La seconda edizione del Jova Beach Party,
il tour estivo che Jovanotti sta portando in dodici località italiane, di cui
nove sono spiagge, è al centro di numerose critiche per il suo impatto
ambientale. I concerti distruggono i delicati ecosistemi costieri con lo
spianamento delle dune, l’abbattimento di piante, il calpestio di migliaia di
persone, fanno notare molte associazioni ambientaliste tra cui Legambiente, la
Lipu e l’Ente nazionale protezione animali, che hanno lanciato una
petizione per vietare i grandi eventi su spiagge e siti naturali.
A Marina di Ravenna i concerti sono stati
organizzati nei pressi di una riserva naturale. A Vasto e a Roccella Jonica le
aree scelte per l’evento sono destinate a tutela ambientale e
rinaturalizzazione per la presenza di vegetazione dunale. La spiaggia di
Casabianca che ha ospitato la tappa di Fermo – e che è stata spianata di nuovo
dopo che era già stato fatto tre anni fa per ospitare la prima edizione del
tour – è un’area di tutela del fratino, un piccolo uccello a rischio
estinzione.
Ma c’è un aspetto di questa vicenda che
finora è rimasto in secondo piano: se è normale che i soggetti privati
promotori di eventi a scopo di lucro mirino al massimo profitto con il minimo
dispendio, c’è da chiedersi chi lo rende possibile, perché e a quali
condizioni.
I concerti di Jovanotti si svolgono su
suolo pubblico. Le spiagge scelte dagli organizzatori sono parte del demanio
marittimo statale su cui hanno competenza i comuni, che possono rilasciare
concessioni come quelle balneari. Quelle concesse per il Jova Beach Party sono
temporanee, e costano pochissimo: per la prima tappa del tour a Lignano
Sabbiadoro la Fvg Live srl, che l’ha organizzata, ha pagato al comune 3.260
euro. A Barletta la Trident ha pagato 2.698 euro. Sono cifre molto inferiori a
quelle richieste per l’affitto degli stadi che normalmente ospitano i grandi
eventi. Affittare lo stadio
Diego Armando Maradona di Napoli per un concerto nel 2019 (all’epoca
si chiamava stadio San Paolo) costava il 10 per cento dell’incasso, “con un
minimo garantito di 50mila euro”.
I costi per la pulizia delle spiagge sono
a carico dell’organizzazione del Jova Beach Party, ma sono una cifra molto
piccola rispetto alle spese necessarie per allestire le aree, che invece sono
tutte a carico delle amministrazioni comunali e regionali. Per lo sbancamento
delle dune e la copertura di fossi, e poi per il loro ripristino, il comune di
Fermo ha stanziato 5mila euro, e poi 1.500 euro per barriere in cemento, 4mila
euro per lavori in aree parcheggio, 2.690 euro per lo smontaggio e il
rimontaggio di un’area giochi. Inoltre il sindaco ha
dichiarato di aver stanziato 20mila euro per coprire gli straordinari del
personale.
Il comune di Roccella Jonica ha stanziato
25mila euro. Per coprire un corso d’acqua sulla spiaggia di Vasto, una delle
tappe del concerto, la regione Abruzzo ha speso 80mila
euro, a cui si aggiungono altri 40mila euro per i trasporti. La cifra più alta,
però, l’ha stanziata il comune di Viareggio: 250mila euro più iva per “costi
tecnico-organizzativi connessi alla realizzazione dell’evento”, si legge nella
determinazione dirigenziale numero 1476 del 10 agosto, assegnati direttamente,
senza bando, a un’azienda di organizzazione eventi, la Prg srl.
L’organizzazione dei concerti di Jovanotti
richiede un lavoro straordinario da parte delle amministrazioni comunali, dei
loro uffici e di appositi tavoli tecnici, e poi la mobilitazione di prefetture,
polizia locale e protezione civile, associazioni di volontariato, la croce
verde, spesso con l’impiego di personale prestato da altri comuni.
A Chieti l’azienda sanitaria locale ha
chiesto il rafforzamento del personale ospedaliero e la disponibilità delle
sale operatorie, allestendo perfino un treno-infermeria, “un convoglio che,
all’occorrenza, collegherà Vasto con Pescara, con tappa a Ortona, in 25 minuti,
con priorità rispetto a tutti gli altri treni in transito”.
