sabato 24 dicembre 2022

Regalo di anti-Natale: racconti controcorrente - 2

Dicono in giro che sia Natale ma in “bottega” noi amiamo poco le religioni organizzate e il consumismo perciò preferiamo festeggiare il solstizio d’inverno. Eccovi due racconti di Riana Rocchetta e di Mark Adin (cioè Marco Peressi che è “volato” via troppo presto), la segnalazione di un libro di Michael Curtin e un racconto di Paul Auster, in un film per fumatori, con musica di Tom Waits. Ma se fra voi qualcuna/o vuole linkarci altre storie… perchè no?

L’immagine è ispirata a un certo (vecchio) film di un certo “cattivo” regista. Chi è troppo giovane per sapere… chieda in giro. Noi, per dispetto, non vi diremo neppure che SK erano le iniziali di quel tal geniaccio.




Sempre difficile essere laici in un Paese dalla forte connotazione cattolica. E da certe ricorrenze, pressochè impossibile “restarne fuori”. Siccome non mi risulta che lo Spirito del Natale sia compreso nella Costituzione, credo di poter dire, liberamente, che tale festività mi ha definitivamente rotto, soprattutto per come diventata negli anni, insipida occasione per esercitare, una volta di più, ogni ipocrisia.

Dipendesse da me, sul Natale sarei feroce come Dickens. Rileggendo Christmas Carol, è assai facile sostituire Scrooge con molte facce conosciute, fino a ritrovare persino la mia, perché pochissimi ne restano indenni in un sincero confronto con il vecchio perfido egoista. Sono intimamente convinto che il grande scrittore abbia applicato al racconto un epilogo di redenzione solo per esigenze meramente editoriali, covando in cuor suo di renderlo ben più cattivo, o mi fa bene pensarlo.

Sopporto malvolentieri, dunque, la vera e propria persecuzione che mi ritrova, ogni anno, vittima del giro perverso di cene, pranzi, (dei quali non obietto sulle gastriche soddisfazioni, bensì sulla forzatura della scelta di taluni commensali), e della stanca liturgia dei regali, ricevuti da persone alle quali si è effettivamente legati, ma anche da altre/i che manderei volentieri a stendere, con l’implicito odiosissimo ricatto della restituzione del dono, imposto da un protocollo che diventa persecutorio, anche e soprattutto in chi non lo condivide.

Da animali di società, tocca far buon viso, ma dentro di noi cova un sentimento di vendetta che non getterei alle ortiche, bensì terrei buono; lo porterei a maturazione, lo metterei a frutto. In queste melense e artefatte atmosfere di infiocchettati rituali, falsamente dettati dallo spirito natalizio, si può essere parte attiva e sabotare con gioia certe manifestazioni, elevando il dispetto al rango di lotta di liberazione.

Organizzandoci, possiamo innanzitutto raccogliere quelle cose inutili e brutte che conserviamo nevroticamente per oscuri motivi, e con modica spesa trasformarle in regalini da donare alle persone più detestate del nostro umano entourage. Sicuramente ce ne sono, proviamo a fare una lista e la troveremo più lunga del previsto. Divertiamoci a sorprenderli con una visita per loro inaspettata, esibendo un largo sorriso, fatta all’ultimo momento perché, siccome imprevista, sia difficoltoso per loro ricambiare. La preparazione di un bigliettino contenente fuorvianti formule di buon augurio, può aggiungere il tocco d’artista. Sbizzarriamoci, ad esempio, in auspici di pronta guarigione agli inguaribili.

Per il pranzo, non dimentichiamo di offrire vino imbevibile e di smaltire cioccolatini vecchi e salse esotiche di cui temevamo possibili causticazioni esofagee. Mangiamo con gusto lodando la cucina, ma non dimentichiamo di respingere, con affettata cortesia, la pietanza più elaborata che la padrona di casa porta in tavola con maggiore orgoglio, dicendole sottovoce e con garbo che non potete neppure assaggiarne perché ne avete fatto indigestione, dal momento che ve la propongono tutti i santi giorni, in una versione certo meno ricca della sua, alla triste mensa aziendale. Facciamo bere copiosamente l’invitato che non sopporta il vino, versandogliene nel bicchiere ripetutamente, ma sempre poco alla volta, di modo che abbia l’impressione di fare piccoli sorsi e non si avveda dello sturbo che sta per assalirlo, e inneschiamo i più caciaroni intonando sottovoce canzonacce e tenendo il tempo con ritmiche percussioni di posate sui bicchieri, meglio se di cristallo, del servizio buono.

