Paola Cortellesi ha inaugurato l’anno accademico 2023-2024 dell’università Luiss Guido Carli con un monologo sul “sessismo nelle fiabe” [1], sostenendo che le favole sono piene di quei luoghi comuni che costruiscono l’immaginario collettivo delle donne, dove l’unica dote delle protagoniste è quella di essere belle, mentre il potere salvifico è affidato agli uomini, soprattutto se potenti, come il Principe Azzurro. Le donne, invece, spesso sono personaggi negativi, come la strega di Biancaneve. Il discorso, tenuto davanti agli accademici, si è arricchito di alcune “perle” riportate su tutti i quotidiani nazionali:
«Biancaneve faceva la colf ai sette nani».
Oppure
«Siamo sicuri che se Biancaneve fosse stata una cozza il cacciatore l’avrebbe salvata lo stesso?».
E ancora:
«Perché il principe ha bisogno di una scarpetta per riconoscere Cenerentola, non poteva guardarla in faccia?».
Sorvolando sull’efficacia di queste infelicissime battute, e in barba alla cultura e al buonsenso, l’attrice si è lanciata in un’azzardata rivisitazione e banalizzazione del mondo fiabesco in chiave femminista. Il risultato è stato imbarazzante, da quel che si legge, soprattutto perché la Cortellesi dimostra di non conoscere evidentemente l’importanza delle fiabe per il mondo infantile, e gli studi autorevolissimi riguardo a questo tema.
“Se volete che vostro figlio sia intelligente, raccontategli delle fiabe;
se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più“.
diceva Albert Einstein [2].
Bruno Bettelheim [3], psicopatologo dell’età evolutiva, sosteneva che la fiaba non solo accresce la creatività e l’immaginazione del bambino, ma lo aiuta a sviluppare l’intelletto e a familiarizzare con le sue emozioni più profonde: la funzione della fiaba tradizionale è quella di consentire al bambino di scindere il bene dal male attraverso la loro rispettiva personificazione nella mamma accudente e nella strega, nel cacciatore eroe e nel Lupo malvagio, nel salvatore e nel predone egoista [4].
Jacob Grimm, filologo, linguista e scrittore tedesco, più conosciuto come il maggiore dei due fratelli Grimm, famosi per aver raccolto e rielaborato le fiabe della tradizione popolare tedesca, scriveva nel 1812:
“Sono fermamente convinto che tutte le fiabe della nostra raccolta, con tutte le loro particolarità, venivano narrate già millenni fa … in questo senso o tutte le fiabe si sono codificate come sono da lunghissimo tempo, mentre si spostano di qua e di là in infinite variazioni … tali variazioni sono come i molteplici dialetti di una lingua e come quelli non devono subire forzature [5]”.
Uno dei principali intellettuali del 900, Carl Gustav Jung [6], psichiatra, psicoanalista, antropologo e filosofo svizzero, era affascinato e interessato al mondo delle fiabe, sostenendo che esse sono l’espressione più genuina e pura dei processi dell’inconscio collettivo che si esprime attraverso gli archetipi. L’analisi delle fiabe secondo i principi della psicologia analitica junghiana è stata portata avanti da Marie-Louise von Franz che ha dedicato a questo soggetto ben cinque saggi.
La fiaba è prodotta dalla fantasia e dell’ingegno umano; incarna ed esprime sentimenti, emozioni, aspirazioni, speranze comuni a tutta l’umanità. Non esiste praticamente popolo che, accanto alla sua mitologia, non abbia le sue fiabe. In tutte si riscontra una singolare analogia di temi e motivi costanti.
La fiaba rappresenta gli archetipi[7] nella loro forma più pura, riflettendo i modelli fondamentali della psiche. Attraverso la via dell’immaginario, la fiaba accomuna e avvicina civiltà e culture lontanissime, dimostrando come nell’intimo di ciascun uomo alberghino i medesimi pensieri, speranze, bisogni, aspirazioni.
Pensiero, Sentimento, Sensazione, Intuizione.
Questi quattro tipi permettono di descrivere varie figure archetipiche che rappresentano i diversi aspetti della psicologia maschile e femminile. I personaggi della fiaba sono sempre un’espressione di queste figure archetipiche e quindi sono molto spesso riconducibili ad un aspetto particolare di una data funzione psicologica.
Qui alcune tra le figure archetipe più diffuse nelle fiabe tradizionali per l’infanzia:
Il Vecchio Sapiente (Il Vecchio Saggio) – compare spesso quando l’individuo, o l’eroe della fiaba, si trova in una situazione disperata dalla quale solo l’intervento dello spirito può liberarlo, spesso galvanizzando le riserve di energia dell’inconscio per raggiungere il suo scopo. Il Vecchio Sapiente è molte volte fonte d’ispirazione, di entusiasmo, di perspicacia, di intuito, di comprensione.