Ma molti dei costi non sono tracciati ed è
difficile conoscerli. Nel 2019 Augusto De Sanctis, della Stazione ornitologica
abruzzese, ha chiesto un accesso agli atti per conoscere le spese sostenute dal
comune di Roccella Jonica per la tappa del Jova Beach Party. Con questa
procedura le pubbliche amministrazioni sono obbligate a fornire i documenti
entro trenta giorni di tempo, ma i documenti sono arrivati dopo cinque mesi.
Tra le carte, c’era una
lettera con cui la Trident chiedeva al comune lo sbancamento delle dune, cosa puntualmente
avvenuta.
Sono saltate le regole
Il problema però non sono solo le spese:
stando alle denunce delle associazioni ambientaliste, sono saltate le norme
ambientali. La tappa a Marina di Ravenna si è svolta nei pressi di una riserva
naturale, la pineta di Ravenna, e di un sito classificato come di interesse
comunitario (Sic) e di protezione speciale (Zps) dall’Unione europea. Ogni
intervento all’interno o nelle vicinanze di siti Sic e Zps dev’essere
sottoposto a un procedimento di valutazione di incidenza ambientale: i
proponenti devono presentare e pubblicare la valutazione 30 giorni prima dell’intervento
perché associazioni e cittadini possano verificarla ed eventualmente presentare
osservazioni. Le associazioni ambientaliste hanno denunciato la mancata
pubblicazione di questi studi nei tempi stabiliti per legge sia a Ravenna sia a
Castel Volturno.
La sezione di Ravenna
dell’associazione Italia
Nostra ha definito “sconcertante” alcuni passaggi del primo nullaosta
rilasciato dai carabinieri forestali biodiversità. Tra le prescrizioni della
forestale ci sono infatti obblighi quali “limitare al minimo il taglio o il
danneggiamento della vegetazione”, “provvedere quanto prima al ripristino
morfologico e vegetativo”, “gli effetti piroscenici non potranno essere
utilizzati con vento proveniente da nord est”.
Gli effetti piroscenici, notava Italia
Nostra, “saranno realizzati con fiamme libere posizionate sul palco, secondo un
progetto non reso pubblico da nessuna parte”. Anche a seguito delle proteste,
il primo nullaosta è stato rettificato con un secondo documento che ha vietato
l’uso dei fuochi
Sulla spiaggia di Casabianca a Fermo era
vietato persino “il normale calpestio” per ordinanza dello stesso
sindaco, secondo
il Comitato Tag Costa Mare, un coordinamento di associazioni
ambientaliste della costa marchigiana. A Casabianca il comitato ha diffidato il
comune per ben due volte, la seconda pochi giorni fa, denunciando la
distruzione della vegetazione, tra cui piante molto rare, dopo un’opera di
restauro ambientale che era stata mirata a ricreare l’ecosistema spianato nel
2019.
A Fosso Marino, a Vasto, l’area scelta per
il concerto è vicina a un sito di interesse comunitario e riserva naturale
regionale. Qui la regione aveva chiesto di spostare
il palco per modificare la direzione dell’impatto acustico, ma questo non è
avvenuto. L’area chiesta dalla squadra di Jovanotti per il concerto a Vasto era
già concessa ad alcuni stabilimenti privati così il comune li ha compensati
concedendogli porzioni di spiaggia libera.
A inizio agosto diverse associazioni
ambientaliste tra cui Lipu, Italia Nostra, l’Arci, la Stazione ornitologica
abruzzese e il Forum italiano del movimenti per l’acqua, hanno presentato una
diffida per quelle che sembrano violazioni compiute a Fosso Marino:
l’intubamento di un corso d’acqua e la totale distruzione della vegetazione
della spiaggia, il tutto usando i fondi pubblici concessi dalla regione. La
prima copertura del corso d’acqua non ha retto a un acquazzone estivo, così è
stato coperto per la seconda volta per renderlo calpestabile. Un intervento di
“assoluta irragionevolezza” oltre che in palese violazione “delle norme
comunitarie, nazionali e regionali in materia urbanistica, di tutela ambientale
nonché di quelle relative alla pubblica incolumità”, scrivono le associazioni.
A Viareggio saranno distrutti habitat
protetti a livello comunitario. A rilevarlo è uno
studio di Giovanni Bacaro, professore di ecologia vegetale
all’Università di Trieste. Le delibere attestano come siano gli organizzatori
del tour a chiedere ospitalità ai comuni e a indicare i lavori da fare.
