Viviamo in un’epoca che possiamo definire della deresponsabilizzazione
generale, si ha l’impressione che l’uomo, schiacciato dalla disperazione di una
vita priva di senso, sia giunto alla conclusione che l’unico modo per cercare,
quanto meno, di sopravvivere sia quello di condurre un’esistenza che tenga
conto unicamente del “qui e ora”.
Questa però può diventare una buona filosofia di vita quando non viene
assolutizzata e quindi è capace di non rendere, la necessaria assunzione di
responsabilità nei confronti delle generazioni future, un aspetto marginale.
Infatti, è proprio quello che ci sta accadendo, ognuno di noi vive in maniera
autoreferenziale, non si dedica più all’altro, al punto che gli stessi figli
sono considerati quasi un fardello, un peso che rende la nostra vita ancora più
cupa e problematica e quindi ci comportiamo come se noi adulti fossimo l’ultima
generazione destinata a vivere sul pianeta Terra, per cui tutto quello che
accadrà dopo di noi non c’interessa.
E i nostri figli? Al diavolo anche loro, in qualche modo si arrangeranno,
intanto c’illudiamo di goderci la vita e andiamo avanti, giorno dopo giorno,
depredando il presente e fregandocene del futuro e di quelli che verranno dopo
di noi.
Da dove hanno origine queste farneticazioni? Non siamo stati sempre così
egoisti, io almeno ricordo che quando ero adolescente prima e studente
universitario dopo, ero anche troppo proteso verso il futuro, eravamo quasi
tutti spinti da un’incredibile energia che ci forniva la certezza assoluta che
prima o poi saremmo riusciti a cambiare il mondo e a renderlo migliore.
Mai avrei pensato allora di dover vivere in età adulta tempi così bui,
tempi cupi nei quali la barbarie avanza e l’unica cosa che conta è saccheggiare
il presente noncuranti che, continuando in questo modo, la devastazione,
inevitabilmente, si abbatterà sul futuro.
Pensiamo, ad esempio, a quello che sta accadendo a livello mondiale per ciò che riguarda l’atteggiamento di tanti politici nei confronti dell’ambiente.
Pensiamo, ad esempio, a quello che sta accadendo a livello mondiale per ciò che riguarda l’atteggiamento di tanti politici nei confronti dell’ambiente.
Il presidente degli USA, Donald Trump, è il campione di questa nuova
pseudofilosofia informata dall’egoismo e dalla cancellazione del futuro. Trump
è, probabilmente, il presidente più irresponsabile che gli USA abbiano
generato, lo dimostra la guerra che ha scatenato nei confronti dell’ambiente da
quando si è insediato alla Casa Bianca: l’uso smodato e senza regole dei
pesticidi, la cancellazione dei limiti imposti alle emissioni delle centrali
elettriche, addirittura il rilancio della fonte energetica più inquinante, il
carbone, senza contare le sue deliranti affermazioni a riguardo della
possibilità di tornare a utilizzare il micidiale amianto.
La sua avversità a qualsiasi politica di tutela ambientale è ormai evidente
e si è concretizzata con il ritiro degli USA dal Patto di Parigi sul
riscaldamento globale. Il Presidente Trump rappresenta, in maniera esemplare,
la società egoista e deresponsabilizzata dei nostri tempi, quella formata da
individui interessati unicamente a consumare freneticamente il presente
incuranti di preservare il pianeta per i nostri figli e nipoti.
A questo proposito potrebbe essere salutare riproporre le osservazioni del
grande filosofo tedesco Hans Jonas che nel 1979 scrisse un bellissimo libro dal
titolo Il principio responsabilità. In esso il filosofo tedesco sviluppa
un’interessante analisi che parte da un’etica razionalista applicata
prevalentemente ai temi dell’ecologia. Egli afferma, mostrando l’incredibile
attualità della sua filosofia, che l’uomo deve applicare il principio della
responsabilità a ogni piccolo gesto, a ogni atto che egli compie poiché questi
avranno, inevitabilmente, delle conseguenze su chi verrà dopo di noi.
Nello specifico egli si concentra sullo sviluppo tecnologico e sul
devastante impatto che esso può avere sul nostro pianeta asservito totalmente
alla logica dominante del profitto. Jonas, infatti, afferma che quest’etica
della responsabilità deve basarsi sulla seguente formulazione: “Agisci in modo
tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di
una vita autenticamente umana”. Per fare questo bisogna però limitare quella
che Jonas definisce “l’esagerazione tecnica” alimentata dall’assurda filosofia
del progresso illimitato e dall’altrettanto assurda “arroganza filosofica” che
autorizza l’uomo a concepire la natura come qualcosa che esiste per essere a
disposizione completa dell’uomo e del soddisfacimento della sua avidità.
In Italia, purtroppo, corresponsabile, a livello politico, di questa
irresponsabilità diffusa nei confronti dell’ambiente nel quale viviamo e dunque
nei confronti delle generazioni future, è senza ombra di dubbio anche la
sinistra del nostro paese o meglio quella parte della sinistra che da molti
anni ormai ha abbandonato al proprio destino tutti coloro che vivono ai margini
della società capitalista e, durante il renzismo, ha subito una vera e propria
mutazione antropologica trasformando il maggiore partito della sinistra
italiana in un organismo politico di destra travestito da forza politica di
sinistra.
Dati questi presupposti, una sinistra italiana moderna e al passo coi tempi
non può più ritenere la questione ambientale un aspetto marginale e secondario
del suo programma politico, soprattutto dopo che le recenti elezioni europee
hanno sancito in quasi tutta Europa l’avanzata dei partiti d’ispirazione
ecologista. Il vero problema è che in Italia non solo non esiste una
sensibilità ecologista di massa, purtroppo non esiste più nemmeno una sinistra
autentica che possa farsi carico anche della questione ambientale.
In questo clima d’irresponsabilità generale è caduta anche la
sinistra italiana che, a partire dall’ultimo Segretario del PCI Achille
Occhetto in poi, ha dissipato decenni di esperienze e fondamentali conquiste
proprio perché, parafrasando Jonas, essa non ha agito in modo tale che gli
effetti della sua azione fossero compatibili con la continuazione di una vita
umana solidale e dignitosa.
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