…e ce lo fanno credere
articoli e video di Vittorio Rangeloni, Fabrizio Salmoni, Enrico Vigna, Laura Tussi, Ugo Bardi, Giuseppe Masala, Vladimir Volcic, Manlio Dinucci, Stefano Orsi, Giacomo Gabellini, Alexander Belik, Vladimir Putin, Angela Merkel, Valerio Magrelli, Tonio Dell’Olio, Vittorio Giacopini, Nora McKeon, Luigi Ferrajoli, Laura Pennacchi, Francesco Masala, Domenico Gallo, Serge Halimi, Franco Astengo, Proletari Comunisti, Gregorio Piccin e un appello per una tregua umanitaria
.
Siamo disposti a morire per l’Ucraina? – Fabrizio Salmoni
Questa è la domanda che dobbiamo porci di fronte alle pressioni mediatiche della propaganda atlantista.
Abbiamo letto le ennesime dichiarazioni di Zelensky: “Almeno sei regioni sono al freddo e al buio, non abbiamo più generatori (infatti li chiediamo alla Nato), i russi ci stanno distruggendo tutte le infrastrutture e le fonti energetiche, MA STIAMO VINCENDO”. L’evidente contraddizione è un segno paradossale che quell’uomo è malato di fanatismo e prigioniero del suo ruolo di propagandista della causa e del regime ultranazionalista che rappresenta. Forse addirittura comincia a denunciare qualche scompenso mentale.
Tutti coloro che seguono la situazione bellica tramite le più svariate fonti indipendenti sanno che i russi stanno lentamente riprendendosi i territori nell’est che avevano perduto con la controffensiva ucraina di settembre-ottobre e che il ripiegamento tattico sulla riva sinistra del Dnieper aveva senso dal punto di vista militare per rafforzare la difesa dei confini dei territori di congiunzione alla Crimea e quindi per avere un fronte solido garantito dalla barriera naturale del fiume e posizioni da cui inchiodare gli ucraini sulle macerie di Kherson.
Da pochi giorni sappiamo inoltre che la Nato sta esaurendo le scorte di armi, (potete solo immaginare la quantità di armi inviate in Ucraina fin dal 2014, cioè da ben prima dell’invasione russa?), che gli americani cominciano a innervosirsi per le continue imperiose richieste, e che per bocca della Von der Layen (notizia del 30 novembre) le perdite militari ucraine ammontano a OLTRE 100.000 uomini (svista o autorevole soffiata?) (1). Sappiamo anche che è in corso un’evacuazione da Kherson di quelle poche migliaia di ucraini (10-15.000) che non hanno seguito i 120.000 oltre le linee russe, che il regime sta “incoraggiando” i cittadini a evacuare le zone invivibili (almeno sei regioni e mezza Kiev), esodi che, dicono gli analisti, potrebbero interessare almeno cinque milioni di persone verso un’Europa già sofferente per le sanzioni autoinflitte che non è pronta ad accoglierle; sappiamo che l’Ucraina è un Paese semidistrutto e già fallito finanziariamente come Stato, e avrebbe già perso la guerra a giugno se non fossero arrivate ancora armi dall’Occidente. Be’ se questo è un Paese che sta vincendo lasciamo al senso comune di giudicare.
Quella dello “stiamo vincendo” è una litania che i media mainstream ripetono da quando si erano eccitati per la controffensiva nell’est. A sentire loro, gli ucraini non hanno mai smesso di “controffendere”. E’ un discorso amaro quello sui nostri media (talk show compresi) che appaiono completamente asserviti all’ala bellicista della Nato e dedicati alla propaganda di guerra. Lo dimostrano diffondendo solo le veline degli ucraini, richiedendo a ogni interlocutore di premettere sempre che “C’è un Paese invasore e uno aggredito” , un mantra dovuto per avere dignità di parola, e interrompendo a ripetizione le risposte non gradite; naturalmente è vietato contestualizzare con la narrazione dei 14.000 morti nel Donbass dal 2014 provocati dalla soldataglia neonazista o dell’estensione della Nato oltre qualsiasi assicurazione precedente ai confini della Russia. Si parla della propaganda russa contrapponendola alla nostra “libera stampa” ma di fronte alle performance dei vari Mentana, Merlino, ecc. viene spontaneo pensare che la differenza sia minima tra i due sistemi di informazione. Provate voi a dire pubblicamente che forse la Russia non ha tutti i torti. Orsini ne sa qualcosa pur avendo uno status che parzialmente lo protegge. Provate a ricordare pubblicamente che la Nato nel 1999 ha bombardato la Serbia, Paese sovrano, per ben 90 giorni costringendola ad accettare l’indipendenza di una sua provincia secessionista, tanto per dirne una (2).