Un pass per residenti
Le tappe del Jova Beach Party si stanno
svolgendo in piccole località marine prevalentemente turistiche e residenziali.
La straordinarietà dell’evento sembra giustificare non solo i danni ambientali
documentati ma anche molti disagi per chiunque non abbia comprato un biglietto
per il concerto.
Ogni tappa del tour è preceduta da
ordinanze che hanno un impatto sulla vita di residenti e turisti. Il comune di
Roccella Jonica è diventato “zona rossa” ben prima della data del concerto. A
Vasto marina i residenti possono circolare solo con un pass rilasciato dal
comune.
Il quadro che emerge è quello di un
apparato pubblico succube delle richieste di un privato a cui è consentito
organizzare eventi a scopo di lucro in aree naturali protette, violare norme,
usare fondi pubblici e lavoro straordinario di amministrazioni spesso in
affanno per ricavarne un guadagno privato. Perché le amministrazioni pubbliche
stanno favorendo un singolo, forte, interesse privato? Che cosa ottengono in
cambio?
Secondo
la Trident la prima edizione del Jova Beach Party ha avuto oltre 600mila
spettatori. A un costo di 56 euro a biglietto (ma l’organizzazione offre
diverse fasce di prezzo che arrivano fino a 300 euro) gli incassi nel 2019 per
lo show di Jovanotti sono stati intono ai 33 milioni di euro.
Misurare l’impatto economico dei grandi
eventi e del turismo non è semplice
“Lavorando negli stadi si guadagna molto
di più”, dice all’Essenziale Maurizio Salvadori, manager di Trident, secondo
cui organizzare i concerti sulle spiagge non conviene economicamente. “Fare i
concerti sulle spiagge è una scommessa, una sfida che Lorenzo ha lanciato per
fare qualcosa di diverso per il suo pubblico. Abbiamo voglia di usare le
spiagge perché i concerti vengono meglio”.
Secondo Salvadori i costi di produzione
per il Jova Beach Party sono astronomici: “Non sono certo compensati da un
risparmio dell’8 per cento dell’incasso, che è l’affitto che chiedono gli
stadi, al netto dei diritti della Siae: parliamo di una cifra tra gli 80 e i
200mila euro a data”. Organizzare un concerto sulla spiaggia comporta
un’organizzazione logistica molto più complessa. “Solo di facchinaggio
spendiamo 150mila euro a evento, il doppio di quanto spenderemmo in uno
stadio”, spiega Salvadori. “L’idea che risparmiamo usando le spiagge è
totalmente sbagliata”. La scelta delle spiagge sarebbe quindi dettata da
criteri logistici.
“Paghiamo tutto noi, non prendiamo
sovvenzioni, chiediamo solo che l’area sia pronta ad accoglierci”, continua
Salvadori. “Le piattaforme televisive chiedono delle cifre astronomiche quando
fanno promozione del territorio. Quando la Rai fa una trasmissione di
capodanno, il comune prescelto paga delle cifre importanti perché si ritiene
che questa sia pubblicità per la località che accoglie la manifestazione”,
spiega il manager. “Per ogni tappa, mi risulta che il Giro d’Italia chieda ai
comuni tra 300 e i 500mila euro. Noi non chiediamo niente”.
Trident e le organizzazioni locali che la
supportano hanno beneficiato di sovvenzioni in soli due casi: a Lignano
Sabbiadoro, dove eventi, prove e produzioni sono parzialmente compensati dagli
interventi della regione per la promozione del territorio, e a Viareggio,
perché la spiaggia non era in sicurezza.
“C’è un salto di tre metri, bisogna
costruire trecento metri di layer per
creare una passerella come via di fuga oltre ai costi legati alla sicurezza
dell’area”, dice Salvadori. Questo sarebbe il motivo per l’affidamento diretto
di 250mila euro del comune alla Prg srl. “Sono andato a parlare con il sindaco
di Viareggio”, spiega Salvadori, “e gli ho detto ‘non voglio niente’. Ma se
devo spendere 250mila euro in più rispetto a quanto spenderei in un’altra sede,
non ci vengo. E avevo già una sede alternativa”.
