[Riassunto: ho deciso di interrompere tutte le
mie analisi dei dati italiani a causa della loro bassa qualità per concentrarmi
su altro. Raccogliere dati in mezzo ad una crisi è problematico, e vi è troppa
eterogeneità territoriale e temporale per poter tirare le somme. Adesso
dobbiamo stringere i denti, sperare di osservare presto il "picco di
casi", fare la nostra parte, e ricordare che tutto questo finirà.]
Qualche anno fa, quando mi stavo avvicinando
all'epidemiologia e alla statistica biomedica, una persona che ne sapeva molto
più di me mi disse qualcosa che suonava più o meno così:
«Quando i dati a disposizione sono di ottima qualità, le analisi sono tendenzialmente semplici. La maggior parte delle volte in cui facciamo delle analisi con dei metodi super elaborati, è perché i dati sono incompleti o di pessima qualità.»
«Quando i dati a disposizione sono di ottima qualità, le analisi sono tendenzialmente semplici. La maggior parte delle volte in cui facciamo delle analisi con dei metodi super elaborati, è perché i dati sono incompleti o di pessima qualità.»
Negli ultimi giorni ho ridotto drasticamente
il tempo dedicato alle analisi dei dati italiani, seguendo il consiglio di Enrico Bucci.
E oggi ho deciso di smettere, per concentrarmi su altre azioni in cui posso
rendermi più utile. Con l'avanzare dei giorni infatti, almeno per chi come me
non è uno specialista, analizzare correttamente i dati italiani sta diventando
un esercizio speculativo fine a se stesso, quasi una gara a risolvere un enigma
senza una reale soluzione. Perché la verità è che la qualità dei dati italiani
fa pena e questi sono in buona parte inutilizzabili da chi non ha sufficiente
esperienza, per almeno due motivi.
Il primo è che, come ho sperimentato sulla mia
pelle per un progetto di ricerca sulla preparazione dello staff ospedaliero
alla gestione di casi COVID19, raccogliere dati in un momento di crisi è per
definizione un problema. Quelli chiamati a fornire i dati, sono gli stessi che
fronteggiano in prima fila l'emergenza, che non hanno tempo ed energie per
fornire tutti i dati che vorremmo. E per quanto anche fornire dati sia
necessario per salvare vite, essendo gli interventi su scala globale basati
sulla loro analisi ed interpretazione, non me la sento proprio di rimproverare
nessun professionista sanitario visto lo sforzo disumano che ognuno di loro sta
compiendo in queste settimane. Non possiamo chiedere di più.
Il secondo è che la strategia di screening con
la quale vengono identificati gli individui positivi cambia col contesto più di
quanto non cambiasse l'outfit del capitano. I dati cinesi, provincia per
provincia, risultano esser infatti abbastanza omogenei, e la sola Hubei,
provincia più colpita dal COVID19, risultava eccezione ai trend nazionali. E
questo aveva perfettamente senso in virtù del sovraccarico sul sistema
sanitario della provincia. Non vale lo stesso in Italia, con variazioni enormi,
da regione a regione, in termini di letalità, percentuale di positività al
tampone, percentuale di ospedalizzazione tra i positivi e così via. Questo può
in parte riflettere la differenza nella frequenza, ma è verosimile che a creare
questo pattern tanto disomogeneo siano le divergenze nella gestione della
crisi. Inoltre, persino nello stesso contesto territoriale, nel tempo
osserviamo cambiamenti importanti, riflettendo cambiamenti di politiche sul
territorio, di risorse disponibili rispetto alla dimensione dei casi.
Dal giorno in cui son entrate in vigore le
misure del governo, è cominciata un'attesa spasmodica per il tanto agognato
"picco di casi". Tra intervento e risultato, è necessario che passi
del tempo. Gli effetti non si manifestano nell'immediato. Inizialmente ci
aspettavamo qualche segnale per metà di questa settimana, ma non è arrivato
niente di consistente. Poi la data è stata spostata a questi ultimi dieci
giorni di marzo. Allo stato attuale, non abbiamo visto i segnali consistenti
che speravamo di vedere, e questo può esser dovuto a diversi fattori.
Prima di tutto, potrebbe semplicemente volerci
più del previsto per poter osservare gli effetti dell'intervento sulla
popolazione che abbiamo osservato ad esempio in Corea. Le proiezioni sono
sempre stime basate sui dati disponibili. A maggior ragione se i dati
disponibili son limitati e di bassa qualità, i margini di errori aumentano.
Quindi, teniamo su la speranza.
Inoltre, potrebbe anche esser che l'intervento
stia dando i suoi frutti ma che questo sia in parte occultato dalla bassa
qualità dei dati già citata più volte. Se infatti parliamo di trend nel numero
dei casi, e i casi sono estremamente sottostimati, è possibile che almeno una
parte dei casi che continuiamo a diagnosticare sia legata all'accumulo di casi
del periodo precedente. Questo potrebbe portare ad un ritardo necessario per
"smaltire" i casi accumulati. Se questo fosse il caso, avrebbe senso
utilizzare come indice il numero di decessi, che ci aspettiamo esser più vicino
al numero reale. Questo ha però a sua volta due limiti. Il primo è che anche il
numero di decessi sembra esser inattendibile, e non per la sterile discussione
sui decessi "per" e "con" (https://bit.ly/3bhircB). Il secondo è che i
trend dei decessi arriva in ritardo di qualche giorno, visto che i decessi di
oggi sono i positivi dei giorni precedenti.
Per questo motivo non vedrete più
"analisi fatte in casa Porru". Se inizialmente chi bazzica
nell'ambito poteva dire la sua, ora è meglio lasciare la parola agli esperti, e
al massimo concentrarsi sul commentare le loro analisi, invece di farne di
nuove generando ulteriore rumore.
Ora dobbiamo stringere i denti, cercare di
restare uniti, facendo la nostra parte, guidati dalla consapevolezza che stiamo
affrontando una situazione di emergenza che è quanto di più simile ad una
guerra molti di noi hanno vissuto, ma mantenendo anche la consapevolezza che è
uno sforzo temporaneo, e che tutto questo finirà.
Il 6 marzo scrivevo che due terzi della
popolazione cinese era guarita. A distanza di quindici giorni, la percentuale è
salita ancora. Degli 81.304, i guariti sono ora 71.857, ovvero l'88,38%.
Potremo presto parlare di "nove su dieci". La vita in Cina, ancora
sotto strette misure di contenimento per l'infezione, sta lentamente
riprendendo. Negli scorsi giorni alcuni locali pubblici, quelli più attrezzati
in termini di sistemi di ventilazione, hanno riaperto. Le persone tornano a
svolgere attività all'aperto.
Questo momento arriverà anche per noi.
P.S. A proposito di ottimismo, leggere cosa
dice Guido Silvestri nel
suo post intitolato "L'OTTIMISMO CHE VIENE DALLA CONOSCENZA": https://bit.ly/2wt8Xfp
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