Bastano pochi esempi per rivoltare
come un guanto tutto quel che i media occidentali dicono dell’Iran, quando
usano la macchina delle emozioni per nascondere lo spessore dei fatti e per
condurre il mondo all'attacco di Teheran
[Con questa rubrica intendo riportare notizie dall’Iran, sulla sua
situazione interna e sulla sua posizione internazionale. Userò pertanto
come fonti prevalentemente i media iraniani ma anche internazionali, il web e i
social. Scopo è offrire uno sguardo “altro” sulla realtà complessa di questa
Nazione]
Nella edizione serale del telegiornale di Rai1 (credo sia storicamente il
telegiornale più visto in assoluto della televisione italiana e il più
“popolare” per tipologia di pubblico) di ieri, 31 gennaio, è andato in onda un
servizio per raccontare la vicenda di una coppia di ventenni iraniani, belli e
innamorati, condannati a 10 anni di carcere per aver pubblicato sul web un
video in cui ballavano, dolcemente e romanticamente, sullo sfondo della più
celebre piazza di Teheran. La cornice in cui si inserisce il caso è ovviamente
quella delle manifestazioni di protesta che si sono avute in Iran nei mesi
scorsi. I due giovani avevano simbolicamente lanciato un grido di libertà, con
un gesto semplice ma potente ed evocativo, immediatamente represso senza pietà.
La notizia così riportata non può che suscitare sentimenti raccapriccianti
verso quel “regime” violento, oscurantista, sessista, repressivo, bigotto,
reazionario, in cui a due giovani innamorati è proibito anche ballare.
Sui media iraniani la vicenda è raccontata in modo diverso. Non si trova
cenno al video del ballo e la condanna ai giovani (un dettaglio: cinque anni
ciascuno) è derivata dalla loro attività di agitatori politici. In particolare,
durante le proteste, avevano aperto un canale web con molte migliaia di
follower per sostenere il movimento di opposizione con contenuti molto forti.
Dopo aver ricevuto un primo ammonimento dalle autorità per questa attività,
l’hanno proseguita fino a contribuire alla organizzazione di una manifestazione
il 4 novembre scorso, degenerata in gravi disordini e violenze, in cui avevano
chiamato a raccolta e incitato alla rivolta i manifestanti. In seguito a tali
fatti sono stati arrestati e condannati per i reati di manifestazione illegale,
sedizione, attentato alla sicurezza dello Stato.
Al di là del caso giudiziario in sé considerato, se la condanna sia stata
equa e proporzionata ai fatti commessi, è oggettiva la manipolazione
informativa di voler presentare la notizia come un caso di condanna per aver
pubblicato un video sul web in cui due giovani ballano romanticamente.
Questo tipo di informazione sull’Iran, in Occidente, è una pratica
costante, intenzionale, metodicamente organizzata. Si vanno a presentare le
condanne a morte di semplici manifestanti laddove le accuse sono di
insurrezione e/o omicidio. Si racconta la storia della atleta di free climbing
che gareggia senza velo e per questo “fatta sparire”, della sua casa demolita
per ritorsione, laddove la stessa ragazza racconterà poi di aver perso il velo
durante la gara fortuitamente e la demolizione di un abuso edilizio del
fratello rimontava a molti mesi prima senza alcuna correlazione con la vicenda.
Si dedicano prime pagine alla giovane scacchista che gioca senza velo e per
questo rischierebbe il carcere o peggio la morte laddove lascia indisturbata
l’Iran con la famiglia e si trasferisce in Spagna dove giocherà per quella
federazione.
Non è solo storia recente. Anni fa seguii il caso di Sakineh Ashtiani, la
donna condannata alla lapidazione in quanto adultera. Per lei ci fu una
mobilitazione e campagna internazionale per salvarla dal boia. In Francia
presero posizione l’allora première dame Carla Bruni e l’immancabile filosofo
dei diritti umani Bernard-Henri Lévy, in Italia sulla prima pagina de L’Unità l’allora
direttrice Concita De Gregorio pubblicò per mesi la sua immagine a fianco della
testata, similmente il suo volto campeggiò a lungo sugli edifici pubblici di
tanti comuni. Col tempo si venne a sapere che Sakineh era stata, rea confessa,
condannata a morte per l’omicidio del marito in concorso con l’amante. Era
effettivamente adultera ma non per questo era stata condannata a morte, era
un’assassina (la condanna non fu mai eseguita, ottenne il perdono – un istituto
del diritto islamico iraniano – da parte dei familiari della vittima, in quel
caso dei suoi stessi figli).
L’Iran non è certo una Nazione modello, come nessuna lo è a mio avviso. Il
suo ordinamento è peculiare, unico al mondo, la Repubblica islamica è la
conseguenza di caratteri religiosi, culturali, politici, storici, della sua
civiltà millenaria. L’ordinamento attuale dell’Iran può essere criticabile e
criticato, disprezzato e odiato oppure apprezzato ed ammirato, non è questo il
punto. Il punto è che a doverlo cambiare, ammesso che lo vogliano, possono
essere solo gli iraniani stessi, non noi occidentali. Il punto è che goccia
dopo goccia, manipolazione dopo manipolazione, da anni in Occidente si ha
l’obiettivo di fare di una Nazione complessa e variegata, profonda e composita,
un grottesco stereotipo, una caricatura oscena. A noi non interessa nulla dei
diritti umani in Iran, a noi interessa colpire un nemico politico che si oppone
fieramente all’Occidente. A noi interessa creare l’immagine di un orrido buco
nero, un nemico ancestrale che minaccia la nostra civiltà, la modernità, i
nostri sacri valori (benché laici) contro i loro, osceni ed inumani.
Tutte queste campagne informative e mediatiche sull’Iran hanno il solo
scopo di fomentare l’odio e la paura delle nostre popolazioni, di costruire
l’immagine perfetta del nemico. Si nutre la guerra, un boccone avvelenato alla
volta. Se e quando dovesse mai scoppiare, una guerra contro questi mostri
sarebbe giustificata. Senza dubbio. Senza esitazione. Per il loro stesso bene.
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