Possiamo intervenire nei discorsi altrui, dando ragione ai più beceri e umiliando e zittendo i giusti, incarognendo i biliosi e sobillando i perfidi, mostrandoci infine sorpresi per la mise della più in tiro profferendo la temutissima frase: “Ma non ce l’avevi già l’anno scorso, questo bel vestitino?”.

Una attività che può portare molta soddisfazione, non dimentichiamoci, consiste nel fare, non visti, boccacce spaventose e gesti minacciosi ai più piccoli, che in genere o si mettono a frignare – e insisteremo per consolarli proprio noi, rincarando la dose – o si chiudono in un sofferto mutismo – e in questo caso consiglieremo, a fine pasto, una supposta di glicerina – perché “credo siano un tantino imbarazzati: Il pasto, buonissimo, è stato un po’… pesantino.”. Se vogliamo poi rasentare il perfezionismo, tenendo in braccio il piccino e intonando lallazioni e gaie filastrocche, potremo infine rilasciare quel peto silenzioso che abbiamo, da persone previdenti, trattenuto per tutto il tempo del copioso pranzo, allo scopo di confermare la costipazione intestinale del ragazzino, attribuendo a lui la colpa e facendolo notare ai presenti, buttandola in ridere: “Ah… Brighella!… così piccolo e così fetente!”.

Ecco: non vorrei con queste poche righe esaurire l’argomento, o peggio ancora istituire modelli o suggerire pratiche certo da tutti ben conosciute: cerco solo di essere propositivo.

Mi si permetta, da ultimo, di raccomandare uno sguardo di cattiveria per gli inermi e gli anziani non autosufficienti. Cerchiamo di essere sempre, ma soprattutto domani 25 dicembre, forti con i deboli e servili con i forti.

Oggi è la vigilia, restiamo perciò diversamente vigili, alla faccia dell’inculcato spirito natalizio, e pronti a colpire.

All’opera, quindi, e Buon Natale a tutti noi cattivi, nostro malgrado vittime.

 


e se vi è piaciuto il racconto di Mark Adin non privatevi de La lega antiNatale, dello scrittore irlandese Michael Curtin (Marcos y Marcos, 2009)

“Se il Natale fosse una persona, uscirei in una notte di nebbia a tagliargli la gola, poi mi costituirei e passerei felice il resto della mia vita a guardare video dietro le sbarre.”

Sexy, comico e dissacrante: uno dei più originali romanzi umoristici mai scritti sul Natale.

Un irlandese disoccupato rimpiange che non gli abbiano spaccato la testa ventiquattro anni prima, quando giocava a rugby. Un commercialista ama travestirsi da donna ma teme gli venga un colpo e lo ritrovino morto in guêpière in una stanza d’albergo. Un ex dirigente molla tutto per dedicarsi a una missione: diffondere il linoleum nel mondo. La bellissima, agguerritissima boss di «Unipolitan» cerca un vero maschio al solo scopo di fare il contrario di quel che dice lui.

Cos’hanno in comune?

Il profondo desiderio di concedersi una partita a carte, una partita a whist. Tutti i mercoledì sera al King’s Arms Pub, a Londra.

Soprattutto, spinti da un odio profondo e sincero per il Natale, li unisce un piano di sabotaggio per vilipendere e liberarsi una volta per tutte dalla Festa delle Feste…

da qui

  

 

Il racconto di Natale di Auggie Wren – Paul Auster

                                  (dal film Smoke, di Wayne Wang)

 


Santa & C – Riana Rocchetta

«Plin», disse il telefono.

Martina girò un poco la testa, senza staccare la fronte dal vetro freddo della finestra. Sul tavolo alle sue spalle il cellulare brillò di luce azzurra.

Sospirò appannando il vetro e tornò a guardare fuori.

Il pioppeto le era sempre piaciuto. In estate soprattutto. La geometria dei tronchi a interrompere l’orizzonte piatto, i rami pieni di verde, il cinguettio degli uccelli nell’aria limpida offrivano ai suoi sensi una idea di tregua e di riposo.

