l’interoperabilità degli ID digitali sia nelle federazioni all’interno di un
ecosistema di ID, sia tra gli ecosistemi di ID“.
L’elenco dei governi nazionali che hanno introdotto l’ID digitale, che
“collaborano” con i colossi aziendali per farlo e/o che promuovono
l'”interoperabilità transfrontaliera” è lungo e vi si aggiungono in
continuazione nuovi
membri.
Nell’ottobre 2023 il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite aveva
pubblicato le proprie “linee guida” per la progettazione
e l’utilizzo delle identità digitali.
Non c’è alcuna differenza pratica tra 195 piattaforme di identità
digitale in rete e un unico programma di identità globale.
Ok, quindi hanno messo in atto una moneta e un programma di identità
globali. Ora possono controllare e monitorare i movimenti, le transazioni
finanziarie, la salute e altro ancora di tutta una popolazione. Questo è un
meccanismo di sorveglianza e controllo, gestito in un modello distribuito e
progettato per nascondere l’esistenza stessa di un governo globale.
Ma che dire della politica?
Come farebbe questo governo globale a promuovere politiche e ad approvare
leggi senza svelare la propria esistenza?
Utilizzando il cambiamento climatico, ecco come.
3. “AZIONE PER IL CLIMA”
Il cambiamento climatico è da anni in prima linea nell’agenda dei
globalisti. È il cavallo di Troia della tecnocrazia antiumanista.
Già nel 2010, noti “esperti” di cambiamento climatico suggerivano
che “gli esseri umani non sono abbastanza evoluti” per combattere
il cambiamento climatico e che “potrebbe essere necessario mettere in pausa
la democrazia per un po’ di tempo“.
Più di recente, nel 2019, Bloomberg pubblicava
articoli con titoli come “Il cambiamento climatico ucciderà la sovranità
nazionale così come la conosciamo“, e gli accademici ci dicevano
che:
“Gli Stati non saranno in grado di risolvere crisi globali come il
cambiamento climatico finché non rinunceranno alla loro sovranità”.
Per anni il cambiamento climatico è stato venduto come la ragione per cui
potremmo essere “costretti” ad abbandonare la democrazia o la sovranità.
Parallelamente, c’è una prolungata narrazione propagandistica dedicata a
trasformare il “cambiamento climatico” da problema ambientale a
questione omnicomprensiva.
A questo punto, tutti i governi nazionali concordano sul fatto che il
“cambiamento climatico” è un problema urgente che richiede una cooperazione
globale per essere risolto. Organizzano enormi
vertici in cui firmano accordi internazionali che vincolano gli Stati
nazionali a determinate politiche, per il bene del pianeta.
Avendo stabilito questo modello, ora stanno ampliando la portata del
“cambiamento climatico”. Trasformando il “cambiamento climatico” nella risposta
a ogni domanda:
È ovvio che il “cambiamento climatico” avrà un impatto sull’energia
e sui trasporti.
Sulle orme del Covid, il “cambiamento climatico” è già stato ribattezzato
in “crisi
sanitaria“.
Ora ci viene detto che il “cambiamento climatico” sta generando una crisi
alimentare.
Ci viene detto che il commercio
internazionale deve essere attento al
clima.
La Banca Mondiale ci dice che la riforma
dell’istruzione aiuterà a combattere il cambiamento climatico.
Il Fondo Monetario Internazionale ci dice che ogni Paese del mondo
dovrebbe tassare
l’impronta di carbonio e, unificando la narrazione, che
le CBDC possono
essere positive per l’ambiente.
Vedete come funziona?
Agricoltura e alimentazione, salute pubblica, energia e trasporti,
commercio, politica fiscale e tributaria, persino istruzione. Quasi ogni
settore del governo è ora potenzialmente coperto dall’ombrello del “cambiamento
climatico”.
Non hanno più bisogno di un governo unico mondiale, ma solo di un unico
gruppo di “esperti internazionali imparziali in materia di cambiamenti
climatici” che lavorino per salvare il pianeta.
Attraverso la lente del “cambiamento climatico”, questi esperti avrebbero
il potere di dettare – scusate, raccomandare – le politiche
governative in quasi tutti i settori della vita di ogni nazione del pianeta.
Lo vedete già?
Questo è il governo globale del mondo moderno, non centralizzato ma
distribuito. Cloud computing. Un alveare sovranazionale di imprese e
tecnocrati. Senza esistenza o autorità ufficiale, e quindi senza
responsabilità, che incanala tutte le sue decisioni politiche attraverso un
unico filtro: il cambiamento climatico.
Non ci sarà un’unica valuta globale, ma decine e decine di valute digitali
“interoperabili” che creeranno un “ecosistema armonioso di pagamenti“.
Non ci sarà un unico servizio di identità digitale globale, ma una serie di
“reti di identità interconnesse” che si impegneranno nel “libero
flusso di dati per promuovere la sicurezza“.
Non ci sarà un governo globale, ma pannelli internazionali di “esperti
imparziali“, nominati dall’ONU, che esprimeranno “raccomandazioni
politiche“.
Quasi o tutti i Paesi del mondo seguiranno la maggior parte o tutte le
raccomandazioni, ma a chiunque chiamerà “governi globali” questi gruppi di
esperti verranno inoltrate le verifiche di Snopes o Politifact, che
evidenzieranno il fatto che “i gruppi di esperti delle Nazioni Unite NON
costituiscono un governo globale perché non hanno potere legislativo“.
Questo, secondo me, è il modo in cui il governo globale prenderà forma nel
2024 e oltre.
Compartimentato, assolutamente negabile… ma molto, molto reale.
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