Chi può essere più contraddittorio di un europeista che si straccia le vesti per la guerra economica che gli Stati Uniti di Trump starebbero per dichiararci? Domanda retorica, perché la risposta è sotto gli occhi di tutti: nessuno. Siamo di fronte all’ennesima dimostrazione di come la narrazione dell’Unione Europea pacificatrice sia un castello di carte costruito su menzogne e convenienze di parte.
Perdonatemi, ma secondo voi la moneta unica, il loro amato euro, a cosa serviva se
non a mettere fuori gioco alcuni paesi nella ferocissima guerra commerciale tra
Stati membri? Impedire all’Italia, ad esempio, di svalutare per essere più competitiva nel mercato
internazionale non equivale – anzi, è persino peggio – all’imposizione di dazi? Se la politica monetaria di un
paese viene neutralizzata, allora quello stesso paese viene costretto a giocare
con una palla al piede mentre altri ne approfittano per correre liberi.
Ovviamente finché dura: che la Germania stesse
segando il ramo su cui era seduta, gente come Bagnai lo diceva e scriveva in
lontane ere politiche. Agli apologeti dell’europeismo continua a sfuggire:
nella migliore delle ipotesi.
E che dire dell’austerità imposta
per “restare a galla”? La svalutazione interna con il crollo dei salari sarebbe
accettabile, mentre l’imposizione di dazi rappresenterebbe una violenza economica? Dobbiamo davvero credere che
massacrare il potere d’acquisto dei cittadini e devastare il tessuto sociale di
un paese sia una strategia più nobile di una misura protezionistica? L’Ue,
mentre flagellava il nostro Stato sociale e ammazzava (letteralmente, basta
leggere i dati) i greci per salvare le banche tedesche e francesi, si stava forse
immolando per la pace? La verità è che l’Europa unita ha realizzato una guerra
silenziosa e devastante, colpendo le economie più deboli per
rafforzare i suoi padroni economici.
Gli stessi che oggi si stracciano le vesti
per le presunte ingiustizie del protezionismo americano sono
quelli che propongono di risolvere tutto con il salario minimo. Un capolavoro
di incompetenza, come se bastasse una legge a risolvere problemi strutturali
creati da decenni di scelte suicide. Eppure,
ogni volta che qualcuno osa mettere in discussione questa follia, ecco che
spunta il solito fesso pronto a parlare delle “tempeste monetarie”
che si scatenerebbero se solo provassimo a riprenderci un minimo di sovranità
economica.
La retorica dell’Ue come garante di 50
anni di pace è semplicemente smentita dalla storia. Abbiamo vissuto e viviamo
una guerra economica senza esclusione di colpi,
tra dumping fiscale, delocalizzazioni selvagge e un sistema economico che
premia pochi mentre sacrifica milioni di cittadini: quando imbastiamo una
discussione seria sui paradisi fiscali protetti dai potentati dell’eurozona?
Alcuni di essi vestono anche i panni del “paese frugale”.
E se non bastasse, le istituzioni eurounitarie recentemente hanno dimostrato di
non disdegnare neppure la prospettiva di una guerra tradizionale, totale
magari, soprattutto se si tratta di combattere il nemico di turno: la Russia brutta e cattiva.
Ormai cade tutto a pezzi, speriamo solo di
non rimanere schiacciati sotto il peso di
decenni di bugie e inganni, sotto il peso di questa gigantesca ipocrisia che si
fatica ad abbandonare.
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