Il caso Assange, oggi più che mai, è il caso di ognuno di noi.
Per quanto dolorosa sia la vicenda personale di questo
giornalista pluri-premiato, è importante non soffermarsi solo sulla sua
persecuzione personale e processuale.
Ogni deprivazione che egli ha subìto, le torture
fisiche e psicologiche, il processo farsa, la totale abrogazione di ogni
diritto fondamentale della persona, sono stati inscenati ad hoc per intimorire
tutti noi e tutti coloro che dovrebbero fare del giornalismo.
Non è un caso che, quando il mainstream, oramai nella
sua interezza strumento della propaganda o del dissenso controllato, ha parlato
di Julian Assange, è stato principalmente per mettere in luce questi aspetti di
deprivazione personale, senza mai andare ad approfondire veramente quali
crimini egli avesse rivelato, chi fossero i criminali, e cosa sottintendessero
tutti questi segreti che non dovevano essere svelati.
Le testate giornalistiche del mainstream che
all’ultimo minuto saltano sul carrozzone della compassione, sono le medesime
che per anni si sono abbuffate sulle notizie rivelate da Wikileaks assieme ai
governi dei loro relativi paesi che acquisivano informazioni utili alle loro strategie.
Quegli stessi paesi, hanno lasciato che la vita di
Julian Assange venisse distrutta, che venisse torturato per 12 lunghissimi
anni. Quelle stesse testate giornalistiche hanno taciuto per 12 anni questa
persecuzione.
La rivoluzionaria azione di Wikileaks, fondata nel
2006, era basata su un concetto semplice: raccogliere le informazioni nelle
mani di potenti organizzazioni che le tenevano nascoste, e renderle pubbliche,
a disposizione di tutti. L’obiettivo era fornire a chiunque la possibilità di valutare
e decidere cosa sostenere e cosa non sostenere dell’operato del proprio governo
rappresentativo.
Un esempio fu la rivelazione dei negoziati segreti del
TTIP, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, descritto
dalla stessa Hillary Clinton come la “Nato economica” e dal Pentagono come il
nucleo economico delle forze armate Usa. Il Trattato, volendo creare la più
grande area di libero scambio del pianeta, era un attacco alle sovranità dei
paesi, ai diritti dei cittadini, dei produttori e un colpo definitivo alla
democrazia alimentare. In questi negoziati che procedevano in totale segretezza
e pubblicati dall’organizzazione di Assange si trovano documenti sul riassetto
mondiale del mercato del lavoro, dell’istruzione, della sanità, dei trasporti,
della finanza, delle telecomunicazioni e della salute, come l’Healthcare Annex
nel quale si costringono le autorità sanitarie a concedere alle multinazionali
maggiori poteri oltre che permettergli di impugnare le decisioni percepite come
dannose per i loro interessi.
Ovviamente un pensiero ricorrente è: cosa sarebbe
stato rivelato da Wikileaks riguardo al Covid-19, e alla gestione della
“pandemia”, se Julian Assange non fosse stato distrutto?
Il caso Assange è dunque l’emblema dell’attacco definitivo
alla ricerca della verità, al libero giornalismo, al diritto ad essere
informati sull’operato dei governi che ci dovrebbero rappresentare.
Probabilmente nel 2006, quando il giovane hacker aveva
fondato Wikileaks, non era ancora del tutto evidente quanto la rete dovesse
velocemente divenire strumento di controllo e di propagazione delle narrative
create ad hoc dal potere, e Assange non ha mai pensato neanche per un momento
di fermare la sua missione. Nella sua visione limpida delle cose, svelare i gravi
fatti di cui veniva in possesso era l’unica scelta giusta da fare.
Mentre l’informazione veniva globalizzata per poterla
controllare e per renderla funzionale alle strategie di potere e guerre di Usa
e Nato, lui svelava ciò che non poteva essere rivelato: rivoluzioni colorate
organizzate, squadroni della morte mascherati da ribelli moderati, attacchi
chimici inscenati ed altri eventi false flag, avvallati da set cinematografici
messi su a sostegno delle menzogne raccontate. Il fatto di pubblicare documenti
che svelassero queste costruzioni faceva cadere tutta l’impalcatura
hollywoodiana, e ciò non era accettabile.
Il caso Assange dunque va letto nel contesto globale,
ed è necessario unire tutti i punti. Quella specifica strategia di guerra e
potere che emerge dai documenti desecretati, è la stessa che adesso si mostra
in tutta la sua drammaticità con la situazione ucraina; è esattamente a questo
che volevano portarci.
E ci hanno anche portato al punto in cui l’attacco e
la messa alla gogna di ogni pensiero libero sono divenuti pericolosi e
violenti, si tratta di un odio di Stato sponsorizzato, portato avanti da
cosiddetti giornalisti ed influencer di sistema che ormai hanno dei compiti ben
precisi e tracciati da seguire.
Nei due anni di cosiddetta pandemia questo era già
emerso in modo chiaro, ma ancora più violentemente si sta manifestando riguardo
all’attuale guerra in Ucraina contro coloro che cercano di dare informazioni al
di fuori della propaganda ufficiale della Nato.
Un caso eclatante lo abbiamo vissuto molto da vicino
nei giorni scorsi quando il Corriere della Sera ha pubblicato in prima pagina
foto e nomi di liberi pensatori, come fossero parte di una famigerata rete
putiniana, creando una vera e propria lista di proscrizione ed esponendoli a
gravi rischi.
Una cosa del genere dovrebbe far sentire tutti in
pericolo. La modalità di screditare ed esporre chi cerca solo di esprimere il
proprio pensiero, ricorda proprio la gogna a cui Assange viene sottoposto da 12
anni, per ricordare a tutti gli altri che è meglio tacere.
Mai come adesso chiunque provi a fare giornalismo
indipendente e che non rispetti la narrazione ufficiale viene a suo modo
perseguitato. Mai come in questo momento siamo tutti Julian Assange.
un’intervista con Stefania Maurizi
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