Secondo Salvadori la ricaduta economica
per il territorio di Viareggio, generata dalla presenza di 80mila persone,
sarebbe stata di circa 10 milioni di euro. “La ricaduta è un fatto notorio. A
Lignano Sabbiadoro gli alberghi erano occupati al 98 per cento nel raggio di 60
chilometri. Se a fronte di questo il sindaco destina fondi a lavori, che
dovranno esser rendicontati al termine dell’operazione, se così facendo il
sindaco ha sbagliato… io gli farei un monumento”.
Insomma, secondo la Trident le spese per
la preparazione delle aree sono il minimo per i comuni in cambio di visibilità
e spesa turistica. “Noi non chiediamo sovvenzioni per scelta, ma se andassi con
il cappello in mano a chiedere 100, 200mila euro a fondo perduto, solo per
esserci, sono convinto che li porterei a casa”, dice ancora Salvadori.
Secondo il manager “in alcuni casi il Jova
Beach Party ha messo in moto un meccanismo virtuoso: sono stati sbloccati tre
milioni di euro per la pineta a Castel Volturno, è stata pulita la spiaggia,
sono stati messi in funzione i depuratori. Noi mettiamo in piedi un meccanismo
locale di accelerazione di cose bloccate da tempo”.
Visibilità e crescita economica
Gli eventi garantirebbero visibilità, un
ritorno d’immagine e introiti per i piccoli comuni. In un
post su Facebook il sindaco di Fermo ha scritto: “Lido e
Casabianca possono riuscire ad avere un panorama nazionale e lo meritano (…).
Abbiamo la voglia di promuovere, far conoscere questo territorio. Farlo
emergere.”. Ma in che modo la visibilità si traduce in crescita economica?
A proposito di Viareggio, Salvadori parla
dello studio di un’università sull’impatto economico, ma sarebbe di qualche
anno fa. Negli atti amministrativi che giustificano le spese non sono citati
dati, calcoli economici o studi. In un atto di giunta del comune di Fermo, il
numero 164 del 17 maggio 2022, si parla genericamente di “un evidente beneficio
per il territorio, in termini di visibilità e indotto”.
Perché altri soggetti, come le realtà del
terzo settore, devono partecipare a bandi con progetti e valutazioni di impatto
sociale per accedere a finanziamenti pubblici, mentre per il Jova Beach Party
basta la prospettiva di possibili benefici per l’economia turistica? E chi,
esattamente, ne beneficia? “Commercianti, ristoratori, e tutti gli operatori
del settore turistico”, si legge nell’atto.
Secondo
la Banca d’Italia, quasi un terzo del valore aggiunto generato dal
turismo in Italia è riconducibile all’uso di case di proprietà per motivi
turistici. Le altre attività economiche interessate sono quelle del comparto
alberghiero, della ristorazione, dei trasporti e del commercio al dettaglio.
Possiamo quindi immaginare che a Fermo la spesa turistica sia stata assorbita
dai proprietari di case in affitto, dai pochi alberghi nella zona e dalla
decina di bar, pizzerie e ristoranti presenti in un’area prevalentemente
residenziale.
A Vasto e a Marina di Ravenna, però,
alcuni gestori di stabilimenti hanno lamentato
un calo dell’attività dovuto all’invasione del lungomare
dei tir dell’organizzazione, l’obbligo di smontare gli ombrelloni, e la
chiusura delle strade. In ogni caso, considerando che per i
concerti di Jovanotti sono stati spesi soldi pubblici, gli effetti economici
diretti sono di fatto una forma di redistribuzione iniqua perché a beneficiarne
è solo un ristretto gruppo di persone – i proprietari di case, alberghi e
attività commerciali.
Bisognerebbe allora conoscere l’impatto a
lungo termine di un evento di due giorni, organizzato nel picco della stagione
turistica e quindi in località già piene di turisti, per sapere se anche la
collettività ne beneficerà con, per esempio, la creazione di nuovi posti di
lavoro. Ma misurare l’impatto economico dei grandi eventi e del turismo non è
semplice. Anche perché, spiega la Banca d’Italia, esistono pochi studi basati
su analisi a livello sub-nazionale, il più idoneo per studiare la relazione tra
turismo e crescita.
Tra gli studi esistenti, uno
pubblicato nel 2019 dalla Banca d’Italia ha stimato
l’impatto della spesa turistica straniera in alcune province italiane tra il
1997 e il 2014. La ricerca rileva che l’effetto di questa spesa è modesto in
termini economici. “L’impatto è maggiore per le province meno sviluppate e
nullo per quelle che presentavano le entrate turistiche per abitante più
elevate all’inizio del periodo, suggerendo che possono verificarsi fenomeni di
congestione”, si legge nelle conclusioni.
