Lettera a un Ministro - Luca Casarotti
Chiarissimo Professore, Signor Ministro Valditara,
Ella avrà certo letto la mia precedente del novembre
scorso. Con le medesime umiltà, osservanza e deferenza, nuovamente mi rivolgo a
Lei, felice di aver trovato nel suo giudizio sul
pestaggio fascista di Firenze una conferma di quanto scrivevo in
detta missiva. Sostenevo, lo ricorderà, che Ella avesse in odio non solo l’idea
comunista, ma anche – e forse soprattutto – quella rivoluzionaria. Mi devo però
scusare con Lei, perché ho approssimato per difetto. Non avevo infatti
considerato, insisto nel domandarLe venia, che avesse in spregio persino
l’antifascismo. Non che ciò sorprenda, almeno se s’intende l’antifascismo per quello
che è realmente: ossia un progetto di cambiamento dello stato delle cose,
quindi un impulso rivoluzionario e non una maschera vuota da indossare con un
certo fastidio nelle feste comandate. Con ferreo sillogismo e invidiabile
coerenza, Ella disdegna perciò l’antifascismo come la rivoluzione. E non è
forse vero che ancor più lo disdegna, in quanto l’identifica con il comunismo,
come usa presso la parte politica che Ella illustra con la sua scienza?
Recitando la formula che anch’Ella ha imparato al primo anno di Giurisprudenza,
e che poi ha tante volte ripetuto nella sua folgorante carriera di
giusromanista prestato alla politica: id postulo aias an neges, le
chiedo se lo afferma o lo nega.
Essendo Ella il mio unico lettore, poiché questa è una lettera privata e
non una rubrica di Jacobin Italia, non c’è bisogno che rammenti i
fatti per cui Le scrivo. Non dirò, del resto è già stato detto, che Ella ha
ostinatamente taciuto sul franco confronto democratico che c’è stato sabato
mattina davanti al liceo Michelangiolo di Firenze: «dialettica veloce», la
chiama un tale che conosco. Ma dopo l’ennesimo
episodio di raccapricciante violenza, la lettera di una preside in solidarietà
agli antifascisti pestati (pardon: usciti soccombenti dal franco confronto
democratico), Ella non ha più potuto restare in silenzio. A fronte di un gesto
tanto sconsiderato, intendo la lettera, non certo le mazzate velocemente
dialettiche di quelli di Azione studentesca, che sono invece la sana
espressione dell’atletico vitalismo tipico della gioventù italiana, Ella ha
irrogato l’inevitabile condanna: punienda è la dirigente scolastica che parla
d’antifascismo! Due volte punienda, l’insubordinata, poiché s’è addirittura
permessa di citare il Gramsci, così mostrando di non aver a sufficienza
ponderato l’anticomunismo di cui all’epistola da Lei
largita al principio del suo tribunato.
Veda, Signor Ministro, mercoledì sera ho avuto la ventura di presiedere una
conferenza in una sala comunale della mia città. A sentirla c’era uno che,
venendo invece dalla città che fu quella del fondatore del pensiero
di destra italiano, mi ha detto di conoscere uno per uno i liceali
pestati. Senza alcun dubbio si penserebbe male se si dicesse che anch’Ella ha
qualche conoscenza in questa faccenda di giovani atletici e presidi esecrande:
ad esempio quel Donzelli Giovanni, il Donzelli dalla lingua sciolta (non il fratello accusato
di bancarotta), che è emerso dalle file della stessa organizzazione a cui appartengono i
sei atleti che hanno avuto ragione dei due comunisti: «venti a uno è la tua
forza…», dice il verso che non si insegna
al primo anno di Giurisprudenza. Si penserebbe male, dicevo: e ancor peggio si
penserebbe se si dicesse che c’è un nesso tra questa contiguità d’area e il suo
lungo silenzio, che per nostra fortuna l’inconsulta iniziativa della Dirigente
Annalisa Savino l’ha determinata a rompere.
Ironia della sorte, la conferenza di cui le scrivevo, Chiarissimo
Professore, s’intitolava così: «il Msi partito della destra democratica e altre
favole contemporanee». Cosa vuole farci: il tema era nell’aria, da molto prima
di sabato scorso. È un peccato che Ella non abbia potuto assistervi. Con questo
non voglio ovviamente dire che sarebbe stata per lei un’occasione d’apprendimento.
So benissimo che Ella conosce i due libretti recenti, Sull’uso pubblico della storia e L’Anima nera d’Europa, scritti da uno dei
relatori della conferenza, lo storico Davide Conti. Sono libri molto agili, si
leggono in un batter d’occhio. Più o meno come il suo sull’immigrazione a
Roma, perfetto saggio di uso pubblico (o meglio propagandistico) della storia
romana, strumento brandito tra gli altri nella battaglia d’estrema destra
contro l’immigrazione.
So altrettanto bene che dei libri di Conti Ella condivide appieno anche i
contenuti: dice Conti che l’antifascismo, nato dall’urto con la dottrina
totalitaria dello stato fascista, si è fatto a sua volta teoria dello stato,
processo costituente di uno stato altro, e che in questa dimensione valoriale,
assiologica, mantiene un’attualità che oltrepassa la sua genesi storica.
Di tutto ciò Ella è perfettamente consapevole. Il fatto che dagli schermi
di Canale 5 abbia scomunicato la Preside vel dirigente
scolastica che ha richiamato il fondamento assiologico del sistema educativo
italiano, e cioè il paradigma antifascista, è quindi da imputarsi a una sua
momentanea perdita di lucidità: non, sicuramente, al tentativo di negare
ulteriore agibilità al paradigma antifascista da parte del titolare di un
ministero che, in quanto ministero della Repubblica italiana, sta nel
perimetro della legalità costituzionale che ne consente l’esistenza solo se
accetta quel paradigma. Lo accetta sostanzialmente; non solo formalmente, come
in un nicodemismo della democrazia
antifascista.
