“Secondo i dati Ocse-Pisa, l’Italia è al 72° posto (su 79) per le competenze tecnico-digitali degli insegnanti“: così ha twittato Carlo Cottarelli il 18 giugno scorso. “Altro che didattica a distanza, l’Ocse boccia i prof italiani sulla tecnologia: ne sanno più i loro studenti“, aveva intitolato Open. Nessuno però riportava la classifica per intero. L’abbiamo recuperata e siamo rimasti sorpresi: Filippine 3°, Kazhakistan 5°, Albania 7°, Tailandia 9°, Germania 60°, Francia 61°, Olanda 70°, Finlandia 73°, Giappone 79°. La spiegazione è che la classifica è basata interamente sulla percezione dei Presidi. In particolare sulla risposta a una fumosa domanda somministrata ai dirigenti scolastici in occasione dei test PISA 2018: “Teachers have the necessary technical and pedagogical skills to integrate digital devices in instruction”. In alcuni paesi, il dirigente scolastico si sarà sentito tenuto a dipingere un quadro migliore dell’esistente, soprattutto nei contesti in cui le autorità superiori potrebbero ritenerlo responsabile dei ritardi del personale docente. In altri casi (Olanda, Finlandia Giappone?) i dirigenti avranno fatto riferimento a degli standard tecnico-pedagogici elevati, sentendosi liberi di evidenziare le necessità di miglioramento. Dati inutilizzabili, classifica da buttare nel cestino. La genealogia della bufala illustra in modo esemplare i meccanismi e gli attori che costruiscono e diffondono “fattoidi numerici” nel dibattito sull’istruzione pubblica. L’OCSE, con gli avanzi della rilevazione PISA 2018, ha confezionato un pastone sulla didattica a distanza, Invalsi ha prontamente tradotto, i quotidiani si sono prestati a dare visibilità e Cottarelli ha rilanciato la bufala a sostegno delle sue ricette. Ognuno degli attori aveva elementi a sufficienza per capire che i dati e la classifica non stavano in piedi, ma nessuno ha avuto la lucidità o la volontà di interrompere il contagio della disinformazione.
1.
Il ritardo digitale degli insegnanti italiani secondo l’OCSE
Risale a meno di due giorni fa un tweet di Carlo Cottarelli, che forte di
una classifica OCSE, denuncia l’arretratezza degli insegnanti italiani,
deducendone prontamente la sua diagnosi:
Una situazione preoccupante davvero, se i nostri insegnanti si collocano al
72° posto su 79. Ma di che classifica si tratta? Cercando su Google, abbiamo
rintracciato la fonte, un documento intitolato
Learning remotely when
schools close: How well are students and schools prepared? Insights from PISA
pubblicato sul sito dell’OCSE. Come spiegato nel documento, si tratta di dati racccolti nel 2018 in occasione dei test OCSE PISA. Con ogni evidenza, la classifica citata da Cottarelli è quella riportata nella Figura 4 che riportiamo di seguito...
Per ritrovare i dati OCSE originali bastava ingegnarsi con una ricerca su
Google. Ci sembra impossibile che a Cottarelli manchi la digital
literacy per farlo. Altrettanto impensabile che gli manchi la reading literacy
e il critical thinking con cui cogliere le incongruenze della
classifica evidenziate nell’articolo di Zunino. D’altronde sembra altrettanto
impossibile che, alla stregua di Napalm51, condivida
compulsivamente le notizie in base al loro titolo senza neppure
leggerle.
Difficile negarlo: il tweet di Cottarelli rimane un autentico mistero.
___________
P.S. Per esperienza sappiamo che ci sarà chi obietterà che, anche se
classifica vale ben poco, averla diffusa è un peccato veniale, perché è ben
noto (a lui e a “suo cuggino“) che gli insegnanti
italiani sono tra i più arretrati al mondo. Una variante de “il fine giustifica
i mezzi” applicato al dibattito sull’istruzione. A parte i dubbi
sull’affidabilità degli “esperti” che applicano il rigore scientifico “a
corrente alternata”, rimane la domanda su chi debba decidere quali sono le
categorie professionali “da raddrizzare” nei confronti delle quali si
giustifica il ricorso alla disinformazione.
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