martedì 20 dicembre 2022

Verso il porto di destinazione più lontano - Fulvio Vassallo Paleologo

  

Le autorità italiane hanno autorizzato lo sbarco di 63 “migranti” a bordo della nave Sea Eye 4 nel porto di Livorno. Al momento la nave si trova ancora a sud di Malta, Dovrà affrontare una navigazione di almeno quattro giorni prima di raggiungere il porto di destinazione assegnato dalle autorità italiane. Sempre che le condizioni meteo non rendano ancora più lunga e travagliata questa rotta imposta dal Viminale.

Le Convenzioni internazionali prevedono lo sbarco dei naufraghi nel porto sicuro “nel tempo ragionevolmente più breve possibile”. Il paragrafo 3.1. 9 della Convenzione SAR di Amburgo del 1979 stabilisce che: “Le Parti devono assicurare il coordinamento e la cooperazione necessari affinché i capitani delle navi che prestano assistenza imbarcando persone in pericolo in mare siano dispensati dai loro obblighi e si discostino il meno possibile dalla rotta prevista, senza che il fatto di dispensarli da tali obblighi comprometta ulteriormente la salvaguardia della vita umana in mare. La Parte responsabile della zona di ricerca salvataggio in cui viene prestata assistenza si assume in primo luogo la responsabilità di vigilare affinché siano assicurati il coordinamento e la cooperazione suddetti, affinché i sopravvissuti cui è stato prestato soccorso vengano sbarcati dalla nave che li ha raccolti e condotti in luogo sicuro, tenuto conto della situazione particolare e delle direttive elaborate dall’Organizzazione (Marittima Internazionale). In questi casi, le Parti interessate devono adottare le disposizioni necessarie affinché lo sbarco in questione abbia luogo nel più breve tempo ragionevolmente possibile”.

Considerando il punto 15 del Regolamento Frontex n.656 del 2014, che stabilisce: “Gli Stati membri dovrebbero ottemperare all’obbligo di prestare assistenza alle persone in pericolo conformemente alle pertinenti disposizioni degli strumenti internazionali che disciplinano le situazioni di ricerca e soccorso e ai requisiti relativi al rispetto dei diritti fondamentali. Il presente regolamento non dovrebbe pregiudicare gli obblighi delle autorità preposte alla ricerca e al soccorso, compreso quello di assicurare che il coordinamento e la cooperazione siano effettuati secondo modalità che consentono alle persone tratte in salvo di essere trasferite in un luogo sicuro”. Le autorità italiane si permettono di inviare le navi umanitarie in porti tanto lontani, imponendo lunghi trasferimenti che posono durare molti giorni, per contrastare la loro attività di soccorso ‘sistematico”, perché negano natura di evento di soccorso ai salvataggi operati dalle Ong alle quali viene assegnato soltanto un Pod (port of destination) come si fa nel caso di richiesta di un porto di sbarco da parte di una nave commerciale. Per il Viminale del resto i naufraghi sono un “carico” da sbarcare tenendo a bordo il carico “residuale” se si tratta di persone non vulnerabili. Migranti irregolari e non naufraghi da soccorrere e sbarcare nel tempo più breve possibile.

La Convenzione SOLAS obbliga il “comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione” … [Capitolo V, Regola 33)La Convenzione SAR definisce la “fase di emergenza” (distress) come una “situazione in cui vi è la ragionevole certezza che una persona, nave o altra imbarcazione è minacciata da un pericolo grave e imminente e necessita di assistenza immediata” : in questi termini l’ Allegato alla Convenzione, paragrafo 1.3.13. Un elenco di fattori da prendere in considerazione, al fine di determinare se una nave è in una fase di incertezza, allerta o pericolo è inclusa nell’articolo 9, paragrafo 2, lettera f), del Regolamento UE 656/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, che stabilisce norme per la sorveglianza delle frontiere marittime esterne nell’ambito del cooperazione operativa coordinata dall’Agenzia Europea per la Gestione della Cooperazione Operativa presso il Frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (“regolamento UE sulle frontiere marittime”). Questi criteri di valutazione che si impongono alle autorità nazionali che pure adottano un Piano SAR nazionale in conformità a questi strumenti di diritto internazionale, come raccolti nel Manuale IAMSAR, includono: navigabilità e probabilità di raggiungere la destinazione finale; numero di persone a bordo in relazione alla tipologia e condizioni della nave; disponibilità di attrezzature e forniture necessarie; presenza di un equipaggio qualificato; presenza a bordo di donne in gravidanza, bambini o persone che necessitano urgentemente di assistenza medica; presenza a bordo di persone decedute; e le condizioni meteorologiche e marine prevalenti o previste. Sono questi i criteri per distinguere gli eventi di soccorso dagli” eventi migratori”, che non possono essere classificati come tali per ragioni meramente politiche.

