Il ricordo sbiadito – Gianni Lixi
Come sempre gli ultimi giorni di gennaio assistiamo ad una grande quantità di manifestazioni che vogliono ricordare la Shoa’. Dovrei essere contento. Dovrei trovare conforto dal fatto che tante persone vogliono ricordare una delle pagine più tristi del genere umano. Eppure no, non solo non trovo conforto ma anzi provo un certo disagio, anzi un vero e proprio fastidio. Ho cercato di interrogarmi, ed ho provato a mettere in fila alcune considerazioni che potessero spiegare questo mio stato d’animo. Una delle prime cose che credo mi abbiano indisposto è il percepire che il coinvolgimento di molte delle persone che ricordavano era un coinvolgimento, nel migliore dei casi formale (e più avanti mi spiegherò). Badate bene la stragrande maggioranza delle iniziative condotte nelle scuole da bravissimi insegnanti non si discute ed è anzi da ammirare. Non è a queste che mi riferisco. Mi riferisco soprattutto a quelle istituzionali.
Ma perché
ricordare? Ricordare perché queste cose non abbiano più a ripetersi. Ma che
cosa non deve più ripetersi? Non deve più ripetersi la bestializzazione del
genere umano per dirla con Primo Levi. La bestializzazione incomincia con la
sua deumanizzazione, quindi il ricordo serve a riconoscere se e dove si stanno
perpetrando forme di deumanizzazione che spianano la strada alla
bestializzazione. “Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo:
non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci
docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non
atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice. L’ultima
traccia di civiltà era sparita intorno a noi e dentro di noi. L’opera di
bestializzazione…era stata portata a compimento…” ( “Se questo è un uomo”.
Primo levi).
La storia
purtroppo si ripete ma quasi mai ha gli stessi nomi e cognomi. Questa è la
difficoltà, sapere riconoscere i suoi nomi e cognomi. Il popolo ebraico, i rom,
gli omossessuali, le persone con disabilità hanno patito la raffinata tecnica
nazista della deumanizzazione. Ma ora chi sono gli esseri umani che corrono più
di altri il rischio di essere “bestializzati”? Gli ebrei? Sono loro che nel
mondo attuale corrono quel rischio? Vediamo.
Come molti
ebrei ci insegnano l’appartenenza all’ebraismo è aderire ad una religione. E’
una scelta di fede. Non appartieni ad uno stato. Oggi gli ebrei nel mondo sono
13 milioni circa. Una parte di questi ebrei occupa un’area del pianeta
infliggendo atroci sofferenze alla popolazione che quell’area già l’occupava.
In quell’area, la Palestina storica, esiste un paese, Israele, che attua nei
confronti della popolazione locale politiche discriminatore e deumanizzanti. La
stragrande maggioranza dei palestinesi è governata da leggi che non sono scelte
da loro ed è per questo che due grosse organizzazioni internazionali HRW
( qui rapporto
HRW ) ed Amnesty International ( qui sintesi
del rapporto in italiano ), dopo dettagliato e minuzioso studio
fornito di numerosissime argomentazioni molto ben documentate hanno dichiarato
il regime di Israele un regime di Apartheid ( qui rapporto
completo in inglese ) . Nonostante questo è di pochi giorni fa
la notizia che in seguito ad una interrogazione sionista al parlamento europeo
questo ha stabilito che, in questa istituzione, non si possa usare il termine
apartheid perché secondo i criteri della assemblea plenaria dell’IHRA è un
termine che sottace l’antisemitismo (qui).
