Con il seguente appello circa 300 fra
avvocati, operatori del diritto, docenti e associazioni, vogliono porre
all’attenzione come le misure di prevenzione adottate rispetto alla popolazione
detenuta siano assolutamente inadeguate a fronteggiare i rischi connessi ad un
contagio che metterebbe a rischio oltre 61.000 persone.
Va tenuto conto che tra la popolazione detenuta il 50% circa ha una età compresa tra i 40 e gli 80 anni, oltre il 70% presenta almeno una malattia cronica e il sistema immunitario compromesso.
È del tutto evidente che la diffusione del virus all’interno delle carceri assumerebbe dimensioni catastrofiche.
Limitare o proibire i colloqui familiari, l’accesso dei volontari e i permessi di uscita non mette al riparo dal rischio contagio in situazioni dove il sovraffollamento e la carenza di servizi igienico-sanitario sono, purtroppo la norma.
Quello che si è creato, e che va crescendo di ora in ora, è un clima di paura e insicurezza tra la popolazione detenuta, i familiari e il personale penitenziario che comunque è obbligato a garantire il servizio.
Gli istituti penitenziari sono a tutti gli effetti luoghi pubblici, sovraffollati e promiscui con un via vai continuo di personale e fornitori che potrebbero diventare veicolo di contagio e scatenare una vera epidemia, pertanto non bisogna dimenticare che la popolazione detenuta, al pari del resto della popolazione, è tutelata dalla Costituzione e dalle carte internazionali dei diritti umani.
Il seguete appello richiede che si intervenga con un provvedimento immediato di sospensione della pena per tutte le persone detenute ammalate ed anziane e altre misure aventi la finalità di ridurre il sovraffollamento delle carceri e, di conseguenza, il rischio di contagio per detenuti e operatori.
Va tenuto conto che tra la popolazione detenuta il 50% circa ha una età compresa tra i 40 e gli 80 anni, oltre il 70% presenta almeno una malattia cronica e il sistema immunitario compromesso.
È del tutto evidente che la diffusione del virus all’interno delle carceri assumerebbe dimensioni catastrofiche.
Limitare o proibire i colloqui familiari, l’accesso dei volontari e i permessi di uscita non mette al riparo dal rischio contagio in situazioni dove il sovraffollamento e la carenza di servizi igienico-sanitario sono, purtroppo la norma.
Quello che si è creato, e che va crescendo di ora in ora, è un clima di paura e insicurezza tra la popolazione detenuta, i familiari e il personale penitenziario che comunque è obbligato a garantire il servizio.
Gli istituti penitenziari sono a tutti gli effetti luoghi pubblici, sovraffollati e promiscui con un via vai continuo di personale e fornitori che potrebbero diventare veicolo di contagio e scatenare una vera epidemia, pertanto non bisogna dimenticare che la popolazione detenuta, al pari del resto della popolazione, è tutelata dalla Costituzione e dalle carte internazionali dei diritti umani.
Il seguete appello richiede che si intervenga con un provvedimento immediato di sospensione della pena per tutte le persone detenute ammalate ed anziane e altre misure aventi la finalità di ridurre il sovraffollamento delle carceri e, di conseguenza, il rischio di contagio per detenuti e operatori.
Associazione Bianca Guidetti Serra –
Bologna
Agli Illustrissimi
Procuratori Generali della Repubblica presso le Corti d’Appello
Procuratori della Repubblica presso i Tribunali
Presidenti delle Corti d’Appello
Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza
Presidenti dei Tribunali
Procuratori Generali della Repubblica presso le Corti d’Appello
Procuratori della Repubblica presso i Tribunali
Presidenti delle Corti d’Appello
Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza
Presidenti dei Tribunali
La recente emergenza sanitaria legata
all’epidemia da COVID-19 ha imposto l’adozione di misure eccezionali, giungendo
da ultimo (art. 2 DPCM 10 marzo 2020 e DPCM 11 marzo 2020) al divieto di ogni
forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico, ciò
che costituisce una forte compressione di diritti costituzionalmente tutelati.
Tutte le misure adottate sono tese a
limitare i rischi di contagio e dunque a evitare che si creino condizioni in
cui le persone si trovino vicine e in condizioni di promiscuità.
Per tale ragione sono stati sospesi
servizi essenziali, come le scuole e le università, oltre a tutte le attività
nelle quali si possano generare occasioni di aggregazione di persone, come
tutte quelle legate ad eventi culturali, ricreativi o sportivi; da ultimo tali
misure sono state estese anche a tutti gli esercizi commerciali esclusi quelli
di vendita e somministrazione di beni primari.