In realtà, ciò che salta agli occhi è che la guerra in Ucraina sancisce la rottura del capitalismo globalizzato e prefigura la creazione di un sistema capitalistico alternativo con l’abbandono del dollaro, la separazione delle risorse energetiche, la differente gestione delle risorse umane (leggasi sfruttamento), con conseguenti ricalibrazioni dei “valori” e perdita di influenza e potere economico dell’Occidente (Usa in testa).
Questo è quanto si vuole impedire cercando la sconfitta della Russia. Questa è la vera posta di un gioco sulla pelle degli ucraini. Un obiettivo difficilmente realizzabile nei confronti di una nazione, la Russia, che ha ampia capacità di aggregare interessi e soprattutto è una potenza nucleare che non accetterebbe una capitolazione senza reagire. Questo lo sanno tutti ma la lobby militarista europea e atlantica sembra ancora decisa a sostenere le farneticazioni di Zelensky e a tentare la carta militare fino in fondo.
E Zelensky fa di tutto per trascinarci alla guerra mondiale con le sue provocazioni (il missile in Polonia, l’interferenza in Bielorussia, i droni esplosivi sulle basi aeree strategiche russe). Fino a quando i suoi militari sono disposti a sostenerlo? Qualcuno ci potrebbe dire se c’è un qualche dissenso nel gruppo dirigente ucraino? Quanto sostegno sociale rimane al regime con un paese distrutto e la gente al freddo e alla fame (trapelano notizie di proteste popolari a Odessa)? Quanto siamo disposti noi a pagare o a morire per quel regime? Sarebbe opportuno costringerlo alla resa prima che ci pensino i suoi con altri mezzi
(1) Affermazione subito cancellata dai file del discorso a seguito di rimproveri ucraini che non hanno mai divulgato le cifre delle perdite ma che si affrettano a correggere in 10.000/13.000 perdite, cifra che nessun analista condivide. Smentendo lo stesso Zelensky che nei giorni della controffensiva aveva accennato a numeri “da 500 a 1000 al giorno”. Facendo la media con i giorni di guerra, la cifra della Von der Leyen si avvicina per difetto alla realtà. Del resto, un riscontro indiretto proviene dall’analisi delle rispettive tattiche delle due parti avversarie: gli ucraini attaccano a folate di mezzi misti pesanti e leggeri insieme alla fanteria (battaglioni tattici) mentre i russi ne fanno strage con l’artiglieria per poi eventualmente contrattaccare quando l’attacco si sfalda o rifluisce. La prossima probabile caduta di Artemiosk (Bakmut) potrebbe essere un colpo fatale per il morale del paese.
(2) A chi è attento non può sfuggire la preoccupante sequenza di manipolazione mediatica che con il governo Draghi e la pandemia ha alzato il livello di manipolazione e controllo massifico sull’opinione pubblica. Nel nostro “libero Paese” chi si sottrae al “pensiero unico”, a torto o a ragione, viene in qualche modo penalizzato o punito.
La superiorità morale dell’Occidente – Francesco Masala
Tutto il mondo che critica l’Occidente ha molto da imparare.
I paesi occidentali sono un esempio per tutti e certe cose che succedono nei paesi sottosviluppati (Trump userebbe un’altra parola) in Occidente non potrebbero mai succedere.
Solo due esempi.
Nei paesi occidentali un presidente non potrebbe mai avere un figlio invischiato in affari poco chiari (Trump userebbe un’altra parola) in paesi specchio della trasparenza e della democrazia. Non potrebbe mai, ma se così fosse si dimetterebbe da qualsiasi carica istituzionale, per vergogna, per onestà, per dare un esempio morale.