Ma che cosa è l’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance). E’ una
organizzazione formata da 35 paesi. Ogni membro di ciascun paese è un fidato
sionista. Prendiamo il nostro rappresentante Luigi Maccotta (ora ambasciatore a
Città del Messico ad inizio carriera lavorava all’ambasciata di Tel Aviv). Fa
parte di una rivista ebraica online, “Riflessi Menorha” (qui) che seppure critica
con le rovinose iniziative di Netanyhau , ha però tra i suoi scopi principali
quella di sostenere Israele. Cioè non sostiene solo gli ebrei sostiene uno
stato. Nella definizione dell’IHRA di antisemitismo si sostiene che criticare
Israele è antisemita. Come potrebbero questi 35 fidati membri che devono curare
gli interessi di israele, dire qualcosa di diverso. Se 35 membri sionisti che
sostengono Israele si incontrano per aiutarlo il minimo che possono fare e
cercare di usare l’antisemitismo per associare gli ebrei agli israeliani in
modo che si possa impedire di parlare male degli israeliani sennò puoi essere
tacciato di antisemitismo. Non è quindi la definizione dell’IHRA che mi
stupisce. Mi stupisce e mi preoccupa che il parlamento europeo scelga questa
definizione chiaramente strumentale ed anzi sollevi perplessità sul grosso
lavoro fatto da organizzazioni internazionali, riferimento per tanti che si
occupano di diritti umani, e segnatamente per il lavoro fatto da Amnesty che ha
accertato con prove documentali che Israele applica un regime di Apartheid nei
confronti della popolazione palestinese. Mi preoccupa perchè da questo deduco
che il parlamento non è imparziale. Sceglie senza se e senza ma Israele. La
Special Rapporteur delle Nazioni Unite sui oPt (territori palestinesi occupati)
Francesca Albanese ha espresso seria preoccupazione per l’assenza di
imparzialità del parlamento europeo (qui ).
Non è difficile immaginare che alla base della mancanza di imparzialità ci sia
il lavoro della lobby israeliana impegnata non a difendere l’ebraismo ed i suoi
insegnamenti di fratellanza ma a difendere Israele e tutte le nefandezze che
compie.
In America
gli ebrei sono determinanti in ogni elezione presidenziale. I soldi dei
cittadini americani vengono utilizzati per fornire armi agli israeliani che
così possono continuare ad occupare terre che per il diritto internazionale non
sono loro (30 miliardi di dollari in 10 aa solo in spese militari). Ed a parte
il diritto internazionale, in tutto il mondo ci sono più di 7 milioni di
rifugiati palestinesi cacciati via dalle loro terre non 2000 aa fa ma alcuni
decenni fa che ogni giorno ce lo ricordano. Voglio sgombrare il campo da facili
critiche. E’ assolutamente vero che esistono soprattutto in America delle
frange di popolazione appartenenti all’area dei suprematisti bianchi che
inneggiano all’antisemitismo e questo ci deve certamente preoccupare. E’
paradossale però che proprio Israele non se ne preoccupi. Non è un mistero che
le più grandi concessioni che Israele ha avuto dall’America le ha avute con
l’amministrazione Trump (vedi il riconoscimento di Gerusalemme capitale ecc..).
Trump ha tra il suo bacino elettorale proprio i suprematisti bianchi che
inneggiano all’antisemitismo. La destra più nera e fascista che ci sia in
America. Anche in Italia Salvini e Meloni, in prima linea a “ricordare” , hanno
tra il loro bacino elettorale esponenti dichiaratamente antisemiti. L’unica
spiegazione che sono riuscito a darmi è che agli israeliani più che gli ebrei
interessano gli israeliani e fra destre si intendono molto anche a scapito
dell’interesse del popolo ebraico. Sono moltissimi ormai nel mondo gli ebrei
che si stanno discostando dal feroce governo di Apartheid israeliano.
Sono quindi
gli ebrei quelli che rischiano di più una ghettizzazione e deumanizzazione nel
mondo contemporaneo? Come già detto le ideologie di destra, in America ed in
Europa inneggiano ancora all’antisemitismo e non bisogna abbassare la guardia.
