Nel giorno in cui la legge è stata
approvata a Montecitorio, di fronte alla Libia è avvenuto un nuovo naufragio in
cui sono morte 73 persone. Cosa prevede la norma e quali sono le critiche
La camera ha approvato il decreto legge
che inserisce ulteriori restrizioni sul soccorso in mare, su cui il governo
aveva posto la fiducia. La norma è passata il 15 febbraio con 187 voti
favorevoli, 139 negativi e tre astenuti. Il testo ora sarà esaminato dal
senato. La nuova legge prevede che le navi umanitarie possano compiere una sola
operazione di salvataggio in mare (per ogni missione), scoraggia i salvataggi
multipli e fissa nuove sanzioni amministrative, tra cui multe fino a
cinquantamila euro e il sequestro della nave per le organizzazioni che sono
ritenute non in linea con il nuovo codice di condotta.
“Nel caso di operazioni di soccorso
plurime, le operazioni successive alla prima devono essere effettuate in
conformità agli obblighi di notifica e non devono compromettere l’obbligo di
raggiungimento, senza ritardo, del porto di sbarco”, riporta la norma. Il
decreto (che ora sta affrontando l’iter parlamentare per diventare legge) era
stato varato d’urgenza tra Natale e Capodanno dal governo Meloni ed è in vigore
dall’inizio di gennaio, in pratica ha comportato l’assegnazione di porti sempre
più lontani alle navi umanitarie, che determinano un’ulteriore rallentamento
nei soccorsi. Al momento la nave Geo Barents è diretta ad Ancona dopo avere
compiuto un soccorso, mentre Ocean Viking naviga verso Ravenna e la Aita Mari
verso Civitavecchia.
Le critiche del Consiglio d’Europa
Il 26 gennaio il Consiglio d’Europa aveva inviato una lettera al governo
italiano, chiedendo di ritirare o di cambiare la norma. Roma “deve considerare
la possibilità di ritirare il decreto legge” sulle ong oppure adottare durante
il dibattito parlamentare tutte le modifiche necessarie “per assicurare che il
testo sia pienamente conforme agli obblighi del paese in materia di diritti
umani e di diritto internazionale”.
Nel richiamo, la commissaria per i diritti
umani Dunja Mijatovic diceva di “essere preoccupata che alcune delle regole
contenute nel decreto ostacolino la fornitura di assistenza salvavita da parte
delle ong nel Mediterraneo centrale”. In particolare, secondo la commissaria,
le disposizioni del decreto, prevedendo che le navi debbano raggiungere senza
indugio il porto assegnato per lo sbarco di chi è stato salvato, “impedisca
alle ong di effettuare salvataggi multipli in mare, costringendole a ignorare
altre richieste di soccorso nell’area se hanno già delle persone a bordo”.
Mijatovic evidenziava che “rispettando
questa disposizione, i comandanti delle ong verrebbero di fatto meno ai loro
obblighi di salvataggio sanciti dal diritto internazionale”. Ma il governo
italiano aveva replicato definendo “infondati” i rilievi mossi dall’istituzione
che si occupa del rispetto dei diritti umani in Europa.
Una norma disumana
Nel giorno in cui la legge è stata approvata dalla camera, di fronte alla Libia
è avvenuto un
nuovo naufragio in cui sono morte 73 persone, mentre i sopravvissuti
sono stati riportati in Libia, un paese che non riconosce la Convenzione di
Ginevra per i rifugiati e in cui gli stranieri sono sottoposti a trattamenti
inumani e torture. “Purtroppo la mancanza di vie legali d’ingresso in Europa
costringe migliaia di persone a rischiare la vita affidandosi ai trafficanti”,
ha affermato in un comunicato il centro Astalli, che ha sottolineato come
“quest’ultima tragedia porti a 130 il numero dei morti dall’inizio di
quest’anno”.
“Non si può continuare a lasciar morire le
persone in mare rimanendo fermi e persino inasprendo le procedure per il
soccorso e l’approdo in Italia. Governare le migrazioni richiede visione,
strategia e lungimiranza nel gestire un fenomeno che non può essere fermato da
muri, recinti e blocchi”, ha detto Camillo Ripamonti, presidente del centro
Astalli. La ong tedesca SeaWatch ha definito la norma “disumana” e l’ha
accusata di “istituzionalizzare l’omissione di soccorso”.
La ong Open Arms ha detto che la norma
avrà come risultato l’ulteriore allontanamento delle organizzazioni umanitarie
dal Mediterraneo. L’ong Sos Humanity ha chiesto alla Commissione europea di intervenire,
perché la nuova normativa “viola le leggi europee e internazionali”.
Il 5 gennaio, venti organizzazioni
umanitarie avevano
già denunciato l’aumento dei morti in mare come risultato
delle nuove restrizione imposte alle ong. Filippo Miraglia, responsabile
immigrazione dell’Arci, ha commentato: “L’Italia ha raggiunto davvero un punto
di non ritorno. Pur di portare a casa qualche risultato utile alla propaganda,
la destra al governo è disposta a sacrificare migliaia di vite umane e di
isolare sempre più il nostro paese in un Europa che non è certo un continente
aperto e solidale”.
Nessuna emergenza
Con un leggero aumento degli arrivi di migranti in Italia, nel 2022 sono
sbarcate nel paese 105mila persone, una cifra lontana da quella del 2016,
quando ne arrivarono il doppio. “Nonostante questo nell’ultimo anno è tornata
la retorica del sistema al collasso”, scrivono ActionAid e Openpolis in un
comunicato, presentando i dati di un nuovo rapporto sul sistema di accoglienza
italiano pubblicato sulla piattaforma Centri d’Italia. La stessa legge contro
le ong è stata approvata con la motivazione data dall’urgenza di una situazione
definita “di emergenza”.
“Gestione irrazionale, completa assenza di
programmazione, criteri discriminatori di accesso alle strutture e ai diritti.
Sono questi i tratti caratteristici del sistema dell’accoglienza italiano, non
il collasso delle strutture come spesso viene raccontato”, scrive il comunicato
di Action Aid e Openpolis.
Nel 2021 infatti nei centri di accoglienza
italiani c’erano 20.235 posti vuoti. “Un dato che diventa sconcertante se si
osserva la serie storica: i posti lasciati liberi nei centri sono il 20 per
cento del totale tra il 2018 e il 2021 (nel 2019 addirittura i posti vacanti
raggiungono il 27 per cento del totale)”.
Una conferma che non c’è un’emergenza
causata da numeri troppo alti di arrivi è proprio il caso della Sicilia,
definita negli ultimi mesi dal governo Meloni il “campo profughi d’Europa”.
“Qui la situazione al 31 dicembre 2021 vede il 30,5 per cento di posti lasciati
liberi nell’intero sistema regionale. Anche facendo riferimento al 30 settembre
2021, oltre duemila posti, il 21,5 per cento della capienza, risultavano
liberi”, concludono le due organizzazioni.
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