Al vertice di Ginevra sul commercio mondiale la dichiarazione finale blinda un accordo che salvaguardia pochi Stati e le loro industrie a scapito dei paesi del Sud del mondo sulla proprietà intellettuale sui vaccini e altro. Vincono le lobby contro il Trips Waiver, multilateralismo in frantumi.
Mentre impazza il terrore bellico in
Ucraina, con attenzione mediatica senza precedenti anche per gli effetti
strutturali che la guerra sta cominciando ad arrecare, un’altra faglia di
estenuante conflitto agita il mondo con le sue proprie vittime e le sue macerie
diplomatiche. Mi riferisco alla richiesta di sospensione dei diritti di
proprietà intellettuale, avanzata da India e Sudafrica più di un anno e mezzo
fa all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), il cosiddetto TRIPS Waiver, per poter rispondere con maggiore
efficacia alla pandemia di Covid19.
Dopo mesi di assordante silenzio, il
tema è decisamente tornato alla ribalta nei prolungati giorni di convulso
stallo negoziale alla MC12 del WTO, in una Ginevra blindata per l’arrivo dei
ministri del Commercio e le mobilitazioni della società civile, qui confluita
per l’occasione a 4 anni dall’ultima conferenza interministeriale in Argentina.
Un accordo sarebbe quanto mai essenziale a salvare quel che resta del multilateralismo
in queste ore a Ginevra, mentre la comunità internazionale è dilaniata dalla
tragedia dell’Ucraina, ma il testo della dichiarazione finale – chiuso senza
che le delegazioni abbiano avuto la possibilità di vederlo e approvarlo, come
indicano alcuni delegati governativi presenti – blinda un accordo che
salvaguarda i privilegi delle élite mondiali, a scapito dei paesi del sul del
mondo. E non solo sul versante della proprietà intellettuale. La Direttrice
Generale Dr Ngozi Okonjo-Iweala ha navigato con molto protagonismo questa
partita, denunciando lo stallo negli ultimi venti anni del WTO e rivendicando l’urgenza di un cambio di passo. Ma alla fine, in nome di un esito che fosse
spendibile per certi organi di stampa come Bloomberg che
annunciano uno storico accordo, la DG ha permesso che l’egemonia di
pochissimi Stati membri e delle loro industrie avesse il sopravvento sul buon
senso e l’interesse comune, forzando un consenso che non c’era.
All’inizio del 2021, quando tutto il
mondo era in preda al virus e in attesa dei vaccini, il TRIPS Waiver aveva suscitato l’indignazione
diffusa delle opinioni pubbliche e della stampa, come era accaduto due decenni
prima con lo scandalo degli antiretrovirali contro l’HIV/AIDS. La proposta di
India e Sudafrica, forte dei suoi molti e accreditati sostenitori, era approdata con qualche sorpresa persino nei talk
shows televisivi più in vista, spesso refrattari a trattare gli spinosi temi
della globalizzazione. Questa scintilla di attenzione sulle storture dei
monopoli brevettuali che governano la gestione della conoscenza era parsa una
promessa di cambiamento che Covid-19, pur con tutte le sue vittime, avrebbe
potuto dischiudere. Ma da quando il mondo occidentale ha completato il suo
accaparramento dei vaccini contro SARS-CoV-2 – con buona somministrazione di terza
dose per molta parte della popolazione, e l’avvio della quarta dose per alcune
fasce più a rischio – il tema della sospensione della proprietà intellettuale è
divenuto nuovamente roba per addetti ai lavori della società civile, tema di
nicchia su cui riconfermare a tutti costi il silenzio stampa, per via di un
patologico asservimento dei media alle lobby industriali o filantropiche che si
oppongono al Waiver.
E dunque, da un anno a questa parte, chi
ha più sentito parlare della proposta di liberare la conoscenza
scientifica e renderla un bene comune cui sia possibile accedere derogando
finalmente ai monopoli, per inventare tecnologie e produrre rimedi contro
Covid-19? Parlarne era nuovamente un’impresa, man mano che le poche delegazioni
ostili serravano la strada a ogni prospettiva di una mediazione di senso. È diventato difficile discuterne anche a
livello politico, mentre la riaffermazione della proprietà intellettuale come
condizione indispensabile per produrre innovazione si imponeva nuovamente con forza,
e contro ogni evidenza scientifica ormai. Il dogma non si doveva toccare. Non
si potevano creare precedenti, anche se aprire le maglie del sapere scientifico
per qualche anno avrebbe fatto un gran bene alla qualità della scienza e ai
bisogni del mondo (anche nei paesi ricchi). E che sia un dogma lo dimostra il
funambolico attivismo della comunità internazionale a trazione occidentale per
cercare acrobatici accrocchi alternativi, con la benedizione del G20, ed evitare ogni moratoria del trattato TRIPS.
