Vorrei anticipare cosa ci aspetta tra un paio di mesi, tra il 25 aprile, il primo maggio e il 2 giugno.
Qui da noi è soprattutto nel momento delle celebrazioni che ci ricordiamo di
cosa ci unisce o dovrebbe farlo, mentre il più delle volte ci divide.
È roba preziosa quanto sottovalutata, bistrattata e manipolata sino a
capovolgerla.
Alcuni la chiamano memoria, altri Storia, anche se
raccontata sovente con la esse iniziale vittoriosa, più che
autorevole, ma in esse vi sono pagine di volumi che dovrebbero essere sempre
aperti, consultabili ovunque da tutti.
Uno a caso, anzi no, è la nostra Costituzione, probabilmente il
testo che in Italia più di tutti è stato messo in pratica all’inverso.
Potrei approfittare di nuovo del c’era una volta, ma immaginate se
un numero significativo di persone passasse col rosso, andando senza problemi
contro mano, parcheggiando sul marciapiede, ecc., insomma applicando
all’opposto ogni norma del traffico. Voi mi direte: ma accade già, c’è un sacco
di gente che da noi guida così.
Certo, ricordo un geniale video di Bruno Bozzetto a riguardo, ma va anche detto
che spesso tali infrazioni vengono punite con una multa. Esistono vigili urbani
e anche telecamere, vivaddio, che non trovano di certo il favore dei più, ma
sono lì, vi è un deterrente che in qualche modo fa sì che chi viola la legge
può essere sanzionato.
Per quanto riguarda principi fondamentali come quelli elencati dalla nostrana
Costituzione, invece, non solo vengono disattesi, ma la paradossale realtà in
cui viviamo ci dimostra ancora oggi che ciò che viene additato come una sorta
di reato è esattamente il principio stesso.
A riprova di ciò, gli esempi sono incalcolabili da quando la suddetta è stata
scritta e resa pubblica, ma mi limito a citare il recente caso del pestaggio
all’esterno del liceo Michelangiolo a Firenze.
In particolare, vorrei soffermarmi sulla replica alla lodevole, a mio
avviso, lettera della preside Annalisa Savino,
pronunciata dall’attuale Ministro dell’istruzione e del merito,
Giuseppe Valditara: “È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto
leggerla, non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e
il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c'è alcuna
deriva violenta e autoritaria, non c'è alcun pericolo fascista, difendere le
frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo. Sono iniziative
strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più
posto nelle scuole; se l'atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà
necessario prendere misure”.
Eppure la breve missiva della preside non fa altro che rimarcare l’importanza
di un elemento centrale nella nostra Costituzione, producendosi in ciò che
possiamo tranquillamente definire un’apologia dell’antifascismo.
Ovvero, un discorso a difesa ed esaltazione di
qualcosa che - ripeto, secondo la Costituzione - dovrebbe far parte in modo
imprescindibile della cultura di ogni cittadino di questa nazione, soprattutto
di quelli più giovani: essere antifascisti.
Tutto questo oggi, come spesso ieri e ieri l’altro, nei fatti viene ormai
trattato alla stregua di un reato, invece che il contrario.
Non spetta ai presidi, e quindi ai professori dare “messaggi di questo tipo”,
perché altrimenti sarebbe “un’iniziativa strumentale” che esprime una
“politicizzazione che non deve aver posto nelle scuole”. Nel caso verranno “prese
misure”.
Lo stesso accade da tempo in ogni ambito, in televisione e in rete, così come
su molti tra i giornali della carta stampata e online, per non parlare del
parlamento stesso.
Ma se convinci un’intera nazione che l’apologia dell’antifascismo è considerato
un reato, come fai a dimostrare che è vero esattamente il contrario?
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