Nel Paese delle “musichette mentre fuori c’è la morte” (cit. Boris 3)
l’ipocrisia non è certo una sorpresa. Ogni giornale tra oggi e domani avrà il
suo bel fondo sull’astensionismo alle regionali in Lombardia e nel Lazio. Anche
voi di Diogene, si obietterà legittimamente, ma con una differenza non da poco:
noi siamo favorevoli all’astensione per autodifesa.
Ci chiede qualche sostenitore del nostro giornale se siamo diventati
improvvisamente anarchici, forse influenzato dall’adesione alla campagna contro
il 41 bis e la fine di quel regime detentivo nel caso di Alfredo Cospito.
Proprio per niente, anzi, riteniamo la democrazia parlamentare l’ultimo
baluardo al vento autoritario che pervade il mondo.
Come si conciliano allora due posizioni apparentemente così
contraddittorie? E’ semplice, noi ci occupiamo degli ultimi e dei penultimi e
nessuna delle forze attualmente in competizione dà voce concreta a questa
istanza. Sì, qualche residuo c’è, a parole, di partitini parolai, totalmente
assenti dai territori, dalla strada.
Tra pochi mesi cesserà l’erogazione del Reddito di Cittadinanza, deprecato
anche da chi strumentalmente oggi denuncia la decisione del governo Meloni,
ovvero il Pd, che il RdC l’ha sempre detestato. Le Regioni decisono in materia
di sanità e l’avanzare inarrestabile del privato non è certo imputabile
soiltanto alla destra meloniana.
Lazio e Lombardia durante la pandemia hanno evidenziato esattamente il
fallimento di questo processo di risanamento dei conti, dietro cui hanno
nascosto la chiusura di ospedali e servizi pubblici, con gestione da ragionieri
della salute dei meno abbienti.
Sanità per tutti e RdC sono la base in questo momento, per chi di povertà
s’interessa, per giudicare l’offerta politica disponibile. Anche i “poveracci”
che votano a destra, convinti che il centrosinistra rappresenti soltanto le
famose elites, dopo cento giorni di governo Meloni hanno capito: non cambia
niente.
Razzismo, xenofobia, antisemitismo, omofobia, antieuropeismo e
autoritarismo di questo governo interessano soltanto pochi cittadini in Italia,
ma non costituiscono argomenti su cui si basa il voto della gran parte
dell’elettorato. Chi guarda soltanto alle proprie tasche ha però capito che le
aveva vuote prima come adesso.
In queste condizioni c’è un solo modo per far sentire la propria voce: non
votare. Non si può legittimare un punto mai così basso raggiunto dal disprezzo
delle forze politiche per i problemi dei cittadini. Sarebbe interessante
contare nel Lazio e in Lombardia se sono stati di più i voti per Sanremo o per
le regionali.
Le lacrime ipocrite per l’astensionismo sono insopportabili. Gli inviti al
sacro diritto del voto, diritto e non obbligo, appunto, esercitati facendo
finta che tutte le categorie sociali trovino rappresentazione elettorale,
offrono l’immagine impietosa dello stallo politico e soprattutto culturale
dell’Italia.
Il mondo impegnato professionalmente e volontariamente nell’assistenza agli
ultimi è lasciato allo sbando. Parliamo delle persone, dei professionisti
qualificati per titolo e/o esperienza pagati 4 euro l’ora dalle cooperative e
associaizoni per cui lavorano. I dirigenti di quelle cooperative e associazioni
invece sono complici.
Hanno accettato per anni di partecipare a bandi regionali e comunali al
ribasso mendicando alle porte del politico amico di turno. Con il risultato di
rendere impossibile vivere di stipendio a chi fa questi lavori. Il giorno che
la magistratura si occuperà di questo settore ne vedremo delle belle e alcuni
speriamo di non rivederli mai più.
Per chi avremmo dovuto votare quindi noi e gli altri disgraziati a cui ci
accompagnamo? Tutte le forze impegnate nelle regionali hanno governato la
nazione e gli enti locali, dimostrando di essere sovrapponibili in materia
economica, sovrapponibili in termini d’incapacità nel migliore dei casi, di
corruzione nel peggiore.
Il fenomeno è destinato ad ampliarsi sempre più, senza scomodare i paragoni
sociologici con gli Usa. Il nostro intendimento nel sostenere le ragioni
dell’astensione attiva è quello di creare un circolo virtuoso in natura.
Determinare la crescita di uno spazio sempre maggiore che come ci spiega la
fisica prima o poi venga occupato da una forza politica che non c’è. Oggi
sembra utopia, ma è l’unica strada possibile per un possibile cambiamento.
Incanalare e liberare una forza che ancora non c’è.
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