Nicoletta Dosio: Contro l’ingiustizia del potere la
resistenza è un dovere
A questo principio si ispira ormai da trent’anni il movimento NO TAV e, da
sempre, rispondono le lotte sociali e ambientali, in tante parti del paese e
del mondo.
Contro tale resistenza, il sistema ha messo in campo leggi, eserciti,
tribunali e carceri.
I territori, le persone, la natura sono più che mai materia bruta di
sfruttamento da parte di un capitale che, nella sua arroganza dimentica di ogni
limite, in nome del profitto infinito, accumula sulla propria strada morti e
rovine, fino a mettere in discussione la sopravvivenza stessa del Pianeta.
Anche in Valle di Susa l’opposizione popolare che, forte della memoria operaia
e resistenziale, ha deciso di dire NO al TAV, grande, mala, inutile,
costosissima opera, e al modello di vita che la produce, sta pagando tale
resistenza ad un prezzo altissimo, a livello giudiziario, economico,
esistenziale, con centinaia di condanne penali e civili, multe, fogli di via,
revoche di permessi, militarizzazione del territorio. Il tutto con la
complicità attiva dei governi passati e presenti, espressione istituzionale del
partito trasversale degli affari, e con il supporto dei mass media di regime.
Per denunciare tutto questo e per ribadire la dignità di una lotta
collettiva che non si piegherà, ho deciso di non chiedere sconti al potere
invidioso e vendicativo che, con i tre gradi di giudizio dei suoi tribunali, ha
condannato al carcere me e altri undici attivisti, per “ violenza privata e
interruzione di pubblico servizio”.
Denuncio inoltre le storture e l’iniquità di un sistema poliziesco e
giudiziario che, lungi dal garantire I diritti di tutti e soprattutto dei più
deboli, si è piegato ad altri e diversi interessi, rendendosi complice del
tentativo di silenziare con la violenza chi lotta per la giustizia sociale e
ambientale.
Come me, sono state condannate ormai centinaia di persone e, in
particolare, i nostri migliori giovani, che si sono visti infliggere pene
abnormi per aver esercitato un diritto garantito dalla costituzione: condanne per
cui essi oggi rischiano di perdere il lavoro, il diritto allo studio, la
famiglia, la casa, il futuro.
Erano i primi giorni di marzo 2012, giornate di rabbia e di mobilitazione:
la nostra piccola baita – presidio in Clarea occupata a suon di manganellate
dalle “forze dell’ordine” dopo gli otto mesi di resistenza che seguirono alla
presa della Libera repubblica della Maddalena e all’occupazione militare del
territorio. Luca, uno di noi, in ospedale a lottare tra la vita e la morte dopo
che un poliziotto l’aveva fatto cadere dal traliccio su cui si era arrampicato
per sfuggire alle botte: Le dichiarazioni provocatorie del governo Monti a
favore del TAV e contro la resistenza di un’intera popolazione al progetto.
Salimmo in manifestazione sull’autostrada con uno striscione su cui era
scritto “Oggi paga Monti” ed alzammo le barriere dei caselli, permettendo la
libera circolazione su una delle strutture autostradali più devastanti e
costose d’Italia.
Non me ne pento e sarei pronta a rifarlo. Non chiedo per me misure
alternative al carcere perché, per ottenerle, dovrei riconoscere il disvalore
della mia condotta: non sono disponibile ed esercito così, ancora una volta, la
mia libertà.
So di avere con me il sostegno delle mie sorelle e dei miei fratelli di una
lotta bella e irriducibile, perché porta nelle sue mani la memoria del passato,
l’indignazione per la precarietà presente, la necessità di un futuro più giusto
e vivibile per tutti.
Se andrò in carcere, non me ne pentirò, perché, come scrisse Rosa Luxemburg,
dalla cella dove scontava la sua ferma opposizione alla guerra, “ mi
sento a casa mia in tutto il mondo, ovunque ci siano nubi, e uccelli, e lacrime
umane”.
Nicoletta Dosio
In nome di chi? - Erri de Luca
La prigione per motivi politici dovuti a resistenza civile è novità di
ritorno dalle nostre parti. Si preferisce ignorarla, ma non in questa pagina.