Mercoledì mattina, Radio Popolare ha mandato in onda qualche intervista presa al grande corteo in solidarietà
agli studenti aggrediti che il giorno prima ha attraversato Firenze. Una signora
ha detto più o meno così: «io ho 76 anni. Ho manifestato per la prima volta
contro la guerra del Vietnam: sono cinquant’anni che vado alle manifestazioni,
e questi giovani sono esattamente com’ero io».
Chiarissimo Professore, Signor Ministro Valditara, Ella sogghignerà: «voi
potete manifestare quanto volete», dirà, «tanto al potere ci siamo noi». Ma il
potere è transeunte, Ella m’insegna: come la gloria mundi. E la
tenacia dell’antifascismo, ben esemplificata dalla manifestante fiorentina con
cinquan’tanni di piazze davanti a sé, ha nella storia la sua prova. A Lei va
dato atto che, con le sue epistole law and order e i suoi
procedimenti disciplinari a mezzo Mediaset, ci dà molteplici occasioni di
dimostrarglielo.
La Carta è antifascista, ma Valditara la
ignora -
Non il pestaggio squadrista degli studenti del Liceo Michelangiolo di
Firenze per mano di militanti di Azione Studentesca (organizzazione di Fratelli
d’Italia). Non il comportamento della dirigente dello stesso Liceo, che non ha
avvertito né la famiglia del ragazzo colpito né chiamato i sanitari (perché il
fatto era avvenuto “fuori dalla scuola”!). Non i tentativi politici di
falsificare l’evidenza (per fortuna certificata dai video, e confermata dalla
Digos) nascondendo un’aggressione a freddo dietro una inesistente “rissa” tra
opposti estremismi.
No: a svegliare l’indecente ministro dell’Istruzione e del merito del
governo Meloni è stata una circolare della dirigente del liceo Leonardo da
Vinci di Firenze. Lo sdegno di Giuseppe Valditara si è tradotto in queste
incredibili parole: “Non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo
e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è
alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista,
difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo. Sono
iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non
abbia più posto nelle scuole; se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se
sarà necessario prendere misure”.
Non si sa da dove cominciare. La dirigente aveva ricordato che il
fascismo “è nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un
pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti
indifferenti”. E che “chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il
sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va
lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la
cultura”. Non stupirà, dunque, che a condividere lo sdegno del ministro sia stata
CasaPound, che col suo Blocco Studentesco ha ieri issato uno striscione sulla
scuola della dirigente antifascista in cui si legge: “Non ci fermerà una
circolare, studenti liberi di lottare”. Una rivendicazione esplicita di
adesione al fascismo. E infatti la preside Annalisa Savino non aveva fatto
altro che il suo dovere di dirigente di una scuola di una Repubblica fondata su
una Costituzione che è esplicitamente antifascista non solo per la (inattuata)
disposizione finale contro la rifondazione di un partito fascista, ma per la
sua intera ispirazione. Quanto al nesso genetico tra frontiere e fascismo
conviene non dimenticare Primo Levi: “A molti, individui o popoli, può accadere
di ritenere, più o meno inconsapevolmente, che ‘ogni straniero è nemico’. Per lo
più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si
manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un
sistema di pensiero. Ma quando questo avviene… allora, al temine della catena,
sta il lager”. Dire questo non è “fare politica”, ma ribadire la scelta di
campo collettiva che il popolo italiano ha irreversibilmente fatto con la
Costituzione del 1948. La politica comincia dopo, e l’educazione civica nelle
scuole non è altro che educazione all’antifascismo costituzionale.
Invece, davvero il ministro di un governo imperniato su una forza
politica di dichiarata (fin dallo stemma) matrice fascista intende sanzionare
come una colpa l’antifascismo? Che farà allora con il dirigente del Duca
d’Aosta di Firenze (che ha scritto in una analoga circolare che “l’episodio non
può essere rubricato come ‘rissa’. La sua matrice è evidente e non dobbiamo
avere timori a catalogarla come vera e propria ‘azione squadristica’ tipica
della malapianta del fascismo che è dura a morire e si ripropone come funesto
rigurgito anche nel XXI secolo… che nella Repubblica Italiana per Costituzione
non può avere assolutamente diritto a esistere”), e con l’intero collegio dei
docenti e tutto il consiglio d’istituto dello stesso Michelangiolo (che ieri
hanno pubblicato un bellissimo documento in cui si legge: “Colpire gli studenti
di una scuola è infatti colpire tutta la Scuola come luogo di cultura, di
confronto, di crescita, di dialogo, come presidio di democrazia e di difesa
della nostra Costituzione antifascista. Ci si chiede pertanto, a seguito di
questo episodio, come mai sia consentita agibilità politica e disponibilità di
spazi cittadini a movimenti e gruppi che si richiamano ancora nella teoria e
nella prassi al fascismo”)? Accanto a loro, sono per fortuna centinaia di
migliaia le e gli insegnanti e dirigenti che ancora credono nella Costituzione
antifascista sulla quale il ministro ha (sper)giurato: vorrà quel ministro
sanzionarli tutti, violando l’autonomia di insegnamento e calpestando la
Costituzione? E davvero non c’è nessuno – nemmeno al Quirinale – disposto a far
capire alla presidente del Consiglio che un simile ministro non è degno di
rimanere al suo posto?
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