In questo quadro generale, desta agli
scriventi, operatori del diritto, estrema preoccupazione la condizione nelle
carceri, ove un numero elevatissimo di persone, di molto superiore ai limiti
della capienza degli Istituti, vive in condizioni di promiscuità e in
condizioni sanitarie precarie.
La recente emergenza sanitaria, al fine
di limitare i pericoli di contagio dall’esterno, ha anche imposto l’adozione di
misure come la sospensione dei colloqui parentali.
In considerazione della diffusione del
virus, nonché della circostanza che quotidianamente gli Istituti penitenziari
sono frequentati da moltissime persone che vivono all’esterno (dalla polizia
penitenziaria ai dipendenti del Ministero della Giustizia, dai volontari agli
stessi operatori legali), e che non può certo ridursi o evitarsi tale afflusso,
nonchè del fatto che per quanto a conoscenza degli scriventi (e sulla base
delle informazioni diffuse) il pericolo di contagio proviene anche da soggetti
asintomatici, anche le misure adottate (autocertificazioni, uso di mascherine
per gli avvocati, mantenimento della distanza di almeno un metro) non appaino
idonee a scongiurare il rischio che avvengano contagi all’interno.
Appare, ancora, del tutto evidente che
un contagio all’interno della popolazione carceraria avrebbe conseguenze
drammatiche: le condizioni di sovraffollamento e di promiscuità renderebbero
molto facile la diffusione del contagio nella popolazione detenuta; molti
detenuti sono affetti da varie patologie, che ne debilitano il corpo, con
conseguenti maggiori pericolo anche per la stessa esistenza in vita; un
contagio non potrebbe essere unicamente affrontato con misure di isolamento dei
soggetti che risultassero contagiati, atteso che stante l’attuale condizione
nelle carceri ciò significherebbe concentrare in condizioni di estrema
promiscuità i detenuti contagiati, con conseguente peggioramento delle loro
condizioni, non impedendo al contempo la diffusione del virus, e non
consentendo la somministrazione di adeguate cure di contrasto agli effetti del
virus (contrasto che non può certo adeguatamente essere operato nelle
infermerie interne agli Istituti penitenziari); l’esplodere del contagio nelle
carceri, dunque, imporrebbe presumibilmente un aumento significativo del numero
di ricoveri dal carcere, con conseguenti effetti anche sulla tenuta e
funzionalità de sistema sanitario (già gravemente sollecitato dall’emergenza in
atto).
Appaiono quindi sin da subito necessaria
e possibile l’adozione di misure e indicazioni operative che, pur nel rispetto
della discrezionalità del singolo giudice e magistrato e delle necessità di
specialprevenzione, possano andare nella direzione di contribuire a mitigare i
sopra ricordati rischi per la salute dei detenuti e pubblica.
Tra queste, gli scriventi evidenziano:
§ un utilizzo
estremamente cauto della misura della custodia cautelare in carcere, che sia
limitata ai casi di effettiva estrema pericolosità, con richiesta (in caso di
adozione di una nuova misura) o sostituzione (in caso di misure già in corso di
esecuzione) di e con misure quali gli arresti domiciliari o l’obbligo di
dimora, che consentirebbero di deflazionare la pressione sulla popolazione
carceraria mantenendo però una limitazione alla libertà di circolazione dei
soggetti;
§ la sospensione della
adozione e/o notifica di nuovi ordini di esecuzione per la carcerazione, quanto
meno quando questo non sia imposto da considerazioni legate alla sussistenza di
straordinarie Ciò consentirebbe di ridurre il numero di nuovi ingressi nonché,
nel caso di ordini di carcerazione con contestuale sospensione, di ridurre
l’urgenza di proporre istanze di esecuzione della pena con misure alternativa
(il che impone all’interessato di muoversi sul territorio al fine di
predisporre la conseguente istanza; si pensi alla necessità di reperir
documentazione, di incontrare un legale, di depositare l’istanza);
§ la sospensione
dell’esecuzione delle pene nei confronti di detenuti anziani e/o in precarie
condizioni di salute, più esposti alle complicanze legate ad un possibile
contagio;
§ la concessione con
procedure accelerate di misure alternative al carcere, quali la detenzione
domiciliare o l’affidamento in prova, in tutte le occasioni in cui ciò sia
possibile ed anche in assenza di comprovato svolgimento di attività lavorativa
personale;
§ la sospensione, come
già avvenuto in alcuni distretti, dell’obbligo di rientro notturno in struttura
per i detenuti semiliberi, consentedsndogli di trascorrere la notte presso il
proprio domicilio.
Queste, ed altre misure che appaiono
attuabili già con la normativa in vigore, appaiono necessarie, in un momento di
straordinaria gravità quale quello attuale, al fine supremo di salvaguardare il
diritto alla salute ed alla vita dei detenuti e dell’intera collettività…
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