Joseph Pulitzer, se fosse vivo, andrebbe alla
prigione di Belmarsh, per consegnare il suo premio a Julian Assange
Joseph Pulitzer scrisse:
«Non esiste delitto, inganno,
trucco, imbroglio e vizio che non viva della sua segretezza. Portate alla luce
del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti
e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per
sé non è forse sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti
gli altri». (da qui)
è online il sito per sostenere la lotta di Julian Assange
Gli USA e l’UK regimi autoritari? Per i sostenitori di Julian
Assange, sì – Patrick Boylan
Una ragazza di Como rifiuta di essere complice del silenzio dei
media sul trattamento disumano inflitto a Julian Assange da parte dell’UK e
degli USA; mette in scena, in una piazza centrale della città, la sua protesta
contro l’autoritarismo delle due se dicenti democrazie.
Lorena Corrias, a Como
Cosa si prova a cercare di vivere –
seppure all’aria aperta e solo per un tempo limitato – quello che sta subendo
Julian Assange, incarcerato nella prigione londinese di Belmarsh dall’11 aprile del 2019 per aver rivelato, da buon
giornalista investigativo, i crimini di guerra, i crimini ambientali e i
crimini contro i diritti umani commessi dagli Stati Uniti e dal Regno Unito?
Una ragazza di Como ha deciso di provarlo sulla propria pelle, sperando che i
passanti si mettano anche loro nei panni di Julian e capiscano in quali
condizioni egli è costretto a sopravvivere.
Sono oramai ben 1.220 giorni, infatti,
che Assange è stato imprigionato in una cella di
isolamento che misura tre metri per due:
§ con una sola ora di
aria
§ con sole due visite
parentali al mese, di 15 minuti ciascuna,
§ con a disposizione una
sola telefonata di pochi minuti al mese e
§ con, in
prospettiva, altri 175 anni di carcere duro negli Stati Uniti!
Tutto questo senza che ci sia mai stato
un verdetto di condanna nei suoi confronti (se non
per una mera infrazione, poi estinta). Un’incarcerazione, pertanto, del
tutto arbitraria – come nei peggiori regimi
autoritari da cui proprio l’UK e gli USA pretendono distanziarsi.
Si tratta di una mostruosità giuridica
che grida vendetta. E per gridarla, la ragazza comasca ha deciso di far vedere
pubblicamente ciò che significa stare in una cella come quella di Julian.
Ogni sabato pomeriggio per ben otto
mesi, Lorena Corrias disegnerà sul pavimento di Piazza Verdi, di fronte al
Teatro Sociale di Como, una cella di 3m x 2m – con un manifesto di Assange che
ricopre uno spazio grande come il lettino di Belmarsh – e si siederà lì dalle
ore 16 alle ore 18 (in estate), alzandosi solo per distribuire volantini ai
passanti. Il Comune le ha concesso di occupare quei 6 metri quadrati di
suolo pubblico fino al 25 marzo 2023 e lei ha già iniziato a fare questa sua
protesta il 6 agosto scorso. Ha indossato per l’occasione una tuta
arancione che ricorda quella dei prigionieri di Guantanamo (la prigione di
Belmarsh, infatti, viene anche designata come “la Guantanamo britannica”)…
Parlano i familiari di Julian Assange: “È
un omicidio a rallentatore” – Iris Paganessi
«Porre fine allo
slow-motion murder», ovvero all’omicidio al rallentatore. È con queste parole
che la famiglia di Julian Assange ha espresso preoccupazione al governo
australiano, dove più di due dozzine di parlamentari, senatori e rappresentanti
sono stati informati della situazione legale in corso del fondatore di
WikiLeaks.
Il fratello, Gabriel Shipton, e il padre, John Shipton, hanno esortato il parlamento ad
intervenire, rendendo la questione «non negoziabile con gli Stati Uniti» e
ricordando loro che un mancato intervento segnerebbe la condanna a morte di
Assange. Tuttavia, i famigliari non sono riusciti ad ottenere
un incontro né con Albanese, Primo ministro australiano, né con
il ministro degli Affari esteri, Penny Wong, e nemmeno con il procuratore
generale, Mark Dreyfus, nonostante le richieste. Segno di come il governo
australiano non abbia intenzione di fare nulla per la libertà del proprio citta
Era maggio quando, in seguito alle
elezioni, Albanese aveva affermato che
il governo australiano aveva intenzione di portare avanti la “questione
Assange” diplomaticamente, ma da allora il caso non ha registrato progressi
e Gabriel Shipton si è mostrato molto preoccupato a riguardo: «Sono
passati mesi da quando ha detto queste cose e ha affermato che abbastanza è
abbastanza, ma quando è abbastanza? Julian è ancora in prigione. È lì da tre
anni e non è un criminale condannato.» Il fratello del fondatore di WikiLeaks
ha poi continuato: «Gli Stati Uniti, al momento, hanno bisogno delle risorse
australiane, se il caso fosse reso non negoziabile, Julian sarebbe qui domani».
Julian Assange, che al momento è
detenuto nel Regno Unito, rischia l’estradizione negli Stati Uniti a seguito
dell’autorizzazione in
tal senso da parte del governo britannico. Se venisse estradato, si troverebbe
a dover rispondere di pesanti accuse da parte del governo americano, tra cui
quella di spionaggio per aver diffuso documenti militari riservati, e la pena che rischia è addirittura pari a 175 anni di carcere in
una prigione di massima sicurezza. L’estradizione però non può ancora essere
data per scontata, visto che il mese scorso l’istanza di ultimo appello contro
la stessa è stata depositata presso
l’Alta Corte di Londra dagli avvocati di Assange. Nel caso in cui la richiesta,
che riguarda questioni procedurali, fosse accettata, Assange potrebbe
sfruttarla in vari gradi di giudizio britannico, fino a giungere alla Corte
Suprema. Potrebbe anche decidere di rivolgersi direttamente alla Corte Europea
per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo, ma in quel caso l’ordine di estradizione
diverrebbe esecutivo.
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