Ma ci sono anche gli ebrei che non sono d’accordo con Israele che sono isolati
e ghettizzati in America e nello stesso Israele. Gli ebrei ortodossi che
seguono la religione ebraica e che sostengono che nella Torà non c’è nessuno
riferimento ad uno stato ebraico, vengono picchiati dai coloni israeliani così
come accade ai palestinesi. Le loro manifestazioni in favore dei palestinesi
vengono violentemente represse dall’esercito israeliano. Si, questi ebrei
vengono trattati così per la loro fede nell’ebraismo e gli israeliani hanno
quindi verso questi ebrei un comportamento antisemita. Ma a parte questi ebrei
ed i palestinesi sottoposti a trattamenti deumanizzanti a causa dall’Apartheid
israeliana, nel mondo ci sono altri gruppi etnici che vengono sempre più
ostracizzati. L’ISC (Islamophobic study center) ha redatto nel 2021 un
interessante rapporto sull’islamofobia in America (qui ).
L’ISPU (Istitution for Social Policy and Understnding) ha elaborato una
esauriente guida dal titolo “Countering and Dismantlig Islamophobia”
(contrastare e smantellare l’Islamophobia qui) . Con lo stesso
titolo c’è in rete un seminario organizzato dall’ISPU e disponibile su you tube
(qui). In questi
interessantissimi documenti si fa notare come ci sia una stretta relazione tra
Islamofobia, Antisemitismo e Razzismo contro le persone nere.
In tutte le
iniziative per ricordare la Shoà, da molti anni a questa parte non si cerca di
analizzare atteggiamenti o anche scelte politiche che possono essere in qualche
maniera legate all’antisemitismo , ma si celebra in maniera formale e
distaccata il ricordo dei morti. In qualche occasione lo si utilizza
addirittura per poter far sventolare la bandiera di uno stato che sta
disumanizzando un intero popolo. Non è questo che intendo io per ricordo. Ed
infatti mi è sembrato totalmente inopportuno e fuori luogo accostare, come ha
fatto il presidente Mattarella, la guerra in Ucraina alla Shoà. Così si
svilisce il termine di “antisemitismo”. Quella è una aggressione di una nazione
su un’altra nazione così come molti paesi Europei ed America hanno fatto e
continuano a fare con motivazioni molto discutibili, ma che non c’entra niente
con l’antisemitismo.
Dobbiamo
ricordare, dobbiamo farlo perché la storia si ripete, ma dobbiamo anche saper
riconoscere i nuovi nomi ed i nuovi cognomi!
qui il rapporto della Relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese: Diritti umani in Palestina
Porrajmos,
il genocidio dimenticato - Francesca
de Carolis
Porrajmos. Non tutti, forse, conoscono questa parola. Eppure, è una delle parole del genocidio. Porrajmos, in lingua romanì, che può essere tradotto con “il grande divoramento” oppure “devastazione”, è lo sterminio di sinti, rom e camminanti di cui raramente si parla. Eppure, le stime parlano di un numero che va dalle 300mila alle 500mila vittime. E nonostante le ricerche e gli studi siano andati avanti, questa tragedia collettiva non ha ancora avuto il giusto riconoscimento.
Una data per quelli che noi frettolosamente e senza troppe sottigliezze
chiamiamo “gli zingari”, per ricordare il loro dramma, c’è: è il 2 agosto,
scelto in base a un accordo internazionale perché il 2 agosto del 1944 molti
rom, donne bambini e anziani, furono sterminati a Birkenau. Ma chi lo sa?
Le nostre distrazioni sono tante, e vengono da lontano. Nel processo di
Norimberga, ricordano gli storici, in alcune deposizioni qualcuno parlò di
sterminio degli “zingari”, ma nessun rom o sinti fu chiamato a testimoniare.
Mentre non c’è stato posto per loro nella legge italiana che istituì il Giorno
della Memoria.
Un’assenza che non è casuale. Il nostro pregiudizio è tanto, e l’emarginazione
passa anche per la negazione del ricordo.
