Milioni di persone sono morte, non al di fuori del
‘sistema mondiale moderno’,
ma nel processo stesso di incorporazione forzata nelle sue strutture economiche
e politiche.
Sono morti nell’età d’oro del capitalismo liberale; in effetti, molti sono
stati uccisi […]
dall’applicazione teologica dei sacri principi di Smith, Bentham e Mill.
Mike Davis
E’ stata una
notizia veramente triste quella della scomparsa di Mike Davis avvenuta nei
giorni scorsi su cui, tranne qualche cenno sui Social, non è rimasta traccia.
Mike è stato
un compagno, un attivista e – soprattutto – un autentico ricercatore sociale
che ha determinato, con il suo pluridecennale impegno, un vero e proprio
accumulo di conoscenza, di inchiesta e di sapere sociale su snodi e questioni
attinenti alcune fenomenologie del moderno capitalismo.
Mike ha
svolto il lavoro di camionista, ha faticato in un mattatoio fino a diventare
professore presso l’Università della California. Nel corso degli anni è approdato
alla teoria marxista e allo studio delle scienze sociali. I suoi interessi
hanno interessato il campo della antropologia, della statistica, della storia e
della geografia. E’ stato redattore dell’importante rivista statunitense “New
Left Review”.
Ebbi modo di
conoscere questo autore quando, nella prima metà degli anni Novanta, arrivavano
le notizie circa la rivolta di Los Angeles le quali disvelavano una realtà
urbana, sociale e politica che – particolarmente nella nostra Italietta – erano
totalmente sconosciute e rimosse non solo dal dibattito pubblico ma anche dalla
discussione della compagneria italiana.
Era un
periodo nel quale si era, ancora, ben lungi dall’elaborare il lutto
politico derivante dalla dissoluzione del vecchio Partito Comunista. Una
condizione ideologica e politica – questa – sostanzialmente di “pantano/stallo
teorico” che non permetteva ai compagni di interpretare correttamente le
novità, le rotture e gli eventi inediti che i fatti di Los Angeles ci
consegnavano in maniera tumultuosa non solo negli Stati Uniti ma in tutto
l’Occidente capitalistico.
Mike Davis
ci fornì attraverso il suo testo “Città di quarzo” e le corrispondenze
riportate dal quotidiano “il Manifesto” (che allora era ancora uno
decente strumento di contro/informazione utile) puntuali resoconti e
aggiornamenti circa la composizione di classe di quella città, le forme
interrazziali di segmentazione sociale e le allora soggettività presenti.
Un
contributo di notizie e dati che descrivevano una potente situazione originale
che – sempre più – sarebbe stata, negli anni successivi, una convincente chiave
di lettura delle crisi urbane nella contemporaneità
capitalistica. Un fenomenologia che si è replicata non solo negli Stati Uniti
come hanno dimostrato in vari Riot che si sono scatenati in
altre metropoli in Europa e non solo.
Il testo di
Mike fu per noi una sorte di abbecedario che ci introdusse in un campo
analitico dove le metropoli (imperialiste) si trasformavano sotto i colpi delle
varie ondate di ristrutturazione economiche, finanziarie e sociali che
sconvolgevano l’assetto urbano, architettonico e spaziale.
Attraverso
le inchieste e le ricerche di Mike abbiamo appreso la nuova qualità dei
processi di governance capitalistica del territorio, gli
intrecci con i flussi migratori e razziali e – soprattutto – la capacità del
comando di mettere a valore l’intera forma/spazio territoriale. Insomma le aree
metropolitane come magazzini della variegata forza lavoro spalmata sul
territorio e foriere di un enorme accumulo di contraddizioni.
Infatti,
nella stessa ricerca, in Italia, della Rete dei Comunisti – a proposito
dell’analisi sulle trasformazioni intervenute nelle aree metropolitane –
sviluppata attraverso convegni, opuscoli e sperimentazioni sul campo riecheggiano
concetti e spunti analitici mutuati dalle elaborazioni di Mike Davis.
Ed è proprio
interpretando la moderna forma/metropoli che lo studio di Mike continuò
attraverso dei focus particolareggiati sul fenomeno materiale degli Slum ossia
quelle aree territoriali (discariche umane e sociali a tutti gli effetti)
a ridosso delle grandi megalopoli dove sopravvivono (secondo i dati delle
Nazioni Unite) oltre un miliardo di persone.
Mike – con
un pensiero controcorrente – affermava che queste allucinanti condizioni di
vita non erano “un incidente dovuto alla cattiva pianificazione urbana ma un
coerente e ricercato prodotto dei moderni fenomeni di industrializzazione e del
complesso delle forme più estreme dello sviluppo capitalistico”.
Insomma una
analisi dirompente ed eretica verso gli abituali clichè della “sinistra
occidentale” la quale si è sempre cullata nel suo astratto positivismo (di
derivazione secondo/internazionalista) e nella sconsiderata apologia
dell’infinito sviluppo delle forze produttive la quale si è rivelata incapace
di cogliere le novità e le controtendenze intervenute nella stessa dinamica
temporale del Modo di Produzione Capitalistico.
Insomma un
Mike Davis scandaglio delle patologie antisociali del capitale!
Del resto
come dimenticare un testo – tornato tristemente di attualità durante la Crisi
Pandemica Globale – come “Olocausti Tardovittoriani” dove Mike
tratteggia l’opera complessa di manomissione e gli inenarrabili disastri che
l’ascesa della borghesia e l’affermazione del “mercato mondiale” hanno provocato
nell’impatto con “le nuove terre, con il mondo biologico e l’equilibrio
naturale”.
Un “mercato
mondiale” spietato e che ha fatto da incubatore delle innumerevoli forme del
Colonialismo, dell’Imperialismo e del Neo/Colonialismo.
Una lezione
teorica e politica preziosa e che – in un contesto internazionale di emergenza
climatica ed accertata crisi dell’equilibrio ambientale della specie umana –
occorre riprendere approfondirla e socializzarla nelle mobilitazioni e nelle
lotte che promuoviamo a scala globale
Salutiamo,
quindi, la dipartita di Mike consapevoli – però – che i materiali che ha
prodotto in questi decenni di studio e di battaglia culturale e politica non
sono lettera morta o semplice materiale bibliografico ma fanno parte –
pienamente – di quella “cassetta degli attrezzi” indispensabile a quel deciso
cambiamento generale e sociale che, molti tra noi, definiscono: Necessità della
Prospettiva Socialista!
Nessun commento:
Posta un commento