Eppure, non ci stanchiamo mai di
ripeterlo, stiamo parlando di una possibilità prevista dal diritto
internazionale e di una misura che gode del sostegno della stragrande
maggioranza dei membri dell’OMC e di circa 700 parlamentari europei. Parlamenti
nazionali si sono ripetutamente espressi a favore dei Waiver, come ha fatto il
Parlamento Europeo con due risoluzioni votate a maggioranza. Stiamo parlando di
una soluzione che gode del sostegno di diverse organizzazioni internazionali,
della comunità scientifica e medica, di premi Nobel dell’economia come Joseph
Stiglitz, di Papa Francesco, il quale è tornato più volte sulla necessità della
scienza come bene comune, e non privato.
Ad essa si sono opposti cocciutamente la
Commissione Europea, la Svizzera e la Gran Bretagna. Gli Stati Uniti, dopo
l’apertura del 5 maggio 2021 alla possibilità di un waiver dei brevetti solo per i vaccini, hanno
fatto il pesce in barile mandando avanti i più ostinati, oppure sono entrati
nel vivo del negoziato per aggiungere condizionalità geografiche, criteri di
eligibilità fatti apposta per escludere la Cina, e per assicurarsi che la
mediazione discuta solo di vaccini, escludendo ogni altro prodotto essenziale
alla lotta contro Covid-19 (diagnostici, terapeutici, strumenti medicali come
respiratori, ventilatori, etc.). Un itinerario lunghissimo di fitte riunioni
formali e informali a Ginevra per prendere tempo, e per estenuare gli stessi
proponenti del TRIPS Waiver. India e Sudafrica
sono stati coinvolti negli ultimi mesi in un controverso compromesso a quattro
(QUAD Compromise) con USA e UE, che costituisce per l’appunto il minimo comune
denominatore delle posizioni di USA e UE. Il compromesso,
validato solo dalla Commissione Europea, prevedeva nuovi obblighi che non sono
presenti nell’accordo TRIPS. Insomma, una bufala. E poi le consuete pratiche
di Green Rooms, note ai
veterani del WTO. Si tratta di incontri a invito e porte chiuse
organizzati anche in questi giorni alla 12ma Ministeriale per discutere del
TRIPS Waiver – ma usate anche per gli altri dossier in agenda alla 12ma
Ministeriale: pesca, agricoltura e sicurezza alimentare, riforma del WTO – ai quali sono stati
esclusi la maggior parte degli altri governi, persino l’Indonesia presidente
del G20 (sul TRIPS Waiver).
L’economia della conoscenza scientifica
ed i meccanismi legalizzati di “appropriazione della scienza” (come sostengono
accreditati economisti) da parte di Big Pharma, anche quando l’innovazione è
generata con finanziamenti pubblici (come, ma non solo, nel caso di Covid-19),
definisce un crinale di guerra aperta tra il Nord e il Sud del mondo. Nessuno
si scandalizzi per il paragone con la guerra tra Russia e Ucraina. Anche questa
lo è. Miete vittime come le guerre – oltre 15 milioni sono
le persone che hanno perso la vita per via di Covid19 secondo una
recente stima dell’OMS; 12 milioni le persone morte
di HIV/AIDS solo tra gli anni ’90 e 2000 in Africa, malgrado la disponibilità
della terapia antiretrovirale, secondo l’attuale direttore di CDC Africa, Dr Ahmed
Ouma Ogwell.
Su questo fronte, come sul recente
conflitto europeo, il multilateralismo esce a pezzi, in un dialogo tra sordi
non più in grado di intercettare le istanze di cambiamento e di trovare una
mediazione conveniente alla sfida delle future pandemie. Lo ha detto senza
sconti il ministro del commercio indiano, indugiando sulle pieghe della
ipocrisia internazionale al WTO. Il consenso forzato di questi giorni mette in
serio pericolo la salute della democrazia intergovernativa e la salute stessa dell’umanità.
E marcia di pari passo con gli sforzi della comunità internazionale di
apparecchiare all’Oms gli scenari del futuro pandemico: come se si trattasse di
un ineludibile destino, e non di un clamoroso fallimento della governance
globale contaminata ovunque dagli interessi di monopoli privati.
In altri tempi, le delegazioni del Sud
del mondo avrebbero abbandonato le stanze del negoziato, come fecero a Seattle,
per unirsi alla società civile. Non è accaduto questa volta, forse per non
imbarazzare la direttrice africana, forse nella speranza di ottenere qualche
margine di manovra a livello regionale o nazionale. Forse perché
l’aria della globalizzazione oggi è molto più asfittica di quanto non fosse nel
1999. Quello che resta, oggi, sono due anni di pandemia nel segno dello
scandaloso di asservimento all’industria farmaceutica. Ancora più forte, dopo Covid-19.
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