Insomma nelle località già turistiche,
l’aumento del turismo non produce crescita economica per via dell’aumento dei
costi. Di più, può addirittura “contrastare la crescita del prodotto interno
lordo pro capite, perché incoraggia attività e occupazione con una bassa
produttività”, si legge ancora nello studio.
L’effetto di ricomposizione del mercato
del lavoro verso settori a basso valore aggiunto, ovvero lavoro povero, è
confermato da un
altro studio sugli effetti del giubileo del 2000 a Roma (entrambi gli
studi sono riassunti nel quaderno del 2019 Turismo in Italia: numeri e
potenziale di sviluppo).
Non c’è quindi solo una crescita di posti
di lavoro nei settori turistici, ma una diminuzione di posti in altri comparti
a più alto valore aggiunto. Questa dinamica è avvenuta a livello nazionale a
partire dagli anni ottanta con la diminuzione di posti di lavoro nel settore
manifatturiero e l’aumento di posti in settori quali alberghi e pubblici
esercizi. Ma è un processo desiderabile? Secondo lo studio sugli impatti del
giubileo del 2000 gli effetti dei grandi eventi in termini di “ricadute
complessive sullo sviluppo del territorio” sono “generalmente transitorie”.
Una
ricerca sull’impatto di 43 giochi olimpici che si sono svolti
tra il 1964 e il 2018 ha trovato che solo in sei casi i ricavi hanno
superato di poco i costi. La perdita economica per il resto è stata mediamente
del 38 per centro. Quando si parla di grandi eventi bisogna dunque considerare
anche i costi connessi e la qualità del lavoro creato: nei settori legati al
turismo i salari sono bassi e il lavoro sommerso è molto diffuso. Il fatto che
proprio nel cantiere per la tappa di Fermo del Jova Beach Party l’ispettorato
del lavoro abbia trovato diciassette
lavoratori su cinquantacinque senza contratto non è un buon segnale.
Turismo insostenibile
Altri effetti negativi della crescita del
turismo sono l’aumento del costo della vita per i residenti e la scomparsa
dell’offerta di case in affitto ordinario. Secondo lo studio della Banca
d’Italia sulla spesa turistica, “se l’offerta di alloggi non è elastica,
l’afflusso di turisti potrebbe far aumentare gli affitti, il che a sua volta
riduce l’offerta di lavoro (poiché per i lavoratori è più costoso vivere
nell’area)”.
È questa la dinamica oggi in atto in molte
città dove non si trovano lavoratori essenziali perché i salari sono bassi e
gli affitti sono alti. Le case in affitto su Immobiliare.it a Fermo sono
quattordici, molte solo per la stagione estiva; a Porto San Giorgio, accanto a
Fermo, sono dodici, molte per i mesi estivi. Dove dovrebbero abitare i
lavoratori dei settori turistici se il turismo crescesse ancora? Milano, la
città che in Italia ha più puntato sull’organizzazione di grandi eventi per
attirare capitali e turisti, è
diventata troppo cara anche per chi ha uno stipendio medio. Le località turistiche
alla lunga diventano inabitabili.
Il modello Jova Beach Party porta non solo
benefici ma anche i problemi delle grandi città, che le piccole vogliono
emulare. Soprattutto, però, promuove l’idea che la produzione di cultura debba
essere sostenuta non in quanto tale ma come strumento di marketing turistico.
C’è da chiedersi, allora, se la possibile normalizzazione della logica
turistica della visibilità, dell’eccezione e della straordinarietà, che
servirebbe addirittura a mettere in moto l’amministrazione ordinaria, non ponga
seri problemi di democrazia.
L’approccio ecologista – opposto a quello
turistico che isola, seleziona e separa – invita a leggere le connessioni e
l’interdipendenza di processi che distruggono l’ambiente e plasmano i
territori, gli effetti a lungo termine di scelte ed eventi. Invita a guardare
quello che resta in ombra, a fare domande, a cercare risposte collettive e
strutturali per la crisi climatica, a chiedersi se è poi così vero che la
crescita del turismo generi ricchezza o se invece non sia nient’altro che
un’ideologia, ormai insostenibile.
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