Una insegnante di Latino e Greco, in pensione, ha avuto conferma della sua condanna definitiva a un anno di carcere. Con lei altre undici persone tra quelle identificate durante una protesta pacifica in autostrada, nel 2012. Pur essendo incensurate, a nessuna di queste persone è stata applicata la normale misura di sospensione condizionale della pena.
La singolare decisione della magistratura si spiega con il luogo dei fatti: la Valle di Susa. Lì lo Stato ha calcato l’elmetto, superato la prassi delle procedure, passato alle vie di fatto per reprimere la resistenza continua di una vallata, perciò trattata da zona di occupazione militare.
A 73 anni la professoressa Nicoletta Dosio sta per essere arrestata e trasferita in cella. Non chiede misure alternative come la detenzione domiciliare. Non si fa carceriera di se stessa. Dovranno andarla a prendere, magari di notte, per antica usanza di sotterfugio.
La professoressa Nicoletta Dosio non chiede attenuanti di pena, perché la pena è carico della magistratura che l’ha condannata e che la sconterà con il discredito e la sottomissione alla ragione di Stato.
Torna così con i crismi e crisantemi della legalità la prigione per motivi politici. Quella interruzione di circolazione autostradale del 2012 durò 40 minuti. La polizia era presente ma non intervenne. Non è stata incriminata per favoreggiamento.
Mi affianco a lei e agli altri undici per condivisione delle loro azioni condannate. Sono stato anch’io con loro su quell’autostrada in varie circostanze. Sono stato anch’io sulla loro linea di sbarramento contro la reginetta dei lavori pubblici inutili e nocivi.
Rispetto al fasullo TAV Torino/quasi Lione, perfino il MOSE di Venezia splende a capolavoro di luminosa utilità.
Intanto alla lista di figure intellettuali italiane che hanno saputo tenere insieme le convinzioni e le conseguenti azioni, si aggiunge il nome della professoressa di Latino e Greco Nicoletta Dosio, condannata e detenuta in nome del popolo italiano.
In nome di chi?
Una insegnante di Latino e Greco, in pensione, ha avuto conferma della sua condanna definitiva a un anno di carcere. Con lei altre undici persone tra quelle identificate durante una protesta pacifica in autostrada, nel 2012. Pur essendo incensurate, a nessuna di queste persone è stata applicata la normale misura di sospensione condizionale della pena.
La singolare decisione della magistratura si spiega con il luogo dei fatti: la Valle di Susa. Lì lo Stato ha calcato l’elmetto, superato la prassi delle procedure, passato alle vie di fatto per reprimere la resistenza continua di una vallata, perciò trattata da zona di occupazione militare.
A 73 anni la professoressa Nicoletta Dosio sta per essere arrestata e trasferita in cella. Non chiede misure alternative come la detenzione domiciliare. Non si fa carceriera di se stessa. Dovranno andarla a prendere, magari di notte, per antica usanza di sotterfugio.
La professoressa Nicoletta Dosio non chiede attenuanti di pena, perché la pena è carico della magistratura che l’ha condannata e che la sconterà con il discredito e la sottomissione alla ragione di Stato.
Torna così con i crismi e crisantemi della legalità la prigione per motivi politici. Quella interruzione di circolazione autostradale del 2012 durò 40 minuti. La polizia era presente ma non intervenne. Non è stata incriminata per favoreggiamento.
Mi affianco a lei e agli altri undici per condivisione delle loro azioni condannate. Sono stato anch’io con loro su quell’autostrada in varie circostanze. Sono stato anch’io sulla loro linea di sbarramento contro la reginetta dei lavori pubblici inutili e nocivi.
Rispetto al fasullo TAV Torino/quasi Lione, perfino il MOSE di Venezia splende a capolavoro di luminosa utilità.
Intanto alla lista di figure intellettuali italiane che hanno saputo tenere insieme le convinzioni e le conseguenti azioni, si aggiunge il nome della professoressa di Latino e Greco Nicoletta Dosio, condannata e detenuta in nome del popolo italiano.
In nome di chi?
In nome di chi? In nome del Popolo bue.
RispondiEliminaMiserabili,di voi sia " Damnatio memoriae ".