lunedì 16 dicembre 2019

Il sistema dell’arte fa schifo - Paolo Carta



L’arte è bella. L’arte è brutta. L’arte è felicità. L’arte è tristezza. L’arte ti fa emozionare. L’arte ti annienta. Con l’arte conosci tante persone. Con l’arte le persone ti ostacolano. Nell’arte ti sostengono. Nell’arte ti calpestano. Nell’arte valorizzano il tuo lavoro. Nell’arte calpestano il tuo lavoro.
Gli artisti veri sono pochi. Gli artisti sono tutti artisti. Sei arrivato a fare l’artista dopo un lungo e difficile percorso di formazione. Ieri ti sei svegliato e hai deciso di fare l’artista. Hai presentato un progetto per un evento artistico futuro. L’evento si fa, ma senza di te. Hai lavorato bene, bravo. Ti hanno sfruttato. Hai proposto un progetto con artisti importanti e molto interessanti. Ti hanno scavalcato e hanno contattato gli artisti. Tu sei un artista con un ottimo curriculum, grande esperienza e formazione. Chiamano il figlio “artista” del sindaco per fare un lavoro importante, lautamente remunerato. Passi anni a prepararti per un progetto interessante. L’amministrazione e va avanti con le tue idee senza avvisarti.
Il sistema dell’arte fa schifo e la colpa è soltanto nostra, di noi operatori che negli anni non siamo stati in grado di alzare la testa. Abbiamo vissuto nella falsa speranza di un futuro “artisticamente” appagante, immaginando bastasse essere servili e passare sopra i cadaveri altrui, invece ci ritroviamo dei politici “bricconcelli” che approfittando della loro posizione, sfruttano l’altrui lavoro e nel momento in cui si evidenziano i propri diritti, minacciano di eliminarci, di non farci più lavorare o addirittura fanno finta di nulla, non rispondendo alle email e ai messaggi vari, e quando li incontriamo per strada (perché ad un certo punto bisogna andare a cercarli) ti dicono che non hanno ricevuto nulla o che sono stati “impegnati” o “influenzati”, con una faccia di bronzo tale, da far inorridire anche i maestosi Bronzi di Riace. La cosa assurda è che poi ti affanni a risalire la china dal lavoro non pagato, mentre “questi” continuano la loro carriera politica e sociale, fra applausi e complimenti di un popolo ignaro (o pienamente consapevole) delle malefatte compiute.
In una delle prime esperienze di residenza d’artista che ricordo, realizzate in Sardegna, nella zona del Sulcis-Iglesiente, mi torna alla mente un fatto che ha dell’incredibile. L’amministrazione comunale con la quale avevamo lavorato apparentemente in sintonia, nonostante un accordo che prevedeva un contributo spese di €3.000,00, ne riconobbe solo €600,00, e nel lasciarvi spazio all’immaginazione per comprendere le difficoltà che questo portò, aggiungo solo che fra le varie cose rifiutarono le pezze giustificative del carburante, perché (udite udite) i benzinai ove ci eravamo serviti non si trovavano nel comune in questione. Esilarante!
Del basso Sulcis ho memoria di un progetto chiamato Oklor, da una scritta trovata in una grotta fuori dal paese. Dopo diversi sopralluoghi, stesura di progetto compreso di varianti e modifiche multiple, ad un certo punto, nemmeno fossero arrivati gli Unni, tutti sparirono (forse rapiti dagli alieni) e dell’amministrazione nulla si seppe più. Il progetto si arenò.
Sempre in quel periodo, ma vicino Sassari, approdammo con un progetto di residenza sui Candelieri. Tutti esaltati, emozionati, stupefatti a tal punto che ci dissero e ci proposero “Complimenti vivissimi, la rifacciamo anche il prossimo anno”. È facile immaginare la felicità, al che rispondemmo “Ottimo, definiamo un budget e pianifichiamo” e loro risposero “Si ma soldi non ne abbiamo…”. Arrivederci e grazie.
Nel capoluogo di provincia, tutti ricordiamo la “candidatura” più importante di tutte, in tantissimi lavorammo con estrema dedizione e fondate speranze, incessantemente, per settimane, mesi, alla corte del “Re oltre la Barriera”, stilando progetti, accomodando le richieste dello stesso monarca. Molti pensarono “È fatta, questa volta è la svolta!”… certo… quando venne pubblicato il progetto definitivo, esposto dallo stesso re e i suoi lacchè, molti progetti di cui avevo conoscenza (fra cui anche il nostro) erano spariti, non inseriti, cancellati, eliminati, resettati, un calcio nel sedere pesante come un bombardamento. Tutti andarono avanti, nonostante le difficoltà, con umiltà e coraggio, a differenza del Re oltre la Barriera, ovviamente, che come in ogni buona novella all’italiana, ottenne un altro castello.
Spostandosi nella provincia di Nuoro, alcuni anni fa preparammo un progetto di residenza per un noto museo della zona, fra l’altro uno dei miei preferiti. Un bel progetto, non costosissimo, una bella location, io stesso la definii una residenza smart, nel senso che era molto semplice, senza complicazioni. O così pensavo. Come andò? Al solito, ormai era la norma; dopo i soliti e svariati confronti, per telefono o mezzo email, dopo aver ricevuto la nostra proposta, del museo e del referente di allora, nulla se ne seppe più. Punto e a capo.
Bandi residenze RAS, dolori forti causati dai poteri forti. Era l’era Firino (anima troppo buona per gli squali RAS), si preparavano una serie di bandi di “Residenze Artistiche” e fummo interpellati come altri operatori a dire la nostra opinione in quanto esperti in residenze. Fu l’occasione per esporre le nostre idee e la nostra visione. Ricordo due punti in particolare: innanzitutto che tali bandi dovevano essere rivolti a chi aveva reale esperienza in merito a di residenze e poi che si doveva tener conto di molte realtà del terzo settore prive di Partita IVA. Erano quindi necessarie regole precise in merito per non penalizzare nessuno. Passò il tempo e se la memoria non mi inganna passò anche l’era Firino. Arrivarono i bandi e… erano aperti a tutte le realtà, anche senza esperienza, purché avessero Partita IVA. Nuovo giro, nuova corsa. Ci adattammo (come molti) presentando un progetto insieme ad una realtà importante (forse la più importante nel cagliaritano) e con tutti i crismi. Ebbene, soldi finiti per noi ma non per quelle realtà che fino al giorno prima non sapevano nemmeno cosa fosse una residenza d’artista.
Ma in assoluto, il luogo più inaccessibile ad un confronto su una qualsiasi proposta culturale, è la città catalana, ove prima è necessario stipulare un contratto firmato con il sangue direttamente a Buckingham Palace.
Per non parlare poi, di tutte quelle realtà che in un modo o nell’altro si sono viste rubare i progetti sotto il naso, magari anche con tanto di contratto firmato, anni di lavoro, progetti, piante quotate e lettere d’incarico, tutto sempre grazie a politici disonesti, che pur di accaparrarsi l’ultimo voto, sono disposti a sacrificare il vitello grasso di turno. Senza contare gli “operatori” (o facenti tali) che se ne fregano di chi ha sacrificato tutto prima di loro, arrivando belli freschi, afferrando le redini di una diligenza scritta da altri, pur di arrampicarsi su un sistema che li ha sempre rifiutati.
Avvisatemi quando qualcosa cambierà.

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