Il Padre / il Re – Questa figura e la personificazione dell’autorità, della legge, dell’ordine, delle convenzioni sociali, dei comportamenti esemplari, ecc. e inoltre della protezione maschile.
L’Orco / il Re cattivo – Il padre oppressivo, che minaccia di modellare la personalità in un modo conformistico. Tutti i problemi che l’individuo ha nei confronti della disciplina (un atteggiamento di ribellione oppure un atteggiamento di sottomissione) risalgono di solito al suo rapporto con il padre-orco.
Il Giovane / l’Amante – Equivalente maschile della Principessa; per questa sua giovinezza, ha in sé il seme della potenziale trasformazione nell’Eroe e, successivamente, nel Vecchio Sapiente, incarnando così tutti gli aspetti dell’Io.
L’Esploratore, o Eterno Bambino – L’errante, chi va alla deriva: privo di ogni altra influenza, questo aspetto delle forze vitali interiori evita ogni impegno, rifiuta di diventare adulto e finisce col restare sempre infantile, anche nella vecchiaia, piuttosto che accettare la sua condizione di uomo. Una passione piena di curiosità per l’avventura, che contrasta con la pazienza, il sacrificio, la dedizione.
L’Eroe – L’audacia e lo spirito d’iniziativa dell’individuo, la sua volontà e il suo potere di comando.
Il Cattivo / il Ribelle – Poiché rappresenta le radici dell’inconscio, o il complemento del pensiero cosciente e dell’ego, questo archetipo ha una propensione all’egoismo che può portare alla megalomania.
Mago Bianco / Mago Nero – Questa figura è inafferrabile quanto la stessa intuizione: i lati oscuri e quelli luminosi sembrano molto meno differenziati che negli altri archetipi. Può essere utile in un primo tempo e poi diventare pericoloso, o viceversa.
La “Magna Mater” (La Grande Madre) – Questo archetipo è l’equivalente del Vecchio Sapiente e presenta la totalità nella donna o la sua potenziale integrità.
La Madre / la Creatrice – È l’aspetto materno protettivo della donna, le sue qualità legate alla casa e alla famiglia: la creatrice del focolare, colei che dà il cibo, che è il rifugio, l’amore, la tenerezza.
La Madre Terrificante – È l’aspetto possessivo, divorante e distruttivo della maternità. Può sorgere in una madre comprensiva, iperprotettiva, che però ad un tratto minaccia la crescita, lo sviluppo, l’indipendenza dell’individuo. L’archetipo della Madre Terrificante simboleggia anche la dea irata che ha dato origine a tutte le infamie del mondo, a tutto ciò che è cattivo e malvagio.
La Principessa – È la “ragazza”, l’amore, la qualità eternamente giovane della spontaneità e del calore umano. Non è solamente la capacità di attrarre, ma anche quella di essere attratta.
La Fata saggia – Uso dell’intuizione e forza positiva del mondo interiore femminile.
La Strega / la Maga – come figura delle fiabe, può riferirsi a uno degli aspetti negativi della femminilità, in particolare alla Madre Terrificante. Per indicare invece questo archetipo la fiaba sottolineerà il suo magico potere d’intuizione: essa potrà infatti comportarsi come una versione femminile del Mago Nero/Mago bianco.
L’identificazione permette ai bambini di sperimentare una condizione di fiducia e speranza: come accade a loro, anche i personaggi della storia narrata vivono difficoltà spesso analoghe, per le quali, nonostante gli ostacoli e le peripezie incontrate nel loro cammino, saranno in grado di trovare una soluzione. Se anche le soluzioni individuate dai personaggi non saranno le stesse che troveranno i bambini, loro scopriranno che è possibile trovare soluzioni ai problemi; quindi, come diceva lo scrittore Chesterton [8]:
“Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono.
Perché i bambini lo sanno già.
Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti”.
[2] https://www.guidapsicologi.it/articoli/8-ragioni-per-cui-le-favole-sono-importanti-per-linfanzia
[3] https://www.treccani.it/enciclopedia/bruno-bettelheim_(Enciclopedia-Italiana)/
[4] https://psichenessunoecentomila.wordpress.com/2016/10/22/fiabe-da-paura/
[6] https://www.treccani.it/enciclopedia/carl-gustav-jung/
[7] Nel pensiero di Jung (1875-1961), immagine primordiale contenuta nell’inconscio collettivo, la quale riunisce le esperienze della specie umana e della vita animale che la precedette, costituendo gli elementi simbolici delle favole, delle leggende e dei sogni.
[8] https://www.treccani.it/enciclopedia/gilbert-keith-chesterton/
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