Certo, non aiuta il fatto che la memoria cui si affidano rom e sinti è
prevalentemente orale. Ma voglio suggerire la lettura di un libro che tanto
racconta: “Forse sogno di vivere”, testimonianza della terribile esperienza di
una bambina rom deportata a 11 anni a Bergen-Belsen, insieme alla madre. La
bambina, Ceija Stojka, da quel lager si è salvata, ha poi fatto la venditrice
ambulante, a Vienna, e quei giorni tremendi ha continuato a testimoniare non
solo con questo libro scritto cinquant’anni dopo, ma anche in tante sue poesie,
in dipinti, che sono racconti di vita, che sono racconti di morte. E’ morta
proprio sul finire del gennaio di dieci anni fa…
Porrajmos.
Gli studi storici continuano. Oggi sappiamo delle violenze e dei morti nei
campi di concentramento europei, soprattutto di Auschwitz, Kulmhof, Bialystok
e, ma anche in Italia. A Perdasdefogu (Nuoro), ad Agnone (Campobasso), a
Tossicia, ai piedi del Gran Sasso, a Ferramonti (Cosenza), a Poggio Mirteto
(Rieti), nel manicomio dell’Aquila, a Gries (Bolzano), come ha ricordato
l’associazione Migrantes, che ha sottolineato anche che molti dei rom
sopravvissuti “diedero un contributo significativo alla nascita della
democrazia nel nostro Paese”. Ma chi lo ricorda? Chi li celebra oggi?
Ritornano le parole di Ceija Stojka: “Auschwitz non è morto, sta solo
dormendo”. Monito cui dovremmo dare ascolto.
Non vi sembri troppo, ma il fantasma di Auschwitz (con quell’altra parola del
genocidio, Porrajmos) che pure dorme, è lì, dietro tante storie dell’oggi che
sono storie di emarginazione e di spregio cui non facciamo più caso. Chi si è
accorto delle difficoltà delle famiglie rom “chiuse” nei campi durante la
pandemia? Chi ne ha parlato? Ricordo la voce accalorata di Marcello Zuinisi,
che aveva impegnato tutta la sua vita nella difesa dei diritti dei rom.
Marcello, che ora non c’è più, allo scoppio della pandemia, denunciando il
peggioramento delle condizioni che ne seguì per chi viveva nei campi, mi disse:
“Possibile che nessuno si occupi della situazione nei campi rom?
Dell’isolamento che rischia di portare alla morte per fame e malattie… Nessuno
risponde, mentre le famiglie piangono dalla fame…”.
E che dire delle quotidiane forme di “respingimento” dettato dalla nostra idea
di decoro, degli sgomberi per lo più forzati che tante famiglie hanno lasciato
per strada. Anche se da tempo l’Associazione 21 luglio” (che appunto di diritti
dei rom e sinti si occupa), ad esempio, spiega che il superamento dei campi rom
è possibile tanto per cominciare “finendola di considerare gli abitanti dei
campi rom dei ‘disabili sociali’, bisognosi di interventi rieducativi su base
etnica”…
E parlando della difficile vita dei rom, come non pensare alla vicenda di Hasib
Omerovic, il 36enne sordomuto che il 25 luglio dello scorso anno è “caduto”
dalla finestra della sua casa, nel quartiere romano di Primavalle, durante un
intervento della polizia. Che volete, era un disabile, disturbava per strada,
era pure un rom… Se ne è parlato davvero solo dopo che l’Associazione 21
luglio, insieme a Riccardo Magi che ha presentato un’interpellanza, ha
denunciato l’episodio in Parlamento, ed è partita l’inchiesta che va avanti e
oggi si allunga la lista degli indagati, lo svelamento di violenza e
depistaggi…
Per la cronaca, Hasib Omerovic è uscito dal coma dopo due mesi, è ancora
ricoverato, e solo adesso inizia a muovere autonomamente i primi passi. Mentre
la sua famiglia è subito fuggita dalla casa in cui abitava. “Abbiamo paura”,
avevano detto…
I momenti più bui della nostra Storia, sono lì, acquattati dietro le violenze,
le discriminazioni, le offese che non sempre vogliamo vedere…
Pensando al “Porrajmos”, quella declinazione del genocidio che il Giorno della
Memoria sembra dimenticare.
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