La giurisprudenza respinge il travisamento degli eventi di soccorso in”eventi migratori”. Nell’ordinanza del GIP di Agrigento del 2 luglio 2019, relativa ad un caso che aveva riguardato la Sea Watch, si richiama”«l’art. 11 comma ter del D. Lgs 286-98 (introdotto dal D. L. n. 53/2019): difatti, ai sensi di detta disposizione, il divieto interministeriale da essa previsto (di ingresso, transito e sosta) può avvenire, sempre nel rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, solo in presenza di attività di carico o scarico di persone in violazione delle leggi vigenti nello Stato Costiero, fattispecie qui non ricorrente vertendosi in una ipotesi di salvataggio in mare in caso di rischio di naufragio. Peraltro, l’eventuale violazione del citato art. 11 comma 1 ter – si ribadisce sanzionata in sola via ammnistrativa – non fa venir meno l’inderogabile disposto di cui all’art. 10 ter del Dlgs 286/98, avente ad oggetto l’obbligo di assicurare il soccorso, prima, e la conduzione presso gli appositi centri di assistenza, poi».

Occorre dunque insistere nella richiesta di Pos, di place of safety, come conclusione obbligatoria di una operazione di ricerca e soccorso (SAR) di naufraghi, non di trasporto di persone, perchè chi viene salvato in acque internazionali si trova in situazione di distress per le condizioni del mezzo sul quale si trova e per la distanza dalla costa. Così stabiliscono le Convenzioni internazionali ed i tribunali italiani.

La recente sentenza sul processo Libra a Roma, sul caso della strage di bambini dell’11 ottobre 2013, pur dichiarando la prescrizione dei reati contestati a due alti esponenti della Guardia costiera e della Marina militare, stabilisce precisi criteri di individuazione dei casi di distress ed afferma la responsabilità, dunque la giurisdizione italiana, quando le nostre autorità siano contattate per una richiesta di soccorso proveniente dalle acque internazionali, siano esse nella zona Sar libica che in quella maltese. Una responsabilità che si estende fino alla conclusione dell’operazione di soccorso con lo sbarco nel porto sicuro “più vicino”.Perché questo significa garantire un porto di sbarco sicuro “nel tempo più breve ragionevolmente possibile”.

Quanto deciso dal Tribunale di Roma e il dettato vincolante del Regolamento Frontex n.656 del 2014, che rafforza la valenza normativa delle Convenzioni internazionali, impediscono alle autorità marittime e politiche italiane di derubricare ad evento migratorio un salvataggio di naufraghi e dunque rendono illegittimo il rifiuto di un place of safety da raggiungere “nel tempo più breve ragionevolmente possibile” e l’assegnazione di un mero Pod (porto di destinazione). Da raggiungere nel tempo più lungo… irragionevolmente possibile, come nel caso di Livorno, soltanto per allontanare le navi umanitarie dalla zona del Mediterraneo centrale nella quale potrebbero continuare a salvare altre vite. Forse troppe per chi ha vinto le elezioni sullo slogan del blocco navale.

Quando si parla di necropolitica si parla esattamente di questo. Quando un governo sceglie chi vive e chi muore. E scambia i naufraghi per passeggeri clandestini di una nave da carico.

da qui

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