martedì 20 dicembre 2022

La nostra solidarietà al giornalista Lirio Abbate per il licenziamento dalla guida de L’Espresso

 


La notizia è di giovedì scorso, 15 dicembre e se ne parliamo solo ora è perché (a parte qualche website) NON ha fatto proprio notizia. E invece è un fatto grave.

In estrema sintesi è successo che l’editore Danilo Iervolino, ha licenziato il direttore Lirio Abbate, che aveva assunto la guida de L’Espresso dopo le dimissioni di Marco Damilano, quando nel marzo scorso la testata era stata venduta al gruppo editoriale BCF, di cui Iervolino è principale azionista. Tanto per intenderci: un gruppo che ha in scuderia testate come Forbes, Asset Class, ITE (Investment & Trading Events), che con il giornalismo d’inchiesta che era stata la ‘cifra’ del settimanale fondato da Eugenio Scalfari han ben poco a che fare.

A quanto pare la ragione del licenziamento sarebbe la pubblicazione, anzi servizio di copertina sul numero dell’11 dicembre dell’inchiesta “Chi guadagna dai disastri”. Un’indagine senza sconti su varie situazioni emergenziali nel pianeta e in particolare sui ripetuti incendi che stanno da tempo devastando l’Amazzonia – e sugli interessi che ci stanno dietro, sui veri e propri finanziatori delle società agroalimentari sotto accusa.

Tra essi veniva citata anche la Cnh, società che fa capo alla Exor di John Elkann, proprietario del Gruppo Gedi (e quindi ex proprietario de L’Espresso, che come è noto continua ad essere distribuito come supplemento de La Repubblica ogni domenica).

Possiamo immaginare quanto John Elkann abbia gradito l’inchiesta: non a caso il giorno prima dell’uscita de L’Espresso, La Repubblica si era affrettata a pubblicare un’intervista a tutta pagina allo stesso Elkann, in omaggio al signoraggio più collaudato e in effetti intoccabile della nostra storia.

Nato in un Comune in provincia di Palermo, Lirio Abbate ha all’attivo una quantità di saggi e ottime inchieste sulla mafia e sulle sue tentacolari infiltrazioni ben oltre la Sicilia. Un impegno che gli aveva guadagnato prestigiosi riconoscimenti e che già da anni lo vedeva giornalista sotto scorta.

Assumendo lo scorso marzo la Direzione de L’Espresso, al quale era approdato dal 2009 fino alla carica di vicedirettore con la gestione di Marco Damilano, Abbate aveva fin da subito annunciato un piano editoriale nei termini di Espresso del Futuro, un “Netzine (network+magazine), basato su multimedialità e coinvolgimento dei lettori (…) caratterizzato da inchieste graffianti e però aperto anche al mondo della cultura e dell’economia, con uno sguardo particolare ai giovani.” Un progetto che lo stesso editore Danilo Iervolino era sembrato caldeggiare con un articolo, il 16 agosto scorso, che confermava l’idea di “un giornale 4.0 (…) una media company aperta e rivoluzionaria (…) fatta da giornalisti ma anche da gente curiosa (…) con temi che spazieranno dal problema delle risorse idriche, ai computer quantici, alla sharing economy” eccetera.

Precisamente in questa direzione sembrava andare la già citata inchiesta in Amazzonia così sgradita a John Elkann. Come anche l’ultimo numero in edicola, con un articolone su ben quattro pagine intitolato senza mezzi termini Spreco ad Alta Velocità, che riepiloga come meglio non si potrebbe la trentennale e motivatissima opposizione alla Torino Lione, a firma di una giovane (e brava) Diletta Bellotti che si qualifica semplicemente attivista.

Ed ecco oggi, sul sito del L’Espresso la lunga lettera di commiato con cui Lirio Abbate si congeda dalla sua ex redazione, oltre che da quella comunità di lettori che avrebbe volentieri immaginato partecipi e in qualche modo collaboratori. Vale la pena leggerla per intero. Ne citiamo solo qualche passo:

Quando ho iniziato a dirigere questo giornale ho chiarito che sarei stato al servizio dei lettori e non di questo o quel politico (…) Ho spiegato che L’Espresso è ‘un certo modo di fare giornalismo’, un metodo nel guardare al mondo, senza bavagli né pregiudizi (…) animato dallo spirito di libertà: L’Espresso si è sempre caratterizzato per le inchieste documentate ed esclusive che spesso disturbano i potenti, ledono gli interessi consolidati…” Ecco, appunto.

Succede a Lirio Abbate colui che fino a ieri era direttore di Forbes Italia, Alessandro Rossi, descritto anche come “manager di alto profilo di BFC Media”, insomma un fedelissimo della proprietà.

Prosegue intanto lo stato d’agitazione della redazione de L’Espresso, alla quale esprimiamo la nostra più calorosa solidarietà.

da qui

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