Ora, a dicembre, la vista era spettrale. Tutte quelle ombre nere, alte e diritte come lance venivano inghiottite poco a poco da una coltre di ovatta giallastra, che lasciava appena intuire un pallido sole invernale.

Erano le due del pomeriggio e la nebbia stava scendendo dalle cime degli alberi. Il paesaggio alieno sembrava galleggiare in un fumo acido, freddo e opaco. In altri momenti Martina ne avrebbe colto un certo fascino decadente ma era distratta, con la mente troppo impegnata in calcoli e progetti per farsi acchiappare da pensieri romantici.

«Plin!» disse di nuovo il telefono e a quel punto Martina staccò la fronte dal vetro con un altro sospiro.

Entro un paio di ore, forse anche meno, con quel nebbione che stava calando, sarebbe partita per andare al lavoro.

A lato della porta finestra lampeggiavano intermittenti le lucine colorate dell’albero di Natale che lei e sua madre avevano addobbato alcuni giorni prima. Appeso al muro, metà nascosto da una palla di plastica rossa stava incorniciato, da più di un anno, il suo diploma di laurea in filosofia. Mamma ne andava orgogliosa.

«Bell’affare», disse a voce alta sfiorandolo con lo sguardo.

Per fortuna c’era altro.

Ancora un paio di settimane e sarebbe tornata a Berlino.

Era partita con Angela all’inizio dell’estate. Senza crederci del tutto, dopo mesi passati a parlarne erano andate per davvero e avevano scoperto che bastava poco per ricominciamo daccapo.

In questo posto non si ferma nessun treno. Si sale e si scende in corsa, mi piace, aveva concluso dopo un paio di settimane, con un lavoro da cameriera, un corso di design di moda appena iniziato e la prospettiva di una nuova lingua, di nuovi amici.

Tutto andava a gonfie vele quando le era arrivata la notizia della morte di suo padre. Non tanto inaspettata. Era ammalato da tempo e non ne rimase sorpresa. Non se la sentiva di lasciare sola la mamma ed era ritornata a casa, per starle vicino in quel momento così grave. Adesso erano passati tre mesi, sua madre stava meglio e dopo tanti anni di dolore e di fatica il suo viso si era quasi rasserenato. Ricominciava a uscire, ritrovava vecchie amicizie e quella sera era invitata a casa di sua sorella per il cenone della vigilia.

Martina pensò con sgomento alle cene fra parenti e alle feste in famiglia, tutte cose che in quel momento le stavano strette. Quasi era contenta di dover lavorare la notte di Natale.

Contenta si fa per dire. Cento euro più le mance, se ce ne fossero state. Un compenso miserabile per preparare la sala e servire ai tavoli del ristorante “Gianò”, specialità anguilla, tutta la notte, per un numero di ore ancora da definire.

Ma era al verde. Anche quei pochi soldi le sarebbero serviti per partire di nuovo.

Prese in mano il cellulare, aprì la casella di posta e cancellò un messaggio pubblicitario. C’era anche una mail appena arrivata da una certa “International Agency Recruitement”. Il nome non le diceva niente.

La aprì.

Lesse veloce le poche righe: “Una importante compagnia si è rivelata interessata al suo profilo professionale. Le alleghiamo i termini del contratto che potrà discutere direttamente con il referente aziendale.”

Aprì l’allegato. Anche lì non c’era scritto molto ma il contenuto era parecchio strano: “Lei è stata selezionata fra molti candidati in quanto esperta nella gestione di eventi. Le offriamo un lavoro a contratto per la notte del ventiquattro dicembre. Compenso netto forfettario cinquemila euro.”

«Cazzo!» Martina scoppiò a ridere e si chiese quale dei suoi amici drogati di computer poteva aver ideato e messo in opera lo scherzo.

La mail comunque continuava: “Se accetta l’incarico c’è un’auto che l’aspetta in strada. I suoi bagagli sono già in macchina.”

Ah! Il gioco si va complicando, pensò. Vediamo chi tenta l’approccio.

Sempre ridendo, si spostò verso la cucina, dalla parte opposta della casa, dove la finestra dava sulla strada. Scostò la tendina...

continua qui

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