Nei paesi occidentali un ex presidente non potrebbe mai raccontare che l’Occidente, la Nato, l’Europa, gli Usa non rispettano gli accordi di pace (di Minsk), di cui erano garanti, ma anzi hanno fatto di tutto per costringere la Russia a fare qualsiasi cosa, magari un’invasione. Non potrebbe mai, ma se presa dalla sindrome di Cossiga, per cui qualche verità esce fuori, per togliersi qualche macigno dalla scarpa, allora, se così fosse, la guerra dell’Occidente contro la Russia terminerebbe domani, per la vergogna, per decenza, perché il mondo morale dell’Occidente è superiore a qualunque altro, addirittura nella galassia.
L’Occidente è il migliore dei mondi.
Finché dura.
Accordi di Minsk e ruolo della Germania. La risposta di Putin ad Angela Merkel
Il presidente russo Vladimir Putin ha definito “deludenti” le dichiarazioni dell’ex cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha recentemente affermato che gli accordi di Minsk del 2015 sono stati “un tentativo di dare tempo all’Ucraina”.
“È deludente. Francamente, non mi aspettavo di sentirlo dall’ex cancelliere, perché ho sempre pensato che i leader della Repubblica federale [di Germania] fossero in dialogo sincero con noi. Sì, certo che hanno sostenuto l’Ucraina, ma mi sembrava che i leader [tedeschi] volessero sempre risolvere [il conflitto] sulla base dei principi che avevamo raggiunto, compresi gli accordi di Minsk”, ha sottolineato il leader russo dopo un vertice con i leader dell’Unione economica eurasiatica.
In tal senso, ha ribadito che Mosca “ha fatto tutto bene” in relazione all’avvio dell’operazione militare in Ucraina. Ha anche ricordato che i membri del formato Normandia (Germania, Francia) ” hanno mentito” sulla loro disponibilità a rispettare quanto concordato, mentre l’Ucraina ha ripetutamente rifiutato di attenersi alle disposizioni che cercavano di porre fine al conflitto.
“L’idea era solo quella di riempire l’Ucraina di armi e prepararla per il combattimento. Vediamo, forse ce ne siamo resi conto troppo tardi. Forse dovremmo iniziare tutto questo prima [dell’operazione]. Speravamo solo che avremmo potuto concordare il quadro degli Accordi di Minsk”, ha sottolineato.
In questo contesto, ha sottolineato che si pone la questione della fiducia che attualmente “è quasi a zero”. “Come raggiungere un accordo? Cosa negoziare? È possibile negoziare con qualcuno? E dove sono le garanzie?”, sono le domande che ha posto il capo dello Stato russo. Tuttavia, ha sottolineato che alla fine ” sarà necessario raggiungere accordi” e ha assicurato che Mosca è “aperta” a tali scenari.
Cosa ha detto la Merkel?
In un’intervista pubblicata mercoledì scorso al quotidiano Die Zeit , l’ex capo del governo tedesco ha assicurato che gli accordi in questione non solo hanno dato tempo a Kiev, ma le hanno anche permesso di ” rafforzarsi, come si vede oggi”.
“L’Ucraina del 2014/15 non è l’Ucraina di oggi. Come si è visto nella battaglia per Debaltsevo [un importante nodo ferroviario nella Repubblica popolare di Donetsk] all’inizio del 2015, Putin avrebbe potuto facilmente invadere allora. E dubito fortemente che gli stati della NATO avrebbero potuto fare tanto quanto stanno facendo ora per aiutare l’Ucraina”, ha detto.
“Era chiaro a tutti noi” che il conflitto era congelato e la questione rimaneva irrisolta, ha proseguito l’ex presidente, aggiungendo che “è stato proprio questo a dare tempo prezioso all’Ucraina “.
Vale la pena ricordare che non è la prima volta che la Merkel si esprime in questo senso. Alla fine di novembre, ha affermato in un’intervista per la rivista Der Spiegel che il congelamento del conflitto raggiunto con gli accordi di Minsk ha permesso all’Ucraina di diventare “più forte e più resiliente “.
- Angela Merkel era alla guida del governo tedesco nel 2014, quando in Ucraina ebbe luogo un colpo di stato che fece precipitare il Paese in un conflitto interno. Gli accordi di Minsk sono stati firmati nel febbraio 2015 con la sua partecipazione.
- Il 22 febbraio di quest’anno il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che gli accordi in questione non esistono più, dopo il riconoscimento delle repubbliche del Donbass, che a settembre sono entrate a far parte del Paese eurasiatico. Secondo il presidente, gli Accordi di Minsk “sono stati uccisi” dalle autorità ucraine.
(traduzione AD)
Nessun commento:
Posta un commento